Intervista a Lorenza Maria Baggio, assessore di Camposampiero
di jonathancoop
Oggi Flic intervista Lorenza Maria Baggio, assessore all’istruzione, cultura e pari opportunità di Camposampiero.
Perché il suo comune ha deciso di aderire al progetto FLIC?
Ai cittadini più piccoli, in tutto il percorso di crescita, viene riservata sempre molta attenzione nel nostro comune, dedicando servizi specifici, come l’asilo nido, sostenendo le istituzioni scolastiche nella progettazione di attività di arricchimento e organizzando appuntamenti speciali come Una piazza per giocare o la consegna della tessera di piccolo lettore della Biblioteca per i nuovi nati. E’ stato naturale aderire ad un progetto che, insieme alla scuola dell’obbligo, ha come protagonisti i ragazzi e propone un percorso strutturato e a lungo termine per dare agli stessi gli strumenti necessari ad affrontare il loro futuro, che poi è anche il nostro.
Come è stata coinvolta nelle attività finora?
Oltre alla partecipazione agli incontri divulgativi con gli educatori, ho partecipato ad alcuni incontri con le famiglie, dai quali ho percepito l’interesse e la necessità di affrontare il tema dell’orientamento, soprattutto in un periodo storico come quello attuale, in rapida evoluzione e che manca di parametri di riferimento tradizionali. Con convinzione allora, insieme ai referenti tecnici del comune, abbiamo partecipato alla programmazione degli appuntamenti che prevedevano il coinvolgimento della comunità “al di fuori” della scuola.
Lei stessa ha incontrato i partecipanti ai Community LAB, che impressioni ha avuto da questa esperienza, cosa ha lasciato ai ragazzi e cosa a lei? Qualche aneddoto?
Devo dire innanzitutto che i soggetti coinvolti, dalla Biblioteca, agli Uffici comunali, all’Azienda e all’Associazione di volontariato, hanno risposto con entusiasmo alla proposta di collaborazione, mettendo a disposizione tempo e risorse in piena sintonia con le finalità del progetto, prima tra tutte quella di dare ai ragazzi l’opportunità di sperimentare e lasciarsi incuriosire dal mondo dei “grandi”. E i ragazzi non si sono risparmiati, facendo domande anche dirette, sui guadagni o sul percorso di vita che ha portato a fare quel lavoro piuttosto che altro. Occasioni quindi anche agli adulti per interrogarsi sulle proprie scelte e, in fin dei conti, anche sulla soddisfazione del proprio percorso professionale e non solo.
Ci può raccontare la sua esperienza rispetto all’orientamento? Cosa avrebbe voluto fare da piccola? Quali passioni e talenti le appartengono? Come li coltiva?
Ricordo la mia esperienza di orientamento con particolare riconoscenza nei confronti degli adulti che mi hanno aiutato. Nei primi anni Ottanta, dopo la terza media, la scelta era tra il mondo del lavoro e la scuola, e in questo caso gli indirizzi erano molto chiari e distinti, con qualche timido approccio sperimentale. A me sarebbe piaciuto studiare lingue straniere, ma i licei erano privati e la mia famiglia non poteva sostenere il costo della frequenza, perciò avevo fatto la preiscrizione (allora si faceva così) ad un tecnico sperimentale a Padova.
Mia mamma per motivi di logistica, mio papà per motivi di robustezza, mio fratello che frequentava l’Università per motivi formativi, mi avevano messo dei dubbi, ma a 13 anni non avevo certamente gli strumenti per fare una scelta consapevole. Ci ha pensato il Preside della scuola media di allora, prendendomi in disparte il giorno di chiusura delle preiscrizioni, a darmi lo spunto definitivo e a farmi orientare verso il liceo scientifico a Camposampiero, per un percorso formativo più solido e ampio. Se un adulto importante, addirittura il Preside, aveva a cura il futuro di una singola studentessa, forse era il caso di dargli ascolto, e così ho fatto. Non lo ringrazierò mai abbastanza, perché quella scuola mi ha dato studi, esperienze e amicizie che sono fondamentali per la mia vita.
Cosa si augura per il futuro del progetto FLIC nel suo Comune?
Vedo il progetto FLIC come l’avanguardia di un approccio globale all’orientamento, che dovrebbe diventare permanente. Perché proprio nei periodi di incertezza come quello che stiamo vivendo è necessario dare ai ragazzi e alle famiglie strumenti e occasioni per leggere e interpretare sé stessi e il mondo che ci circonda e trovare e costruire il proprio posto, la propria realizzazione. Mi auguro perciò che in questi tre anni che abbiamo davanti si possa strutturare intorno al progetto FLIC una rete di interessi che restituisca al territorio un laboratorio, che continui a pensare al futuro delle nuove generazioni a lungo.
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