MARICETTA TIRRITO. LA LEGALITÀ? BISOGNA ESSERE CORAGGIOSI

“Mi chiamano 47. Per loro sono un morto che parla. La mia colpa? Ribellarmi alla mafia, alla criminalità. Non piegare la testa. Ma non mi sono mai pentita. Mai”.

Maricetta Tirrito sembra un gigante. Le sue parole rimbombano. Gli studenti dell’I.C. ‘Sandro Pertini’ di Fonte Nuova non smettono nemmeno di fissarla, protagonisti di uno straordinario evento organizzato dall’Atelier Koinè, progetto selezionato da impresa sociale “Con i bambini” nell’ambito del fondo a contrasto della povertà educativa minorile.

Una festa nel ricordo di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e di tutti coloro che sono caduti per un ideale e un sogno.

Portavoce dei collaboratori di giustizia, Maricetta Tirrito racconta la sua storia: “La mafia ti risucchia, ti toglie il futuro – dice -. Sono palermitana, l’ho conosciuta quando avevo 15 anni. Mio papà era vessato. Non ci pensai e denunciai tutto. Sarebbe stato più facile tacere? No, la libertà non ha prezzo. Oggi si cerca di mitizzare l’illegalità. Renderla alla moda. Film, canzoni che inneggiano a chi delinque. Noi dobbiamo essere più forti di ciò che ci propinano. Dobbiamo essere infami, se infame significa denunciare chi vuole sopraffare un proprio simile. Chi vuole togliere la dignità a un’altra persona con la violenza. Ci vuole coraggio a percorrere la strada della legalità. Ma è l’unico modo per vivere in una società in cui tutti abbiano gli strumenti per emergere. Come si combatte la mafia? Con la cultura, con la scuola, con il sapere”

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