La Rete di Nicoletta a Firenze: criticità e proposte

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Con una conferenza stampa a Firenze lunedì 15 aprile 2024, nella magnifica Sala Luca Giordano a Palazzo Medici Riccardi, sede della Città Metropolitana Fiorentina, la Rete di Nicoletta ha fatto il punto sul primo anno di implementazione delle Linee di Indirizzo per la presa in carico delle donne e dei/lle minorenni vittime di violenza di genere.

La Rete di Nicoletta è un programma sostenuto dalla Regione Toscana, avviato nel 2018 e dedicato alla figura di Nicoletta Livi Bacci, fondatrice e storica presidente di Artemisia, che ricordiamo come quercia della storia dei centri antiviolenza. Un programma che ci piace pensare di poter ulteriormente sviluppare in futuro, nel medio/lungo periodo, che ha visto una attiva collaborazione con diversi enti istituzionali e strutture socio-sanitarie del territorio fiorentino.

Dal 2018 al 2022

  • nella casa di seconda accoglienza a medio e basso rischio aperta da Artemisia, rivolta a donne e minorenni in uscita da situazioni di violenza che non necessitano più del livello di protezione garantito dalla casa rifugio, sono state accolte complessivamente 14 donne e 18 minorenni, ovvero 14 nuclei familiari: 6 sono ora in autonomia; 3 in semi-autonomia; 3 in altre strutture; 2 attualmente in casa. La permanenza media in struttura è di circa 1 anno, 1 anno e mezzo;
  • è stato potenziato il pronto intervento e l’emergenza nelle zone di Firenze con il coinvolgimento delle Società della salute (SdS) Nord-Ovest e SdS Sud Est;
  • sono stati svolti numerosi percorsi di formazione e approfondimento rivolti a/llei professionisti/e della rete che hanno coinvolto negli anni centinaia e centinaia di operatrici ed operatori;
  • sono stati aperti nuovi sportelli in convenzione con le SdS Mugello a Barberino; SdS Nord Ovest a Campi Bisenzio e reso settimanale lo sportello di Lastra a Signa e Scandicci;
  • e sono state definite le Linee di Indirizzo per la presa in carico di donne e minorenni vittime di violenza di genere varate nel 2022 ed implementate nel 2023.

I due principali obiettivi del programma La Rete di Nicoletta sono:

  • Attivare sinergie strutturate tra istituzioni e terzo settore, con il centro antiviolenza come soggetto obbligatorio, per la tutela di donne e minorenni vittime di violenza di genere;
  • Sviluppare e strutturare modalità di intervento omogenee in territori diversi tra loro.

Queste parole chiave – sinergia, integrazione, omogeneità – sono centrali, e sono il faro che ha guidato il percorso svolto fino a qui, con tanto impegno, fatiche e anche importanti soddisfazioni.

Quando parliamo di rete abbiamo ben chiaro che nella rete ci sono i nodi, ma ci sono anche i buchi e spesso le persone vittime di violenza rischiano di cadere più spesso nei buchi, se non riusciamo a stringere le maglie della rete e provare a rendere stabile e strutturale, ovvero sistemico, quello che si sperimenta all’interno del programma.

A cominciare dal parlare un linguaggio comune, cosa non banale per la diversità dei soggetti e degli attori della rete stessa.

Per proseguire con l’esigenza di integrare e rendere omogeneo il lavoro con donne e minorenni vittime di violenza di genere in 4 zone socio sanitarie che hanno territori, struttura e funzionamenti organizzativi molto diversi tra di loro.

Questa complessità si può affrontare grazie alla collaborazione pluridecennale innanzitutto con i servizi sociali, che è il nodo della rete con il cui il centro antiviolenza ha maggiore storicità di collaborazione, all’interno di questo programma. Quello della Rete di Nicoletta è un programma avanzato, molto importante che si basa proprio su quanto di consolidato è stato costruito negli anni. Le Linee di indirizzo sono l’esito del percorso del programma, laddove esiste un livello di formalizzazione della stessa collaborazione.

La rete si è dunque rafforzata, sono rafforzati i propri professionisti, grazie alla crescita del livello e delle competenze tecnico-professionale in questi 5 anni. Però devono esistere delle precondizioni, dei presupposti strutturali senza i quali non è possibile stare a questo livello così avanzato, né implementarlo adeguatamente.

Dai questionari e dai focus group con le assistenti sociali svolti nell’ambito dell’implementazione 2023 emergono importanti criticità in merito alle precondizioni per l’applicazione delle Linee guida che proviamo a passare in rassegna.

Le assistenti sociali segnalano il sovraccarico delle professioniste, l’elevato turn-over del personale, la mancanza di spazi dedicati all’ascolto delle vittime adeguati a garantirne riservatezza e creare le condizioni per l’accoglienza, la mancanza di  tempo per gli scambi con l’equipe (centro antiviolenza, Codice Rosa, all’interno del servizio sociale)  e l’eccessiva burocratizzazione che impedisce alle professioniste di svolgere adeguatamente il proprio lavoro.

