Pedagogia del Desiderio: educare e educarsi alla bellezza, all’arte e all’estetica per contrastare le disuguaglianze
di DOORS
Progetto Axè è uno dei fondamentali partner di Progetto DOORS poiché propone un Modello Educativo integrato per contrastare la povertà educativa e culturale in contesti di degrado socio-economico e discrimiazione, attraverso lo strumento della Pedagogia del Desiderio, accostata alle STEAM.
Axè nasce nel 1990 in Brasile, fondata da Cesare de Florio La Rocca. Un’organizzazione non profit che lavora per sviluppare il potenziale illimitato dei giovani, mettendo al centro il bambino che diventa soggetto di diritto, di conoscenza e di desiderio. Rocco Fava di Progetto Axè Italia ci racconta gli strumenti attivati in questi anni.
I: Quali sono i punti cardine della Pedagogia del Desiderio?
Rocco Fava, Progetto Axè: La pedagogia del desiderio è nata dall’ascolto e dall’interazione degli educatori con bambini, adolescenti e giovani che popolano le strade di Salvador Bahia in Brasile. La scoperta è stata che un’educazione precostituita, rigida ed oppressiva non funziona mai, ed è destinata a fallire ancor di più in contesti di abbandono, povertà, oppressione e discriminazione sociale. Qualunque intervento esclusivamente assistenziale, se pur mosso da buone intenzioni, si rivela inefficace e controproducente sé prima di tutto non si comprende quanto sia necessario che i bambini si sentano stimolati e messi nella condizione di poter tornare ad esprimere loro stessi e dunque il loro desiderio.
Il presupposto giuridico e antropologico su cui si basa la Pedagogia del Desiderio è il riconoscimento che ogni educando è soggetto di diritto, soggetto di conoscenza e soggetto di desiderio. Tra i diritti prioritari sanciti dalla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza (Ginevra 1989), riconosciamo il diritto all’educazione, alla conoscenza e aggiungiamo il diritto alla Bellezza, concependole come dimensioni indispensabili per qualunque processo educativo.
L’educand* è soggetto di conoscenza perché portatore di sapere, di tradizioni, di esperienze, di cultura e non un contenitore vuoto da riempire, correggere o istruire: il “bambino competente” di Loris Malaguzzi è anche soggetto di Desiderio, dove Desiderio è quel motore/potenza in grado di generare trasformazione, consapevolezza, identità e autonomia per scoprirsi artefici (e quindi protagonisti) del proprio progetto di vita. In questo senso, la scoperta o riscoperta da parte del ragazz* del proprio Desiderio, attiva un processo che porta, da una situazione iniziale di inadeguatezza e senso di fallimento, alla scoperta delle possibilità e potenzialità di sovvertire la propria condizione di esclusione sociale. In questo senso quindi, “Pedagogia del desiderio” e “Arteducazione”, considerano (parafrasando il filosofo Paulo Freire) il lavoro educativo come un atto politico in cui molteplici attori (scuola, famiglia, società, istituzioni, organizzazioni del terzo settore) sono i co-protagonisti responsabili della costruzione delle condizioni che rendono possibile a tutti i ragazz* (soprattutto a quelli immersi in una povertà educativa spesso legata ad un contesto sociale ed economico fragile) di ricevere la “migliore educazione possibile”.
I: L’Arteducazione afferma che è impossibile educare senza l’arte, la bellezza, l’estetica. In che modo si traduce questo principio? In che cosa consistono i percorsi di Arteducazione?
Progetto Axè: L’Arteducazione è una pratica educativa, parte di una teorizzazione più complessa chiamata “Pedagogia del Desiderio”, che la ONG brasiliana Projeto Axé – Centro per la difesa del bambino e dell’adolescente ha sviluppato e utilizza da 31 anni per contrastare le condizioni di povertà e abbandono dei bambini di strada nella città di Salvador di Bahia. La teorizzazione della Pedagogia del Desiderio ha così potuto strutturare una prassi pedagogica che Projeto Axé ha chiamato Arteducazione. Questa si fonda sul principio che è impossibile educare senza ricorrere alla dimensione dell’arte, della bellezza, dell’estetica. Se un soggetto ha perso la capacità di desiderare, la bellezza è quella dimensione capace di risvegliarla.
