Adolescenza ai tempi del covid, un’ esperienza di “nomadismo” non voluta.
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
Dai dati che emergono dall’indagine realizzata da “Demopolis, istituto nazionale delle ricerche”, per “Con i Bambini”, solo tre italiani su dieci valutano positivamente la DAD. Tra i problemi principali, la distrazione degli studenti durante le lezioni (73%), la complessa situazione emotiva dei ragazzi (63%) e la scarsa dotazione tecnologica delle case (51%). Tra i dati che in questo articolo vogliamo prendere in considerazione ci interessa la complessa situazione emotiva dei ragazzi, elemento che ci sentiamo di valutare in base all’ “Atelier GPS”, del progetto L’ “Atelier Koinè”, che prevede una parte di sportelli di ascolto presenti nelle scuole fornite dal progetto. Seppure in questi tempi di chiusura delle scuole gli sportelli hanno spostato il loro servizio a distanza, nonostante questo la richiesta da parte di studenti, genitori e docenti è stata estremamente frequente. Dato questo che ha completamente sovvertito l’ idea iniziale che avevamo rispetto alla necessità di “relazione” in un processo di questo tipo. I dati che ci riportano tutti gli specialisti impiegati nei nostri sportelli, hanno a che fare con un nucleo unico, ossia l’ emergenza emotiva che stanno vivendo buona parte gli adolescenti in questo periodo. Isolamento e depressione sono spesso collegati, in entrambe le direzioni: la solitudine può generare una depressione, così come questa ha tra i suoi sintomi il ritiro sociale. Essere un adolescente è impegnativo in ogni circostanza della vita, e l’ emergenza covid-19 ha reso il tutto ancora più difficile. Con la chiusura della scuola e le misure restrittive che impongono l’isolamento sociale e l’impossibilità all’incontro e alla frequentazione, all’attività sportiva e all’accesso ai luoghi di aggregazione, gli adolescenti sono stati bruscamente privati di tutta una serie di esperienze relazionali, gruppali, esperire lo stare e andare nel mondo, lo sperimentare l’ altro e fidarsi, che sono fondamentali in questa fase evolutiva. Anche chiedere ai ragazzi,come si sentono, cosa provano a un anno dall’ inizio di questo evento, può apparire oramai assolutamente ripetitivo, le risposte palesano un senso di inabilità e di chiusura, ma anche una precarietà dovuta all’ oscillazione continua di chiusure e aperture, di scuole, di spazi pubblici, di centri aggregativi, o palestre.
Ecco, forse ad un anno di distanza dall’ inizio della pandemia sarebbe utile circoscrivere il malessere dei ragazzi in questo alternarsi di APERTURE e CHIUSURE, al senso di precarietà di uno spazio che si muove di continuo tra un DENTRO e un FUORI, in cui non si riesce a costruire un habitat; insomma una sorta di NOMADISMO psicologico che costringe i giovani a traslare continuamente i luoghi da “abitare”, “insediare”, “essere”.
Anche le classi (ci riferiamo soprattutto a quelle delle scuole superiori) non possono più “essere abitate” come un tempo, visti i continui cambi d’ aula dovuti alla classi smezzate tra presenza e distanza. Insomma la pandemia ha reso anche i “luoghi” legati alla nostra storia personale, anche gli “spazi” in cui fino ad ieri si svolgeva la nostra vita dei “non- luoghi” (come direbbe Marc Augè) : le piazze della nostra città, i circoli, i bar in cui ogni giorno prendevamo il caffè con gli amici, i ristoranti e le pizzerie, non esistono, non sono, non si “abitano”. I ragazzi continuano a vivere nelle città, nelle case, e tuttavia si sentono “profughi”. Questa pandemia ha imposto alla scienza medica di trovare i vaccini utili per combattere il virus, e costringe i filosofi, gli antropologi e i politici a “disegnare una nuova etnologia della solitudine”.
Se potessimo quindi tracciare un dato che emerge dai nostri sportelli, questo avrebbe proprio a che fare con l’ instabilità degli spazi, e come spazio intendiamo “un luogo da abitare insieme al mio gruppo di pari”, instabilità dello spazio che si riversa anche nello spazio fisico, nel confine di un corpo che non so più collocare e di conseguenza non riesco a definirne la forma, non ne circoscrivo più la distanza che deve avere nella relazione con gli altri corpi.
Nei nostri sportelli di ascolto, non si definiscono soluzioni, ma ci si relaziona con i ragazzi per cercare di prevenire situazioni di disagio scolastico, individuare strategie efficaci per affrontare nodi problematici e promuovere lo star bene nella comunità scolastica. La tempestività dell’intervento di promozione del benessere e il monitoraggio delle situazioni a rischio può far sì che si attui per tempo una collaborazione fra le diverse agenzie educative del territorio per affrontare nuovi casi di disagio scolastico e consolidare gli interventi per casi già si conoscono.
Resta però il dato con cui faremo i conti a brevissimo raggio, rispetto a questo “nomadismo” dagli adolescenti, costretti a un’ esperienza non voluta di “continuo viaggio”.
“Nomadi che cercano gli angoli di tranquillità, nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà, tra i chiaroscuri e le monotonie dei giorni che passano. Camminatore che vai cercando la pace del crepuscolo, la troverai”.
Franco Battiato
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