Queste precondizioni organizzative e strutturali, che richiedono di essere sostenute da politiche coordinate e continuative di cui parla la Convenzione di Istanbul, sono dei presupposti essenziali per l’attuazione di un programma tanto raffinato come quello della Rete di Nicoletta, ma sappiamo non sono ancora acquisite.

Ancora: quando parliamo dei percorsi per uscire dalla violenza parliamo di sociale, ma anche di sanitario e di giudiziario.  

Riflettendo sull’ integrazione tra sociale e sanitario: probabilmente è un errore iniziale su cui riflettere (eventualmente per correggerlo) che il Codice Rosa non sia un vero e proprio partner formale all’interno di questo progetto.

Anche per il Codice Rosa esistono fragilità organizzative e strutturali emergenti che richiedono di essere evidenziate nello sforzo condiviso di sostenere il cambiamento e le potenzialità insite nel lavoro di confronto ormai pluriennale che stiamo portando avanti insieme. Le referenti Codice Rosa sono poche, sono attualmente una per zona e in alcune zone sono state assenti per tanto tempo. Come può una persona da sola essere referente su questi temi? Può darsi che la risposta sia aumentare il lavoro di equipe interistituzionale, ma allora deve essere riconosciuto e programmato.

Da alcuni ospedali, ad esempio il Torre Galli, le referenti del Codice Rosa ci segnalano che la Stanza Rosa, prevista dal programma, in realtà non è più individuata e che le donne devono essere ascoltate in corridoio, nel pronto soccorso, davanti alle scrivanie dell’accoglienza, con evidenti problemi di lesione della privacy, ostacolo all’accoglienza e alla comunicazione.

I percorsi di uscita dalla violenza intrecciano non solo il sociale e il sanitario ma anche il giudiziario che resta una della maggiori criticità vissute dalle donne e patite nei percorsi, anche nell’intreccio tra civile e penale. Possiamo pensare di avanzare nell’interlocuzione con il Tribunale Ordinario almeno sul Comune di Firenze? Come il livello politico più aiutare quello tecnico? Che prospettive, percorsi e pratiche si possono immaginare?

Emerge dai questionari e dai focus group con le operatrici e le assistenti sociali che il lavoro con il CAM, Centro di ascolto uomini maltrattanti, è una seria criticità, anzi addirittura ancora è un territorio poco conosciuto. Sappiamo che il rapporto delle donne con gli autori di violenza è uno dei nodi vissuti con maggiore problematicità, in generale e soprattutto quando ci sono figli minorenni. Ce lo hanno detto le donne stesse all’interno dei focus group.

Quello che pensiamo è che oltre al collegamento col CAM sul piano tecnico-professionale manchi proprio una cornice d’insieme, un quadro generale in cui muoversi senza lasciare ai singoli professionisti la difficoltà e la complessità di relazionarsi su questi temi.

Sono uscite a settembre 2022 le nuove Intese Stato-Regioni, che dovevano essere attuate i primi dell’anno, ma che sono state prorogate di 18 mesi. Per la prima volta di tratta di due Intese: una per centri antiviolenza e case rifugio (come da sempre) e una per i CUAV, centri uomini autori di violenza.

La Regione può svolgere un ruolo importante di coordinamento e facilitazione. Per questo chiediamo ad Alessandra Nardini, Assessora all’Istruzione, e a Serena Spinelli, Assessora alle Politiche sociali, di lavorare insieme per definire un quadro comune, quella cornice strategica, chiamiamole Linee Guida attuative, dei protocolli e delle procedure, perché altrimenti si demanda al livello professionale e individuale – scaricando sui singoli professionisti o al rapporto tra CAM e Artemisia – l’interpretazione e l’attuazione dell’Intesa stessa con conseguenze che potrebbero essere molto problematiche.

Serve formalizzare la collaborazione all’interno della rete e serve farlo innanzitutto dal punto di vista politico, formalizzando una cornice d’assieme, affinché possa essere declinata in dettaglio a livello tecnico professionale. Integrazione, omogeneità, sinergia sono parole chiave che non possono essere attuate senza il necessario livello di formalizzazione.

La politica deve fare delle scelte e non può delegare soltanto al tecnico professionale quella che è la visione, la direzione, la strategia da intraprendere su queste tematiche. Si tratta concretamente di operare delle scelte, di definire le priorità, fare degli investimenti di risorse e strutture e di messa a sistema di quelle buone pratiche che possono essere solo così finalmente riconosciute e valorizzate.

Elena Baragli
Presidente di Artemisia 

 

Sullo stesso tema è disponibile anche l’intervento di Marianna Giordano, presidente del CISMAI: Le linee di indirizzo della Rete di Nicoletta: come e perché funzionano

 

 

 

 

 

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