Educazione sessuale e affettiva? Sì grazie!

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L’educazione sessuale e affettiva è un percorso di conoscenza e consapevolezza fondamentale per i ragazzi e le ragazze, ma spesso gli adulti di riferimento evitano l’argomento. La cooperativa Itaca, partner del progetto Futuro Prossimo sul territorio di Marghera, prova ad abbattere i tabù affrontando il tema direttamente nelle scuole.

Ogni anno la scuola si trova a dover ampliare la propria offerta formativa con diversi progetti. Così l’IC Baseggio di Marghera quest’anno ha scelto di approvare il progetto della cooperativa Itaca sull’educazione sessuale e affettiva per le classi terze.

La proposta prevedeva: un incontro con i/le docenti, uno con i genitori, due con i ragazzi e le ragazze e un ulteriore apputamento di restituzione con i/le docenti e i genitori.

Ma perché sono così importanti i progetti sull’educazione sessuale e affettiva?

Già dalla scuola primaria i ragazzi affrontano il tema della riproduzione sessuale e dell’apparato riproduttivo: un paio di pagine con delle immagini molto semplici che spiegano le differenze tra uomo e donna. Arrivano poi alla scuola secondaria di secondo grado, in terza media, e affrontano quelle due stesse pagine con immagini dell’apparato riproduttore un po’ più complesse, ma in questo caso spesso alcuni dubbi sulla sessualità sono lì che stagnano nei loro pensieri, proprio mentre iniziano a sperimentarsi e sperimentare le relazioni.

L’Italia è uno dei sette Paesi europei nei quali non è prevista l’educazione sessuale nei programmi scolastici. Le principali scuole di sessuologia presentano proposte al ministero dell’Istruzione, che temporeggia e lascia libero arbitrio alle singole scuole. Ciò implica che per accogliere questo tema si debba avere un gran senso educativo che sottostà alla base di ogni azione scolastica.

Ed è proprio questo punto che dovrebbe essere il motore: quali sono i benefici che i ragazzi hanno quando partecipano ad un progetto sulla sessualità?

Uno tra tutti coinvolge un meccanismo cognitivo importante: se non si affronta un argomento quasi sicuramente diventerà un tabù; questo vuol dire sentire vergogna, paura, senso di inadeguatezza. Certo, il primo ente educativo è la famiglia, lo sappiamo bene, ma quando questa per diverse ragioni non esplica la sua funzione in ambito sessuale, quale dovrebbe essere l’ente educativo successivo? La scuola senza dubbio, il gruppo di pari, le associazioni sportive etc…

Quindi le scuole che vogliono abbattere i tabù parlando non solo di sessualità, ma anche di affettività, rispetto e consenso, mettono i ragazzi e le ragazze in condizione di avere nozioni scientificamente corrette, porsi delle domande e sviluppare un pensiero critico, conoscere strumenti di prevenzione per la salute propria e altrui, confrontarsi con le emozioni degli altri, aprirsi al resto del mondo che, invece, è sempre più al passo con le rivoluzioni e i cambiamenti che avvengono in questo contesto. L’UNESCO stesso ha redatto delle linee guida sull’educazione sessuale e affettiva che delineano un vademecum per tutti gli educatori sessuali.

Vi stupirà sapere che spesso sono gli adulti stessi a non avere sufficienti competenze a riguardo, sia in forma privata che professionale, è per questo che noi operatori specializzati veniamo chiamati per 2-3 incontri in cui i ragazzi e le ragazze possono fare domande e sentirsi liberi di esprimere le loro perplessità o paure. Sapete cosa è emerso? Che grazie alla tecnologia hanno molte informazioni, basta pensare che una ricerca ha evidenziato che il primo contatto con immagini esplicite avviene intorno ai 9 anni, essendo la generazione Z.

Ma in realtà di queste informazioni, immagini, contenuti non sanno esattamente cosa farsene, hanno bisogno di comprendere, elaborare, avere risposte e mettere in ordine la loro educazione sessuale e affettiva.

Tra gli argomenti che incuriosiscono maggiormente i ragazzi ci sono: il ciclo mestruale, la comunità LGBTQ+, il primo rapporto, la fecondazione, stereotipi e pregiudizi sul mondo maschile e femminile.

Argomenti certamente complessi, ma molto importanti per essere parte di una comunità sana, che non sia indifferente e censurante. Si cerca quindi di rispondere alle loro domande con l’obiettivo di prevenire, promuovere e tutelare il benessere psico-fisico dei ragazzi.

D’altra parte, chi affronta questi temi deve avere delle caratteristiche fondamentali: una buona formazione professionale, poco coinvolgimento emotivo con la classe, assoluta imparzialità sui diversi temi attenendosi alle informazioni scientificamente corrette, saper creare un clima che favorisca la libera espressione e soprattutto essere chiaro e trasparente nei confronti degli/delle insegnanti e dei genitori.

Chiudo con una domanda emersa durante uno dei laboratori nelle scuole che mi ha fatto molto riflettere: “Perché gli adulti non vogliono parlare di questo argomento?”

Articolo a cura di Marilisa Chiumento, educatrice per la  cooperativa sociale Itaca

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