AUTOLESIONISMO: COS’E’ E COSA FARE

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Nel corso dei primi mesi dello Sportello Ascoltarsi, attivato nell’ambito del progetto L’Atelier Koinè, è capitato al Dott. Luca Natalizio, psicologo e psicoterapeuta responsabile dello Sportello presso il Liceo Classico G.V. Catullo, di riscontrare casi di autolesionismo tra i ragazzi afferenti allo sportello. Pertanto, si è ritenuto giusto comunicare in cosa consistano tali fenomeni, affinché le famiglie, i docenti, ma anche i coetanei, possano cogliere eventuali richieste d’aiuto che rischierebbero di rimanere altrimenti inascoltate. Così, guidati da Luca, ci apprestiamo a conoscere meglio in cosa consista il comportamento autolesionista.

Cos’è?

La caratteristica principale dell’autolesionismo non suicidario, consiste in continue lesioni che l’individuo si procura sul proprio corpo. Tali lesioni seppur risultano essere superficiali, sono comunque molto dolorose.

Solitamente viene messo in atto con la finalità di ridurre emozioni negative che l’individuo sente di non poter gestire e tollerare, come ansia, tensione, giudizio, senso di colpa.

La ferita assume il valore di una sorta di autopunizione. Viene riferito che a seguito di tale pratica, il soggetto avverte una sensazione immediata di sollievo. Tale sensazione non perdura nel tempo e per tale motivo il comportamento viene reiterato. Inoltre possono verificarsi casi di astinenza, che porta ad associare tale comportamento alle caratteristiche delle dipendenze.

Nel corso del tempo, la persona che mette in pratica tale comportamento, potrebbe aumentare le ferite sia da un punto di vista numerico che di intensità.

Come si manifesta?

Solitamente si manifesta attraverso dei tagli e a tale scopo vengono utilizzati vari strumenti come: aghi, coltelli, lamette, rasoi, lame dei temperini, etc.

Le parti del corpo che vengono colpite solitamente sono braccia e cosce. In altre situazioni si possono manifestare forme differenti di autolesionismo, come bruciature superficiali, ad es. causate da sigarette.

Nella grande maggioranza dei casi, gli individui che mettono in atto tale comportamento non richiedono aiuto per curare le proprie ferite.

Caratteristiche principali

Per poter inserire determinati comportamenti all’interno di tale categoria, vengono osservati i seguenti criteri:

  • durante l’ultimo anno, si sono verificati cinque o più episodi in cui il soggetto si è procurato ferite in maniera intenzionale, tali da provocare sanguinamento, dolore, lividi, ma con l’idea di provocarsi danni superficiali o moderati. In tali casi non c’è l’intenzione suicidaria, riscontrata sia da quanto riferisce il soggetto, sia dal fatto che tali comportamenti non hanno una pericolosità tale da provocare la morte;
  • il soggetto che compie tale comportamento si aspetta di provare una sensazione positiva, risolvere difficoltà interpersonali;
  • nel periodo precedente al compimento di tale gesto, si è in presenza di una fase di forte preoccupazione e difficilmente controllabile da parte dell’individuo;
  • i pensieri di compiere gesti autolesivi sono presenti frequentemente anche in assenza del comportamento.

Sviluppo e decorso

L’autolesionismo non suicidario esordisce soprattutto durante la fase preadolescenziale o nei primi anni dell’adolescenza e può durare per molti anni.

Capita frequentemente che gli individui che compiono tali gesti, hanno avuto modo di osservarlo e apprenderlo attraverso altre presone.

Tale comportamento si presenta maggiormente nel sesso femminile.

Cosa fare?

Tale comportamento non va sottovalutato, sia perché potrebbe essere un primo segnale di condotte sempre più aggressive per la persona, fino ad arrivare al suicidio, sia perché è indicazione di una sofferenza psichica da parte dell’interessato.

Risulta funzionale saper cogliere i segnali di tale comportamento e questo, oltre alla famiglia, lo possono fare il gruppo dei pari o il personale scolastico.

Inoltre, risulta fondamentale non assumere, nei confronti della persona che agisce tale comportamento, un atteggiamento colpevolizzante e giudicante, così da favorirne la richiesta d’aiuto.

Dato che è una patologia che può cronicizzarsi nel tempo e porta a severe punizioni per la persona, risulta opportuno rivolgersi ad uno specialista della salute mentale, psicologo, psicoterapeuta, psichiatra.

                                                                                                                      Dott. Luca Natalizio

                                                                                                                Psicologo e Psicoterapeuta

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