Per minori non è il carcere la soluzione: giustizia riparativa sfida irrinunciabile

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Si sta alzando un grido sempre più alto nel nostro Paese. “Ergastolo per i minorenni”. Dopo i fatti di Palermo e di Caivano nella loro molteplice brutalità, la criminalità e la violenza minorile sono diventate un’improvvisa emergenza. Non esiste un prima, tutto sembra iniziato ora e con il decreto Caivano si punta unicamente a misure repressive e restrittive. Nel circo mediatico-politico trovano spazio le voci di quanti si dicono pronti a scendere in piazza per ottenere le pene più severe per chi a 16 anni commette gravi reati.

C’è una prima riflessione da fare ed è sull’attuale condizione della giustizia minorile. Secondo l’associazione Antigone “Il sistema della giustizia minorile italiana è un sistema che funziona, dove la detenzione negli istituti di pena è dal 1988 sempre più residua. Se qualche provvedimento deve essere intrapreso in tal senso, questo deva andare verso una modifica del sistema sanzionatorio e prevedendo pene diversificate per i minori e non, come si discute in queste ore, abbassando l’età in cui un minore può entrare in carcere o solo con interventi delegati alla polizia. Servono educatori e non questori per occuparsi di ragazzi nei luoghi a rischio. Servono investimenti sociali e culturali nelle periferie urbane e in tutti quei luoghi dove i contesti economici e sociali sono difficili e non lasciano grande spazio a percorsi diversi da quelli che possono portare alla commissione di reati. Serve la lotta alla dispersione scolastica, che non può passare dal carcere per i genitori”.

Una seconda riflessione arriva sul piano educativo. A prendere posizione è stato il Forum nazionale del terzo settore a nome di tutte le organizzazioni che operano con infanzia e adolescenza: “le misure punitive da sole non bastano – ha detto la portavoce Vanessa Pallucchi – né serve il loro inasprimento. Allo stesso tempo, però, bisogna essere consapevoli che la prevenzione necessita di politiche serie e di lungo termine, che facciano leva anche sul contributo che il Terzo settore dà e può continuare a dare alla costruzione di una socialità positiva, di relazioni sane e di senso”

La costruzione lenta, faticosa, paziente, di una maggiore sintonia e connessione tra i “sistemi” che si occupano di minori, attraverso l’apertura di dialoghi e riflessioni nuove e al passo con i tempi, mettendo i minori al centro e non frammentato tra i singoli interventi, appare quanto mai urgente e non più relegata in un orizzonte utopico.

In queste vicende di cronaca si è dato sfogo alla pancia e al carico di dolore che puntano in maniera diretta alla punizione del singolo senza avere una lucida analisi del fenomeno minorile.

A nostro parere, si è definitivamente acuito il divario tra classi sociali, facendo emergere più esplicitamente la criminalizzazione di intere categorie e l’urgenza di respingere, escludere e, infine, recludere quanti non riescono né a essere né a sentirsi inclusi e a proprio agio in un mondo che effettivamente fa fatica a contenerli e ad accompagnarli.

Non si può ignorare la diretta responsabilità degli adulti e dei modelli che dominano e che vengono imposti in tutti i modi e a cui bisogna corrispondere, costi quel che costi. Quando si parla di “vuoto” riferendosi solo ai giovani si fa un’operazione che mistifica la realtà: il “vuoto”, semmai, è proprio di una intera cultura di massa e viene spacciato come modello culturale di riferimento.

La sfida della giustizia riparativa diventa complessa ma irrinunciabile prima che si possano moltiplicare le piazze in cui si chieda la forca a norma di legge anche per i bambini.

Con il progetto La mia Banda è Pop si prova a mettere in campo da circa un anno e mezzo una strategia di intervento su scala regionale che mette al centro i giovani seguiti sulla base delle segnalazioni pervenute dalle USSM e dai servizi sociali territoriali, dando valore alle loro storie personali e familiari, ai loro vissuti, alle incertezze e inquietudini ma anche alla dimensione del sogno e del bisogno. All’interno del progetto particolare attenzione è dedicata alla costruzione di un metodo operativo e di ricerca- azione capace di costruire prassi operative che siano riflessive e partecipanti capaci di favorire la creazione di processi osmotici e permeabili tra servizi, enti, scuole e famiglie.

 

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