ItaliaEducante in Veneto: il contesto scolastico
di Italia Educante
Ragazzi a scuola: ragazzi che arrivano dalla terza media, ragazzi che arrivano da scuole diverse, ragazzi che sono alla prima esperienza alle superiori e ragazzi che stanno ripetendo l’anno. Ragazzi di etnie diverse e di età diverse. Ragazzi attenti o ragazzi distratti, propositivi o demotivati, chiacchieroni o silenziosi. Ragazzi sempre presenti o ragazzi spesso assenti. Ragazzi a rischio e ragazzi non. Ciascuno di loro è destinatario del progetto ItaliaEducante, sostenuto da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Come educatrice del progetto, quando entro in classe non so di preciso chi incontrerò: so che troverò una varietà di colori, storie, esperienze e visi. Ogni classe avrà la sua storia, le sue criticità e i suoi punti di forza; ogni studente potrà essere protagonista di un percorso che si costruirà insieme.
Il mio primo impegno è quello di imparare i nomi degli studenti: gesto, a mio parere, sottovalutato e che si rivela estremamente importante per ricevere la loro attenzione e poter essere credibili ai loro occhi. I ragazzi hanno bisogno di sentirsi chiamare per nome, di sentirsi riconosciuti come persone, nella loro unicità. E ogni volta che ciò accade la loro reazione sembra sempre di stupore “ma come fa a ricordarsi i nostri nomi?” (vedendomi per poche ore alla settimana). Sembra un gesto semplice ma che dimostra a loro interesse e li fa sentire pensati.
La fase di accoglienza, prima fase del progetto, è prioritaria per creare le fondamenta: alla base il rapporto con i ragazzi e la scuola. L’obiettivo è appunto la conoscenza e le attività proposte vogliono aiutare i giovani a conoscersi e prendere consapevolezza della loro classe, di cosa funzione e di cosa non funziona. In che modo farlo? Non esiste una risposta univoca. Una criticità, ma al tempo stesso stimolo, del lavoro di educatrice in classe è non avere uno strumento unico e prestabilito; bisogna essere aperti e capaci di modulare gli interventi su ciò che arriva nel qui ed ora, sul clima emotivo della classe e su ciò che portano i ragazzi stessi. A volte le attività e giochi strutturati funzionano, altre volte si rivelano un fiasco e bisogna quindi optare per altro, tenendo sempre presente che lo strumento non deve risultare un limite ma uno spunto, non deve essere rigido ma flessibile, non deve essere unico ma differenziato.
In una classe difficile mi sono trovata a fare momenti di parola e discussione, sotto forma di semplice chiacchierata, poiché quello di cui avevano maggiormente bisogno in quel momento era avere la possibilità di parlare, niente altro.
Purtroppo il tempo a disposizione non permette sempre di individuare lo strumento più efficace, motivo per il quale la collaborazione con gli insegnanti si dimostra utilissima. Costruire un rapporto di fiducia con i ragazzi, con i docenti, con il personale scolastico e la scuola è elemento fondamentale e indispensabile ai fini del progetto. Il nostro ruolo di educatori nella e per la scuola è complesso: siamo estranei all’istituto ma lavoriamo in esso, non siamo nel corpo docenti ma interloquiamo costantemente con gli insegnanti, non siamo presenze fisse ma ci vedranno girare per la scuola lungo l’intero anno scolastico.
Per questo motivo, secondo la mia esperienza, bisogna entrare nel contesto scuola in punta di piedi, con rispetto e senza pretese, ma con carisma, cura e attenzione.
Sabrina Pengo
ItaliaEducante Veneto
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