Nell’HUB “Quinta e Senza” dell’IC Giovagnoli di Monterotondo il gruppo diventa “corpo unico”
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
Nell’ HUB “Quinta e senza” all’interno Istituto Comprensivo “Giovagnoli” di Monterotondo il gruppo inizia a diventare un corpo unico.
Una delle finalità del progetto “l’Atelier Koinè” è monitorare gli HUB in corso d’ opera in modo da evidenziare sia il grado di soddisfazione dei ragazzi, sia le criticità in corso d’ opera alle quali un determinato laboratorio può incorrere.
Nell’ Istituto Comprensivo “Giovagnoli” di Monterotondo il lavoro dell’esperta Veronica Boscarello, a qualche mese dall’avvio, racconta l’esperienza di “un gruppo che si sta formando in modo compatto”.
Generalmente la lezione si divide in due parti. La prima parte è di training con relativo riscaldamento in modo da entrare nel clima laboratoriale, decontrarre le tensioni, eliminare le preoccupazioni fisiche della giornata, scrollarsi di dosso le sei ore di lezione a scuola. Tutto ciò avviene attraverso esercizi di rilassamento, stretching, giochi sull’attenzione, sulla prontezza, sulla fiducia e sull’abbandono.
Abitualmente i lavori di riscaldamento vengono svolti in gruppo ma anche in coppia: in questo modo il gruppo inizia a viaggiare bene insieme, i ragazzi si sentono responsabili gli uni degli altri, si entra nel vivo della consapevolezza di sé, del gruppo e dello spazio in cui il corpo si muove.
“Stiamo iniziando a fare anche piccoli esercizi di dizione – racconta l’esperta Veronica Boscarello – per capire come si utilizza la voce, per comunicare all’ altro e farsi sentire dal pubblico senza correre il rischio di perdere la voce”.
La seconda parte del laboratorio è quella sulle improvvisazioni: i ragazzi all’inizio hanno avuto molte difficoltà a lasciarsi andare, ad entrare in uno spazio altro, a stare nel silenzio. E’ molto importante lavorare e controllare i segni che il proprio corpo invia, senza correre rischi di farsi male, per rendersi ben visibili al pubblico.
Boscarello racconta ancora: “Utilizziamo molto lo strumento del gioco per stimolare le caratteristiche legate all’ improvvisazione, quali: la telefonata, lo scultore, esercizi sulle camminate. Fornisco poi ai ragazzi due semplici battute, sempre le stesse per tutti, due battute sempre uguali sulle quali costruire una scena, questa semplice strategia permette di far emergere cose sempre differenti una dall’altra”.
Inoltre, ora che il gruppo sembra essersi integrato, nel laboratorio si sperimentano anche una serie di esercizi di coppia che hanno lo scopo di esercitare l’empatia.
Esercizi, soprattutto quello del cieco o dello specchio, dove c’è sempre chi conduce e chi fa da gregario, ma sono ruoli che si scambiano, in questo modo i ragazzi imparano la duttilità di passare dalla parte di chi guida, alla parte di chi è guidato.
Sperimentare le difficoltà dell’altro, infatti, vuol dire proprio entrare in empatia. Infine il tecnico Veronica Boscarello ci racconta che lavoro sta portando avanti proprio in questi ultimi giorni: “Ci stiamo concentrando molto sul lavoro sul corpo, partendo da un punto qualsiasi del corpo e costruire da quel punto un personaggio. Voglio far capire ai ragazzi un personaggio può nascere anche semplicemente da un punto del corpo”.
Veronica Boscarello è trainer teatrale e buona parte del suo lavoro si rifà all’ improvvisazione classica di Viola Spolin che in “Improvisation for the theater”, libro del 1936, dove descrive come l’insegnante regista si debba tecnicamente comportare come un vero e proprio allenatore, dare spunti, verificare la partecipazione del gruppo, stimolare l’azione della scena.
“Il fine di ogni arte è quello di comunicare gli impulsi e le sensazioni delle anime, aiutare l’attore ad aprire la sua anima di fronte agli spettatori, questo è l’unico scopo del teatro”.
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