Il bisogno di “vedere doppio”

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La violenza domestica si accompagna quasi sempre, quando agita in relazioni di coppia con figli e figlie, a un’esposizione di questi ultimi alla violenza assistita. Questo articolo, scritto per il blog del progetto DREAM da Serena Grumi, psicologa e ricercatrice Post-Doc presso il laboratorio di Psicobiologia dello Sviluppo dell’IRCCS Fondazione Mondino di Pavia, analizza la presa in carico diadica di mamma e bambino/a in questi casi.

Serena Grumi ha dedicato grande attenzione a queste tematiche nel suo percorso di ricerca, oltre ad aver lavorato come operatrice d’accoglienza in un centro antiviolenza. Insieme a Luca Milani, professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo all’Università Cattolica del Sacro Cuore e membro del Comitato scientifico del progetto DREAM, ha recentemente pubblicato il manuale Psicologia della violenza di genere (Vita e Pensiero, 2023) che affronta con un approccio multidisciplinare proprio la violenza nelle relazioni di intimità e la violenza assistita.

Come ampiamente documentato dalla letteratura scientifica e dall’esperienza clinica, la violenza domestica e la violenza assistita rappresentano una grave minaccia al benessere psicofisico di donne e bambini. Nonostante il suo impatto sia stato a lungo sottostimato, la violenza assistita è stata finalmente riconosciuta una forma primaria di maltrattamento all’infanzia (Save the Children, 2011; Trout, 1999) al pari del maltrattamento fisico e della trascuratezza. Il CISMAI la definisce come l’esperire da parte del bambino qualsiasi forma di maltrattamento compiuto attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale, economica e atti persecutori su figure affettivamente significative.

Come si può immaginare dai dati di prevalenza della violenza domestica (più precisamente intimate partner violence, violenza nelle relazioni di intimità), una grossa fetta di questi casi è rappresentata dall’esposizione al maltrattamento sulle madri. Inoltre, se si considera che per parlare di violenza assistita non è necessaria l’esposizione diretta (ad es. vedere o sentire le violenze), ma è sufficiente l’esposizione indiretta (ad esempio venire a conoscenza della violenza agita) o il percepirne gli effetti (sia fisici, che psicologici, acuti o cronici), si evince come violenza domestica e violenza assistita siano fenomeni largamente sovrapponibili, come due facce della stessa medaglia.

Questa premessa è essenziale per la rilevazione dei casi di violenza assistita, come richiesto dai Requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita del CISMAI, principale documento di riferimento operativo per i professionisti. Come raccomandato, è cruciale una adeguata distinzione tra situazioni di conflitto, che implica una simmetria tra i partner, e violenza domestica, che è caratterizzata da un’asimmetria di potere e dal desiderio di un partner di sottomettere, controllare e danneggiare l’altro. In questo ultimo il caso, risulta essenziale verificare e far emergere anche la presenza di violenza assistita. Infatti, il rischio è che tali minori restino “invisibili”, non vengano riconosciuti come vittime di maltrattamento e, di conseguenza non ricevano protezione e supporto adeguati.

Ad ampio raggio, la mancata rilevazione della violenza assistita incide anche sulla stima dell’effettiva prevalenza del fenomeno. Nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati diffusi dal report dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (2021), in collaborazione con il CISMAI e la Fondazione Terre des Hommes Italia, ben il 32,4% delle situazioni di maltrattamento prese in carico dai Servizi sociali a livello nazionale riguarda la violenza assistita, come forma prevalente di maltrattamento. Tuttavia, tali percentuali sono sottodimensionate rispetto alla reale diffusione del fenomeno, ancora largamente sommerso.

Nella successiva fase di protezione, la prima azione necessaria per ridurre il rischio di danno verso le bambine e i bambini è quella di operare perché la violenza verso le loro madri venga interrotta il prima possibile.

È importante considerare che il coinvolgimento dei bambini nella violenza domestica può verificarsi non solo durante la convivenza dei genitori, ma anche durante e dopo la separazione. Così come per la donna, la separazione è una fase ad altissimo rischio di escalation della violenza e i figli minori potrebbero essere coinvolti e strumentalizzati per controllare e/o danneggiare indirettamente la madre. Una valutazione del rischio di recidiva sia per il minore che per la madre, anche mediante l’uso di strumenti validati (Baldry 2016; Milani & Grumi, 2023; Milani et al., 2023), può orientare l’individuazione degli interventi di prevenzione più idonei.

