Arte e STEAM per contrastare il Digital Divide
di DOORS
Perchè un ragazzino dovrebbe mettersi davanti ad un pc per seguire una lezione on-line? Se lo è chiesto Marta Bariolo, educatrice esperta di STEM di Fablab For Kids che sta seguendo i laboratori di Progetto DOORS dedicati a robotica, coding e stampa 3d per l’Agenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario Onlus a Torino.
Il fallimento della didattica a distanza ha, da un lato, rimesso al centro della discussione pubblica il tema del ritardo digitale nel nostro paese, dall’altro, ha evidenziato le nuove competenze che si possono acquisire attraverso le tecnologie. “La quarantena (purtroppo solo per coloro che avevano a disposizione una strumentazione informatica adeguata) è stata l’occasione per ampliare le proprie capacità, soprattutto nell’ambito del problem solving e del creative thinking: basta essere on-line per imparare a utilizzare un ambiente di programmazione a blocchi o un programma di modellazione 3D.”
“Oggi il semianalfabetismo tecnologico per un ragazzo che esce dalla scuola, è ancora più temibile (perché penalizzante sul mercato del lavoro) del semianalfabetismo in discipline che noi siamo portati a considerare cruciali per la formazione, come l’italiano scritto e parlato, la matematica, la storia. La competenza circa i mezzi, gli strumenti, è ormai più importante della conoscenza delle cose.”
I: L’altro giorno ci hai confidato “ce li stiamo perdendo tutti”. Quali limiti sono emersi con la didattica a distanza? Ci sono famiglie di “serie A” e famiglie di “serie B”?
MB: Ci sono due grandi distinzioni da fare, con le relative sfumature. La prima riguarda la questione economica, ovvero chi può e chi non può permettersi gli strumenti (computer e connessione internet). Questo è un dentro o fuori: chi non ha internet non può seguire nulla; questo vale sia per chi non possiede un router, ma vale anche per chi ha una pessima connessione. Se a casa c’è un solo pc e hai uno, due o tre fratelli più grandi, il pc non spetta a te: quindi puoi “seguire” ma non puoi “fare”.
In secondo luogo c’è una distinzione di tipo culturale. Con questo non intendo dividere i ragazzi tra “figli dei professoroni” (perdonate il termine) da una parte e i “figli degli operai” dall’altra. Mi riferisco a chi è cresciuto in un ambiente dove si possiedono conoscenze informatiche di base e/o se ne intuisce il potenziale, soprattutto per le nuove generazioni, e chi invece per ignoranza, disinteresse o supponenza considera i computer come una perdita di tempo e/o luogo di perdizione. “Quella cosa che gli brucia il cervello e gli occhi”, “la disinformazione è colpa di internet” (e potrei continuare per ore). Questo non è necessariamente legato alla condizione economica.
E qua torniamo al discorso PC vs TABLET o peggio SMARTPHONE. Perché le famiglie investono sui secondi molto di più rispetto ai primi? Perché è assodato che si debba comprare uno smartphone da 200 € ad ogni ragazzo e invece non si pensa ad 1 pc per ogni ragazzo? Secondo le statistiche questo dipende dal fatto che siamo diventati fruitori totalmente passivi della tecnologia che ci circonda.
Anche la questione della connessione non è legata esclusivamente alle risorse economiche e/o a quelle culturali; il problema è piuttosto dovuto al ritardo del nostro paese a livello di infrastruttura: possediamo sia il “potere d’acquisto” che le conoscenze necessarie per affrontare l’installazione e gestione di una connessione internet. MA: il palazzo è vecchio; i cablaggi non arrivano; la terminazione dei fili è in rame.
A questi, si aggiungono i problemi di sempre della scuola: chi è indietro, chi ha difficoltà di qualsiasi tipo e chi è pigro, ha tutte le opportunità (di cui sopra) a cui appellarsi per NON fare. Chi è invece più sveglio e in classe può essere stimolato maggiormente rimane bloccato dalle questioni “tecniche” o, nell’ipotesi in cui tutto funzioni, è giustamente annoiato dal ritmo mortale delle lezioni, dalle continue interruzioni, dalle domande ripetute mille volte, ecc…
I: Nei laboratori STEAM che segui all’I.C. Manzoni di Torino nell’ambito del Progetto DOORS, insegni ai ragazzi e alle ragazze coding, modellazione 3d e robotica. Quali competenze e capacità stanno imparando?
MB: Anzitutto è bene chiarire che le STEAM rappresentano un approccio multidisciplinare allo studio delle materie scientifiche. Un articolo tratto dallo School Education Gateway, lo spiegava nel 2018 in modo chiaro: Leonardo da Vinci e Michelangelo non furono solo pittori e scultori, ma anche inventori, ingegneri e scienziati: per loro, non c’erano confini tra scienza e arti. Aggiungere una A (per arte) alle STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) a creare l’acronimo STEAM significa adottare un nuovo approccio. Attraverso le STEAM, chiunque può acquisire un atteggiamento sistemico e sperimentale, ricorrendo all’immaginazione e al mettere in connessione le idee.
In questi mesi abbiamo sperimentato varie discipline. Abbiamo ad esempio utilizzato Scratch (che significa coding). Scratch è un ambiente di programmazione, un sito, una community di riferimento per mostrare al mondo i propri progetti, condividendo idee. Il modo più semplice e divertente di sviluppare il pensiero computazionale è attraverso la programmazione (coding) in un contesto di gioco. Un’appropriata educazione al pensiero computazionale, che vada al di là dell’iniziale alfabetizzazione digitale, è infatti essenziale affinché le nuove generazioni siano in grado di affrontare la società del futuro non da consumatori passivi ed ignari di tecnologie e servizi, ma da soggetti consapevoli di tutti gli aspetti in gioco e come attori attivamente partecipi del loro sviluppo.
L’obiettivo non è quello di far diventare tutti programmatori informatici, ma di diffondere conoscenze scientifiche di base per la comprensione della società moderna. Capire i princìpi alla base del funzionamento dei sistemi e della tecnologia informatica è altrettanto importante del capire come funzionano l’elettricità o la cellula. Le competenze acquisite mediante il pensiero computazionale sono di carattere generale perché insegnano a strutturare un’attività in modo che sia svolta da un qualsiasi “esecutore”: un calcolatore, ma anche un gruppo di lavoro all’interno di una azienda o di un’amministrazione pubblica. Inoltre, la conoscenza dei concetti fondamentali dell’informatica aiuta a sviluppare la capacità di risoluzione di problemi e la creatività.
Abbiamo anche sperimentato la modellazione e stampa 3D: i ragazzi hanno progettato un logo e costruito un gadget della propria classe, sperimentando il processo creativo di costruzione di un’identità condivisa. Quello che mi affascina di più della stampa 3D e che voglio trasmettere loro è che con questa tecnologia, di fatto, ci stiamo riappropriando dei mezzi e dei processi di produzione. A partire dalla rivoluzione industriale, si è creato un meccanismo di “separazione del lavoro dagli strumenti” (e questo lo spiega molto bene Marx) che ha avuto come conseguenza la perdita di controllo sul prodotto: maneggiamo cose tutti i giorni, tutto il giorno… ma sappiamo veramente come sono fatte? Perché sono fatte così? Siamo in grado di stimarne il “valore” effettivo? Valore in termini non tanto di soldi, ma di ore spese a pensare, progettare, prototipare e infine produrre e distribuire quell’oggetto.
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