#PROTEGGEREILFUTURO – Moncalieri: a Casa Zoe si investe sulla comunità educante

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Difficile descrivere un qualcosa che non è tangibile, che non tocchiamo con mano: tanti dei concetti e delle strategie del lavoro sociale partono dall’astratto e atterranno sulla pelle delle persone, degli operatori, degli utenti. La comunità educante è uno di questi concetti, una delle nuove parole “ombrello” con cui il terzo settore oggi si confronta nel quotidiano . E’ una parola usata per descrivere in modo generale, piuttosto che specifico, un gruppo di soggetti variabili ma correlati in modo identificabile. E’ una parola che usiamo ogni giorno senza mai chiederci se siamo tutti d’accordo sul significato.

La comunità educante è per noi, come per molti altri cooperanti, l’insieme degli attori territoriali, privati pubblici ed “inediti” che si impegnano a garantire il benessere e la crescita di bambine e bambini, ragazze e ragazzi, insieme ai loro genitori.

Da sempre la cooperativa Educazione Progetto ha scelto di investire sul rafforzamento e la crescita delle comunità educanti. Grazie al progetto Ip Ip Urrà questo investimento diventa buona pratica all’interno della ludoteca Casa Zoe.

Una delle storie che animano e consolidano il nostro modo di operare all’interno della comunità educante è quella di E.

Mamma di un bimbo di 2 anni, venezuelana, comincia a frequentare la ludoteca e qua incontra una nostra operatrice Carolina, anche lei sudamericana. Durante la ludoteca capita che Carolina e E. parlino in spagnolo…E. per la prima volta si sente capita, sente di poter confidarsi di poter dire quello che ha trattenuto da tanti mesi. I temi sono quelli del benessere del bambino, dei bisogni di crescita ma soprattutto dei bisogni primari. Grazie ad un lavoro di rete E. viene messa in contatto con associazioni caritatevoli del territorio che si occupano di distribuzione di alimenti, vestiti e prodotti per l’infanzia, ma soprattutto viene accolta nel SAI del Comune di Moncalieri.

  1. partecipa al Viaggio di comunità del progetto Ip Ip Urrà a giugno 2023, si confronta con altri genitori, racconta le sue paure. Il suo bimbo entra in una dimensione più comunitaria, incontra altri bambini, vive giorni felici di gioco in natura.

Nasce una bella collaborazione con la cooperativa che gestisce il Sai che oggi propone corsi di italiano all’interno della ludoteca: E. insieme ad altre mamme segue il corso sapendo che il suo bimbo può frequentare con lei.

Oggi E. sorride quando entra in ludoteca…raggi di sole e speranza le attraversano il viso. Il suo bimbo ha iniziato l’asilo nido, una nuova avventura lo attende.

Grazie alle storie di tanti genitori e bimbi che passano di qui, grazie allo stretto rapporto che ci lega con le realtà locali possiamo partire da alcuni apprendimenti sul tema della comunità educante che arrivano proprio dal lavoro sul campo che nel quotidiano viviamo:

-partire da un lessico comune. Insegnanti, educatori, assistenti sociali, professionisti culturali e sportivi e qualsiasi attore è coinvolto nella crescita di bambini e ragazzi devono partire da un comune “stare” da un incontro reale in cui ripartire dal dare il nome alle cose e da una formazione comune. L’abbiamo sperimentato con il progetto “Storie Cucite a mano” in cui educatori e insegnanti si sono formati insieme sull’educazione socio-affettiva. Questo ha permesso di partire insieme e sviluppare idee di cambiamento a partire da obiettivi comuni.

-impegno: per tutti gli attori coinvolti le riunioni sulla comunità educante esulano non dagli obiettivi e dal fine ultimo del proprio lavoro ma dalle ore “retribuite” per perseguire questi obiettivi. Per perseguire l’orizzonte comune della costruzione della comunità educante è dunque necessario sapere che l’impegno delle persone che in qualche modo hanno fatto proprio l’”I care” dei Don Milani è la base da cui ripartire.

tempo. Il tempo è quindi uno dei tasselli fondamentali per la costruzione della comunità educante. Il tempo per attivare il processo partecipativo, il tempo per innescare il cambiamento e vederne germogliare i frutti.

la comunità educante per cui vogliamo lavorare è quella in cui gli interventi a favore di un ragazzo o un bambino sono frutto di un dialogo strutturato che vede coinvolta la scuola, i servizi socio assistenziali, il terzo settore che incontra il bambino/ragazzo al di fuori dalla scuola e la famiglia. La famiglia insieme ai professionisti ragiona sui percorsi migliori da compiere per andare incontro ai bisogni evolutiìvi e di crescita del bambino/ragazzo. I professionisti non si sostituiscono alla famiglia ma la tengono dentro al processo decisionale sulle scelte da compiere  per il benessere del bambino.

L’apertura. Come scrivono Federico Zamengo e Nicolò Valenzano in “Pratiche di comunità educanti. Pensiero riflessivo e spazi condivisi di educazione tra adulti” : “La valorizzazione del pluralismo dei “corpi intermedi”, quali per esempio scuola, famiglia, associazioni, enti educativi extrascolastici, non passa attraverso il loro isolamento; questi, in altri termini, non possono operare all’insegna della chiusura, ma viceversa devono ricercare forme di collegamento pedagogico intersettoriale che, pur nella diversità degli obiettivi, dei metodi e dei motivi ispiratori propri di ciascuno, contribuiscano a costruire una “sensibilità pedagogica ed una coscienza educativa”.

Coop. Educazione Progetto Onlus

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