Tra i requisiti minimi della fase valutazione nel complesso processo di presa in carico, merita un particolare approfondimento la valutazione delle competenze genitoriali materne nei casi di violenza assistita, poiché presenta alcune importanti specificità rispetto ad altre forme di maltrattamento all’infanzia. Si tratta infatti di madri che sono, o sono state, anche donne vittimizzate e traumatizzate. Questo richiede ai professionisti dei Servizi sociali della Tutela Minori una formazione specialistica sulla violenza domestica, al fine di riuscire a “vedere doppio” (dall’inglese to see double, Fleck-Henderson, 2000), ossia individuare un punto di equilibrio tra i loro incarichi e obblighi in termini di protezione del minore da un lato, e il lavoro di supporto e sostegno alla diade mamma-bambino/a dall’altro.

Conoscere approfonditamente le dinamiche della violenza nelle relazioni intime, permette di valutare le competenze genitoriali materne senza scotomizzare eventuali difficoltà rilevate dall’esperienza traumatica vissuta da queste donne e dalle sue conseguenze psicologiche. È essenziale che prima di effettuare tale valutazione la violenza sia stata interrotta e che siano state messe in campo adeguate azioni di protezione di madre e figli, per evitare che lo stato di mancata sicurezza e paura della donna possano mettere sotto scacco alcune competenze genitoriali, e condurre a una fotografia pregiudizievole e poco accurata della sua qualità di parenting e di come questa possa evolvere nel tempo (Milani & Grumi, 2023).

La letteratura scientifica sull’impatto della violenza domestica sulla genitorialità materna propone un quadro di risultati non univoci. Come si può immaginare, la ricerca in questo ambito è particolarmente complessa, il che implica limiti metodologici che riducono, almeno in parte, la solidità e generalizzabilità dei risultati. La più recente metanalisi (Chiesa et al., 2018) condotta al fine di sintetizzare, anche dal punto di vista statistico, lo stato dell’arte sul tema ha mostrato che frequenza e gravità della violenza subita per mano del proprio partner erano associate in modo statisticamente significativo a minor parenting positivo e a maggior rischio di trascuratezza, maltrattamento fisico e psicologico verso i figli.

Tuttavia, tali dati vanno letti con un approccio critico: come sottolineato anche dagli autori, la forza di tali associazioni è molto modesta e si rileva una grande eterogeneità tra i risultati dei singoli studi. Possiamo dedurre che vi siano altri fattori intervenienti molto più esplicativi della mera esperienza di violenza vissuta, come eventuali sintomi ansiosi, depressivi e/o post-traumatici da questa generati che possono avere un impatto più diretto sulla genitorialità.

Adeguate valutazione e promozione del benessere e della genitorialità materna svolgono un importantissimo ruolo protettivo per lo sviluppo del bambino e per la riparazione dell’esperienza di maltrattamento vissuta. In questo scenario, la presa in carico diadica e la promozione di interventi di sostegno non solo individuali, ma anche focalizzati sulla relazione mamma-bambino, permettono di perseguire al tempo stesso la tutela e lo sviluppo del minore, così come la promozione del benessere materno, con un impatto positivo sia a breve che a lungo termine.

 

Serena Grumi

 

Riferimenti bibliografici

  • Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza (2021), II indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia. Disponibile online: https://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/2021-07/ii-indagine-nazionalemaltrattamento-2021.pdf
  • Baldry A.C. (2016), Dai maltrattamenti all’omicidio. La valutazione del rischio di recidiva e dell’uxoricidio, Milano, FrancoAngeli.
  • Chiesa, A. E., Kallechey, L., Harlaar, N., Rashaan Ford, C., Garrido, E. F., Betts, W. R., & Maguire, S. (2018), “Intimate partner violence victimization and parenting: A systematic review”, in Child abuse & neglect, 80, 285–300.
  • CISMAI (2017), Requisiti minimi degli interventi nei casi di violenza assistita. Disponibile online: https://cismai.it/assets/uploads/2017/05/Opuscolo_ViolenzaAssistita_Bassa.pdf
  • Fleck-Henderson, A. (2000), “Domestic violence in the child protection system: Seeing double”, in Children and Youth Services Review, 22, 333–354.
  • Milani, L., & Grumi, S. (2023), Psicologia della violenza di genere, Milano, Vita e Pensiero.
  • Milani, L., Grumi, S., Camisasca, E., Miragoli, S., Cattani, M., & Di Blasio, P. (2023), “The CPS Workers’ Child Removal Decision in Cases of Domestic and Witnessed Violence”, in Journal of interpersonal violence38(9-10), 6819-6842.

 

Credit foto nel testo: Mother hugging and kissing her child at airport by Jacob Lund – Photography from Noun Project (CC BY-NC-ND 2.0)

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