“L’arte produce bellezza e la bellezza, stimolando il desiderio, permette che il soggetto si trasformi. È dunque l’arte la potenza capace di generare trasformazione”
Projeto Axé riconosce che nessuno strumento, nessuna forza, nessuna esperienza è così capace di entusiasmare l’essere umano quanto le manifestazioni artistiche. L’arte suscita nel soggetto una duplice esplosione: esso si scopre fruitore e ammiratore di bellezza e al contempo un suo potenziale artefice e produttore in prima persona.
È dunque necessario riconoscere come i bambini siano soggetti affamati di bellezza e deve essere data loro la possibilità di frequentarla e di produrla attraverso la sperimentazione dei molteplici linguaggi artistici. L’arte è dunque una dimensione decisiva e fondamentale nel processo di crescita perché risveglia il desiderio: “solo il cadavere non ha desiderio” diceva Lacan. Da un punto di vista antropologico, il desiderio è una dimensione umana collegata ad una mancanza e tale assenza è generatrice di un’angoscia costitutiva che abita l’essere umano e riceve risposte diverse a seconda di come ogni soggetto si relaziona ad essa. Tanti soggetti, tra cui purtroppo molti bambini, adolescenti e giovani, si rivolgono alla droga in modo da impedire che questa angoscia vitale si faccia sentire. Questo tipo di risposta produce però nel soggetto una progressiva perdita di forza vitale perché il desiderio viene addormentato, sedato, anestetizzato.
La risposta educativa di Axé a questa mancanza, il più delle volte fatta di assenza di possibilità e prospettive di futuro, è quella di stimolarli e spingerli a desiderare. Il contatto con l’arte e le sue espressioni si è dimostrato un percorso di crescita e di ricerca perché stimola i soggetti a tornare a riconoscere le loro mancanze senza relazionarsi ad esse con paura e così fuggendo da esse. L’arte produce bellezza, e questa stimola il desiderio, pur non soddisfacendo una volta per tutte chi la produce.
I: Nell’ambito di Progetto DOORS come avete portato la vostra pratica? Quali percorsi sono stati attivati a livello nazionale?
Progetto Axè: Uno dei principi della pratica di Axé è riconoscere i diritti non solo degli educandi ma anche degli educatori. Non è possibile lavorare in ambito educativo, ancor di più in contesti di povertà e abbandono, se non si è ben preparati, se non si ha una solida base teorica. Per questo chi pratica l’Arteducazione deve riconoscersi in un percorso di formazione permanente e continua, e lottare perché questo diritto sia riconosciuto come una parte essenziale del proprio lavoro.
Non esiste pratica senza teoria: le due dimensioni devono essere costantemente praticate e ripensate, in un percorso di aggiornamento continuo. Su questa base all’interno di Progetto Doors abbiamo attivato percorsi formativi e di analisi della pratica in tutte le città dove si realizzano le attività con i ragazz*. Purtroppo nel mondo dell’educazione si sottovaluta quanto siano importanti i momenti di riflessione e di ricerca, momenti nei quali gli educatori hanno la possibilità di riflettere criticamente su quanto fanno e tramite il confronto e lo stimolo reciproco educarsi vicendevolmente. Paulo Freire, primo formatore degli educatori di Axé in Brasile scriveva: “nessuno educa nessuno, nessuno si educa da solo, gli uomini si educano in comunione”.
Con i percorsi di formazione e analisi della pratica rivolte ad educatori, docenti e genitori abbiamo creato dei momenti dove i partecipanti, sospendendo la pratica educativa quotidiana con gli educandi, hanno avuto la possibilità di vivere un percorso di costruzione di conoscenza, condividendo il piacere della ricerca, dell’approfondimento e della scoperta in uno spazio collettivo, comunitario e democratico. La possibilità di attuare percorsi di questo tipo ha dato non solo nuovi strumenti ma ha anche generato la consapevolezza tra tutti i partecipanti che Progetto DOORS sia un progetto politico-pedagogico condiviso, capace e desideroso di portare trasformazione. Famiglie, docenti delle scuole, educatori devono riconoscersi in principi, valori, pratiche e linguaggi comuni. Tutto ciò va nella direzione della costruzione di una comunità educante capace di essere comunità proprio grazie alla costruzione di un humus comune. Il processo è stato avviato grazie a questi tre anni di progetto: ora dobbiamo trovare il modo per non interromperlo.
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