Nuove energie per accorciare le distanze: l’esperienza di EasLab

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E’ trascorso poco più di un mese, dall’inizio dell’emergenza sanitaria.

Un’emergenza a cui nessuno di noi era preparato e di cui non avremmo voluto fare esperienza.

Siamo, ora nel momento dei primissimi bilanci, per capire come migliorare la nostra risposta alle esigenze delle scuole e dei ragazzi che non vogliamo lasciare indietro.

Questo è stato il primo pensiero: rimetterci in gioco, trasformare, riformulare affinché, pur da lontano, i legami che avevamo costruito non si sfaldassero sotto il peso di un tempo che ci tiene tutti sospesi e in apnea.

Stiamo facendo ricorso alle migliori energie che abbiamo per rispondere in modo creativo allo scenario che ci si è presentato davanti. E così, per non smettere  il dialogo, stiamo modificando codici e canali, provando a mantenere i nuclei di senso del progetto educativo di cui siamo parte.

Così, i Consigli Consultivi stanno provando a proseguire il processo di consultazione degli studenti e delle studentesse online, attraverso la piattaforma per la didattica a distanza messa a disposizione dalla scuola; per i Laboratori Motivazionali prosegue il supporto nella creazione di sussidi didattici per sostenere gli studenti nella fase di studio e i docenti nell’approfondimento di materie e argomenti concordate insieme alle nostre formatrici.

Allo stesso modo, è fondamentale rivolgerci ai genitori, alle famiglie. Adulti molto spesso ai margini, vittime possibili di un’emergenza non solo sanitaria, ma socio economica. Per loro, EaSlab ha attivato un canale attraverso cui raccogliere dei temi rilevanti per provare a discuterli insieme durante appuntamenti a distanza, appuntamenti di parola e di cura.

E poi ci sono gli insegnanti e i dirigenti scolastici. A loro il compito di rispondere alle difficili questioni rese ancor più stringenti dall’emergenza, a loro la responsabilità di sostenere e garantire il diritto allo studio degli studenti. Il mandato che ci siamo dati in questo caso è duplice: sostenerli attraverso approfondimenti mirati sulla didattica a distanza, con particolare riferimento agli studenti più fragili, dall’altro, accogliere gli insegnanti come persone la cui vita e professione sono state altrettanto trasformate dall’emergenza. Prevediamo, per questo, di istituire dei momenti di confronto per raccogliere buone pratiche, ma anche bisogni, riflessioni. Infatti, siamo dell’idea che, anche così, anche nella distanza, sia importante ricavare degli spazi in cui poter sostare negli interrogativi, cercando nuove strade e nuove possibilità, insieme.

Il lavoro degli educatori è stato fortemente messo in gioco da questa emergenza. Il nostro lavoro è fatto di sguardi, carne, presenza, e questo è insostituibile. Ma nelle estreme vicende, è pur importante far sentire vicinanza, per questo tutti noi stiamo imparando a reagire, rispondere, inventare.

Con l’augurio che la normalità non tardi a tornare, affidiamo alle parole della nostra formatrice Elena Cennini l’essenza del nostro mestiere, base imprescindibile di qualunque relazione educativa.

Alla ferrovia ora non ci posso andare, non fisicamente, e nemmeno a scuola posso andare. A dire il vero, della scuola mi piaceva il cielo all’uscita, e quella sorta di primo respiro, quando pensi: bene! Anche oggi sono viva! Mentre guardi le nuvole e dentro è un turbine di nomi, conflitti, grida, qualche risata, e su tutto incontenibili corpi adolescenti: irruenti, scoordinati, isolati, in conflitto con quel perimetro cheè l’aula. Quando ho potuto, mi sono sempre trattenuta a fissare per qualche istante quelle stanze vuote, per vedere quanto dura l’eco delle loro vite, quali tracce conserva e come taglia la luce uno spazio vuoto. Oggi mi tocca ripensare allo spazio, allo spazio vuoto dell’aula e non ci riesco. Sono entrata a scuola come operatore di inclusione. Inclusione è una di quelle parole che cammina con il suo contrario, forse è da qui che tocca ricominciare. Fare la conta delle esclusioni. Ognuno ha la sua lista: da e per. Il da investe lo spazio vissuto, il per la condizione. Dentro, adulti e ragazzi. L’esperienza che stiamo vivendo amplifica lo scarto: educativo, sociale, economico, e su tutti quello emotivo, c’è una fragilità che investe la nostra possibilità d’azione, prima del sono, siamo chiamati a riflettere sul come, ma se un formatore è colui che dà forma, che lavora come uno scultore, qual è la nostra argilla? Tutto quello che so passa per il corpo e si gioca dialetticamente con altri corpi. I nomi che ho imparato a memoria sono tutti distanti, come il mio, spaesato e fragile a chiedersi come… Allora aspetto la sera, quando la luce mi insegna a vedere le cose: dure, resistenti, familiari e sconosciute, come i ragazzi. E le nuvole: l’argilla.

 

E che so quelle?

Quelle sono, sono le nuvole

E che so ste nuvole?

Mah

Quanto so belle quanto so belle quanto so belle

Ah straziante meravigliosa bellezza del creato

(P.P. Pasolini, da “Che cosa sono le nuvole?”)

 

Articolo a cura del team di Easlab

 

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