Franco Lannino, la macchina fotografica sua compagna di vita
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
Con i suoi occhi e la sua immancabile compagna di vita, la macchina fotografica, ha immortalato le pagine più buie e sanguinose della mafia. Franco Lannino, storico fotoreporter siciliano, sarà l’ospite d’onore, insieme a Capitano Ultimo, dell’appuntamento conclusivo del ciclo di incontri sulla legalità che la Cooperativa Sociale ‘La Lanterna di Diogene’ sta portando nelle scuole nell’ambito del progetto ‘L’Atelier Koine’.
Sarà proprio lui a premiare i giovani fotografi degli Istituti Scolastici di Lazio, Calabria e Sicilia che hanno partecipato al corso-concorso fotografico “Cacciatori di Foto”.
“La fotografia? È un mondo bellissimo, uno stato d’essere del nostro cervello – spiega Lannino -. Sono davvero felice di poter partecipare a questa iniziativa realizzata per sensibilizzare i ragazzi sulla legalità e dare loro l’opportunità di avvicinarsi a una professione e a una passione che ha segnato la mia vita. La fotografia è curiosità, uno stato d’animo, un battito di ciglia. Il mio consiglio? Una bella foto è quella in cui il superfluo viene eliminato e ci si concentra sulla vera essenza del soggetto che vogliamo rappresentare”.
I social e gli smartphone? “Sono un’opportunità – sottolinea -. Ai miei tempi eravamo in pochi ad avere questa passione. Bisognava conoscere delle tecniche precise. Oggi la tecnologia ha allargato la platea. Tutti, con un cellulare e un social network, possono raccontare un fatto di cronaca. Ed è un bene. Sono dell’idea che più ci sia la possibilità di essere informati più il malaffare e l’illegalità possano essere combattuti. Non è un caso che nei regimi dittatoriali le prime piattaforme a essere chiuse e controllate siano i social network”.
Il lavoro? “Per me e tanti miei colleghi la nostra era una missione. Volevamo raccontare al mondo cosa accadeva in Sicilia. Testimoniavamo ogni giorno una guerra. L’uccisione di Falcone e Borsellino sono state uno spartiacque. Tutti noi abbiamo capito che dovevamo ribellarci con maggiore forza alla mafia perché il suo obiettivo era conquistare lo Stato”.
“Cosa dico ai giovani? Che la mafia è un modo di approcciarsi al prossimo calpestandone i diritti. Il bullismo è la base della mafia. La mafia è un atteggiamento, è sopraffazione. Se tutti ci rispettassimo non esisterebbe. Oggi c’è più coscienza. I ragazzi sono più consapevoli. L’opinione pubblica, la società civile, la scuola sono più coinvolte in questo senso. La mafia morirà prima o poi e saranno proprio i giovani, con i loro comportamenti quotidiani, il suo carnefice”.
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