Il cappotto: il racconto di Gogol’ riletto dagli adolescenti

di

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Il cappotto

di NIKOLAJ VASIL’EVIČ GOGOL’

Il protagonista di questa storia è Akakij Akakievič, eterno consigliere comunale di una Pietroburgo livida e ostile, oscuro burocrate di un ignoto dipartimento: capita spesso, nei romanzi e nei racconti russi, che il narratore ometta questo tipo di dettagli. Può apparire bizzarro, ma nessuno dei suoi colleghi sa dirsi da quand’è che egli lavora con loro, per quanti rettori e dirigenti si siano succeduti lui era sempre rimasto nel medesimo posto, con la medesima mansione. D’altro canto, Akakij è un tipo piuttosto anonimo, un tipo che passa inosservato; egli tuttavia ama il suo lavoro, che svolge con zelo e passione: non appena nota un nuovo plico, gli occhi gli si illuminano di gioia. Di più: si porta il lavoro di copiatura a casa; a lui non interessano il teatro, le donne e le serate con gli amici.

Forse è proprio per questo che Akakij è continuamente vessato dai suoi colleghi? Gli altri impiegati lo infastidiscono di continuo, uno lanciandogli una cartaccia, l’altro tirandogli un braccio, ridendogli in faccia: in quell’ufficio, nessuno sembra portargli rispetto.

“Lasciatemi in pace, perché mi offendete?”

Non è il suo unico problema. C’è un acerrimo nemico a Pietroburgo, per coloro che prendono quattrocento rubli all’anno di stipendio, ed è il gelo nordico. Il suo cappotto è vecchio e sgualcito, sporco di calce e di fuliggine, e da qualche tempo Akakij sente le spalle frizzargli con particolare intensità. Così non può più andare avanti, rischia la polmonite; e poi, è costante oggetto di scherno da parte dei colleghi, che lo chiamano “vestaglia”.

È deciso: deve andare dal sarto.

“Ecco, che cosa, Petrovič… il cappotto, già, il panno… ecco vedi, negli altri posti regge bene, s’è un po’ impolverato e sembra vecchio, ma invece è nuovo, solo che in un posto è un poco così… sulla schiena, e poi anche su una spalla s’è un poco consumato; sì, ecco, su questa spalla un po’… ecco tutto. E non c’è tanto lavoro…”

Il sarto si volta dandogli le spalle ed esamina la mantella controluce. Scuote la testa: “No, non si può riparare, è in cattivo stato!” E poi: “È una brutta faccenda, vi conviene, piuttosto, appena verrà il freddo dell’inverno, che ve ne facciate delle pezze per i piedi, e il cappotto comprarlo nuovo”.

Ma uno nuovo costerebbe almeno centocinquanta rubli, e Akakij quei soldi non ce li ha. In suo soccorso arriva il direttore, un uomo grosso e dai grandi baffi, che gli concede un aumento; inoltre, egli riesce a risparmiare un po’ – cammina in punta di piedi per non consumare le suole delle scarpe! – ed eccolo quindi ripresentarsi da Petrovič, che stavolta lo accoglie ben volentieri…

Akakij è molto fiero del suo nuovo cappotto, per la cui stoffa non ha badato a spese. Lo mette di fianco al vecchio e poi ride, ride da solo, tanta è la differenza. Anche in ufficio, la situazione ora è cambiata, i colleghi sono stupiti ed entusiasti della sua nuova mantella. Bisogna festeggiare, dicono. Presto fatto: in suo onore viene organizzato un party a casa del vice capo-sezione, dove lui gioca un po’ a whist ma finisce presto per annoiarsi. E poi è stanco, emozionato per i complimenti ricevuti, ne prova persino vergogna. Recupera il cappotto in anticamera, pulendolo dalla polvere (nel frattempo, qualcuno lo aveva fatto cadere), e se ne esce nel gelo pungente della notte pietroburghese.

Ma il destino ha in serbo un brutto scherzo. Sulla strada del ritorno, infatti, Akakij si imbatte in due ladri che lo colpiscono con un pugno e poi lo derubano, lasciandolo seminudo a terra.

Potrà resistere lui, senza il suo cappotto nuovo, in mezzo alla tormenta di neve?

 

Questo celebre racconto di Gogol fu pubblicato per la prima volta nel 1842, poi inserito nei “Racconti di Pietroburgo”, ed è considerato uno dei capolavori del moderno realismo (un po’ magico, nel suo caso; anzi satirico-grottesco) russo. Notevole fu il suo influsso sulla successiva generazione di scrittori del suo paese: Dostoevskij, in particolare, ebbe a dire: “Siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol”.    

Il testo che leggete qui sopra – così come quelli di Hemingway e di Buzzati, pubblicati dal giornale nelle scorse settimane – è, con le modifiche dettate da esigenze di spazio e di lettura, il risultato di un laboratorio svoltosi con la classe 3 Classico B (anno 2020-21) del Liceo Gioia, all’interno del progetto Giovani Connessi. Il progetto è stato selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minori­le. Il Fondo nasce da un’intesa tra le Fondazioni di origine bancaria rappresentate da Acri, il Forum Nazionale del Ter­zo Settore e il Governo; sostiene interventi finalizzati a ri­muovere gli ostacoli di natura economica, sociale e culturale che impediscono la piena fruizione dei processi educativi da parte dei minori. Per attuare i programmi del Fondo, a giu­gno 2016 è nata l’impresa sociale Con i Bambini, organiz­zazione senza scopo di lucro interamente partecipata dalla Fondazione CON IL SUD (www.conibambini.org). Capofila dell’iniziativa è il Gruppo Cooperativo CGM.

 

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