La mia banda è pop: appunti per la sfida sulla giustizia riparativa

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In una quotidiana cronaca di criminalità e violenza minorile a Napoli e in Campania, come nel resto del Paese, è difficile sfidare il tempo di chi vuole soluzioni immediate. In primis c’è la campagna costante da vari fronti per l’abbassamento dell’età imputabile. Risulta più difficile l’investimento in un progetto di lungo termine per una giustizia riparativa ma non è impossibile.

In Campania il progetto “La mia Banda è Pop” si articola su scala regionale implementando un’azione sistemica che sperimenta la costruzione di un modello multidisciplinare di ricerca-azione partecipata capace di comprendere e incidere positivamente sulla riduzione del fenomeno del disagio giovanile. Dopo oltre un anno dall’inizio del progetto è possibile fare il punto su molteplici fattori: l’avvio progettuale, i dati, le storie.

La fase iniziale

La partenza e l’avvio del progetto si sono svolte a cavallo tra la fine della pandemia e il ritorno graduale ad una pseudo normalità tutta da ricostruire e ricucire nei nuovi equilibri da ricercare. In questa fase l’attenzione del progetto è stata direzionata su diversi ambiti di sviluppo: la condivisione degli obiettivi progettuali con le istituzioni, il comune di Napoli e i Servizi Sociali che ne ha consentito gli invii (4 segnalazioni nel corso dEel primo anno) e l’adesione al progetto dell’USSM di Salerno; la costruzione di alleanze dentro e fuori il progetto con scuole, enti e stakeholder presenti nei diversi territori (6 i nuovi protocolli sottoscritti; una rete informale nata ed attiva nel corso di questa prima fase); lo sviluppo di un modello di “presa in carico” efficace, di strategie e azioni pervasive di prevenzione, inclusione, sensibilizzazione e reinserimento, condivise e riportate come esperienza praticata in stretta connessione con tutti i partner di progetto USSM e SST compresi (Cantiere delle buone Pratiche con una serie di incontri);

Con i primi invii da parte delle Ussm sono state avviate gradualmente e a seconda dei casi, le azioni previste per la prevenzione secondaria e terziaria, così come le attività di aggancio e prevenzione dirette alla realizzazione degli obiettivi inerenti la prevenzione primaria che ha coinvolto oltre 400 ragazzi sui 170 previsti.

I numeri

In particolare, il progetto si è sviluppato su scala regionale con un’intensità diversa legata, come già evidenziato in sede di progettazione, al diverso tasso di commissione di reati commessi dai minori nell’area metropolitana di Napoli, rispetto a quelli delle altre province della regione. I dati fotografano una delicata complessità in cui il progetto si fa strada e che nel primo anno è stata in grado di accogliere 33 segnalazioni (su 25 previste); tradurre queste segnalazioni in 26 (sulle 20 previste) “Prese in carico individualizzate” (Area psico-socio-educativa), 21 a Napoli e 5 nelle province. Soltanto 4 prese in carico a fine del 1/3 di progetto risultano concluse.

“La costruzione di uno spazio neutrale di ascolto e privo di giudizio ha consentito di conoscere e costruire relazioni di fiducia con i ragazzi e ragazze seguiti (2 sul totale delle prese in carico) e di costruire un piano educativo, sociale, professionale personalizzato, il più adeguato alla situazione di partenza di ciascuno capace di incidere positivamente nella possibilità di costruire un cambiamento positivo”.

Su scala regionale si è provato a coinvolgere i beneficiari nella conduzione di “esperienze inedite in cui sperimentare attraverso il teatro; la cura degli spazi; la peer educational, i percorsi culturali realizzati in rete con enti nazionali e europei, la possibilità di mettersi in gioco, la relazione positiva tra pari, la rielaborazione del proprio vissuto in una chiave di riparazione anche nei confronti della società. Le fasi orientamento (8 percorsi attivati) e l’Area inserimento formativo/lavorativo (1 percorso di formazione attivato), si sono affiancate coinvolgendo i ragazzi in ambiti di formazione e apprendimento personalizzato che hanno coinvolto la sfera emotiva e quella delle competenze.

Insomma il processo di messa in rete, di avvicinamento e inserimento dei minori e dei ragazzi in area penale è un processo graduale ma sostenibile attraverso una vasta rete di attori istituzionali e sociali. Questo racconta il primo step di un progetto su cui si analizzeranno nello specifico anche i numeri.

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