#unodinoi | Maria e la poesia come terapia del sé
di Italia Educante
Parli con Maria e ti si spalanca l’infinito, quello della potenza della parola. Maria ama visceralmente la poesia e te ne accorgi da come ne parla, dal mondo che le palpita dentro quando ti racconta che, alla fine, con i ragazzi usa la poesia come fa con se stessa ovvero <<per nominare le cose del mondo>>.
Maria, cosa ti sta passando l’esperienza ItaliaEducante?
Insegno e tengo laboratori di poesia in carcere ed è la prima volta che mi trovo a farlo con ragazzi in pre-adolescenza… È un’esperienza straordinaria anche perché, senza pretendere di salvare nessuno attraverso la poesia, quello che cerco di fare è dare a ogni ragazzo uno strumento che funzioni come rifugio, che li aiuti a conoscersi meglio, esplorare i sentimenti e chiamarli per nome così da sentirsi meno persi perché, cominciare a chiamare, ad esempio, il dolore è cominciare a trovare uno spazio, a delimitarlo senza che questo mi travolga. Non c’è un giorno che a fine laboratorio non torni a casa con lettere e disegni dei ragazzi. Trasmettere questa passione e vederla crescere in loro, ingigantisce.
Come hai fatto a rendere attraente per i ragazzi una cosa che, apparentemente, può sembrare così distante dal loro mondo?
Ho capito che serve agganciarli lì dove si trovano, lì dove cercano i loro spazi per vivere le emozioni. Così partiamo sempre da versi delle canzoni rap che più li hanno colpiti, li scriviamo e li commentiamo e poi propongo una poesia e, solo al termine di questo percorso e solo chi se la sente prova a scrivere qualcosa. La poesia non si può insegnare si può solo passare per generare amore, passione, sofferenza positiva. Come diceva il poeta Giorgio Caproni <<bisogna essere minatori>> ed è quello che cerco di passare ai ragazzi con questa esperienza.
Qual è la cosa che più ti ha colpito dell’esperienza con i ragazzi incontrati?
Sono solita portare sempre con me un’antologia che raccoglie il meglio della poesia del ‘900 per lasciarla in aula a disposizione… I primi tempi rimane lì, ma poi, laboratorio dopo laboratorio, viene consultata ed anche portata a casa dai ragazzi… Mi ha colpito il commento di uno di loro che, dopo aver letto una poesia di Caproni dedicata alla giovinezza di sua madre, mi disse che quella è stata la prima occasione che gli ha fatto pensare che anche sua madre era stata giovane… La poesia tocca corde profonde in ciascuno di loro e fa emergere domande, riflessioni e sogni che, diversamente, rimarrebbero sommersi nel fondo del loro essere. Soprattutto qui, dove i maschi fanno più fatica ad aprirsi sui sentimenti perché “indice di debolezza”, trovo che usare la poesia come strumento di dissodamento intimo sia una formidabile via per smontare questo luogo comune e dimostrare loro che, no, provare e manifestare sentimenti non è da deboli. Anzi. E la poesia, in questo, è un’alleata preziosissima che anche loro cominciano ad apprezzarla davvero.
#unodinoi è Maria Del Vecchio, poetessa
Foto credits: Marco di Gioia e Monica Carbosiero
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