10 ANNI DI MATEMU’: UN GRANDE TEAM AL SERVIZIO DELLA COMUNITA’

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Il 29 ottobre si è tenuto l’open day del nuovo “anno didattico” di MaTeMù, durante il quale sono stati presentati tutti i laboratori previsti anche per quest’anno, lo spazio libero condiviso a disposizione dei giovani del Municipio I di Roma e i corsi gratuiti disponibili anche per giovani adolescenti dai 10 ai 14 anni e per le loro famiglie.

In questo luogo crocevia di arte, condivisione, scambio culturale e sociale, si svolgono anche i laboratori gratuiti del Progetto DOORS.

A parlarvi di MaTeMù è Dina Giuseppetti, responsabile di questo centro artistico giovanile per il CIES, che dieci anni fa, con tutto il resto dello staff, ha avviato questo progetto inesplorato e ambizioso.

Dina: Tutti abbiamo dato una mano a diffondere l’open day, per noi fondamentale per iniziare l’anno in condivisione e col pieno appoggio della comunità locale: abbiamo persino consegnato una lettera nelle cassette della posta di tutte le case e i condomini della zona! Insieme abbiamo coperto, con tanto di cartina evidenziata suddivisa strada per strada, tutte le vie limitrofe al Centro. Tutto lo staff di MaTeMù e l’ufficio comunicazione del CIES si sono attivati e hanno dato una mano!

Quello che di più mi ha colpita, è stata la grande partecipazione social che l’open day ha sollecitato da parte di tutti – operatori ed educatori – creando un flusso di pensieri, post, commenti e condivisioni di questo evento. Non era mai successo prima, ciascuno ha dato la sua opinione, la sua “versione” di MaTeMù e ha amplificato l’invito a tutto il suo “pubblico” social.

Sono la coordinatrice di MaTeMù e dico questo, perchè davvero non so quante organizzazioni possano contare su collaboratori che diffondono e parlano all’esterno del lavoro che svolgono, mi sembra un riconoscimento grande e importante. E poi perché, sull’onda di quei post personali “spammati” nei social da ciascuno di noi, anche altre organizzazioni hanno sostenuto la diffusione di questo evento e hanno scritto di MaTeMù e anche questa è una cosa non così usuale.

La conversazione con Dina continua con la condivisione di alcuni post e alcuni pensieri di educatori e “cittadini” di MaTeMù…

Dina: Il filo conduttore dei post e dei pensieri che sono stati condivisi sui social, ci dà la percezione che MaTeMù sia il luogo delle possibilità, dove puoi provare a realizzare una tua idea: uno spazio polivalente di produzione culturale. Questo è stato possibile per esempio perchè abbiamo aperto le sale gratuitamente agli artisti della scena romana e al territorio. Un gesto che può sembrare ovvio, ma che in realtà è stato incredibile, tant’è che in tanti hanno cominciato a farlo dopo di noi. Dall’inizio, abbiamo gradualmente aperto ad altre fasce d’età, man mano che l’adolescenza ci cambiava tra le mani e i ragazzi diventavano da ribelli a solitari, sempre più chiusi nelle proprie stanze, sempre più “privati”. Abbiamo iniziato a parlare di accessibilità della cultura e dell’arte, prima che l’espressione “povertà educativa” riassumesse tante delle problematiche con cui entravamo in relazione. E ora, grazie anche al fondo dell’impresa sociale Con I Bambini, questa possibilità ci è stata data anche per quest’anno.

Per una volta dobbiamo dircelo, tra tanti difetti e migliorie possibili: abbiamo fatto bene e abbiamo fatto tutti insieme!”

E poi i suoi ricordi, la “molla” che scatta e che ti fa continuare con tenacia!

Dina: Durante l’open day, ripensavo a me e Fabrizio – dieci anni fa – dentro un furgoncino di ritorno da Ikea dove eravamo andati a comprare i mobili. Ripensavo a me, che mi chiedevo “Avrò fatto bene a lasciare l’altro lavoro? Ma ora poi come li montiamo ‘sti mobili? E come facciamo a fare un Centro Artistico Giovanile al centro di Roma… Di solito queste strutture sono in periferia… Quando siamo entrati in MaTeMù c’erano soltanto stanze vuote, ma lì abbiamo incontrato Francesco, Pino, Alessandro e un sacco di altre persone che non conoscevo (dall’amministrazione alla progettazione del CIES) arrivati per aiutarci a montare i mobili. L’Esquilino stava già cambiando, come me, come noi, come l’adolescenza e io pensai: “Vabbè, che può succedere, al massimo non funziona, staremo a vedere”.

E’ questa la storia delle sensazioni, delle percezioni di Dina rispetto a MaTeMù. Un open day – quello dello scorso ottobre – che ha riportato alla sua memoria tanti ricordi di condivisione, supporto e lavoro sinergico.

POSTI FANTASTICI E DOVE TROVARLI!
Martina Volpe – Liberi Nantes: “Mi ricordo la prima volta che sono entrata a Matemù. La prima cosa che ho pensato è stata: non è possibile che non ero ancora mai stata qui. La seconda: madonna, io qui ci vorrei lavorare. La terza: devo chiedere come hanno fatto ad appendere al soffitto tutte queste barchette di carta legate con corde e legnetti, sembra un oceano.

E in effetti, a ben guardare, MaTeMù a un oceano ci assomiglia. Dell’oceano ha la vastità del pensiero, che libero prende forma in attività educative creative, artistiche, musicali e teatrali. Dell’oceano ha la varietà, perché a MaTeMù si incontrano ragazzi e ragazze che arrivano un po’ da ogni parte del Mondo. Dell’oceano ha la ricchezza dell’unicità, che se entri una volta in questo luogo fatto come un sogno, di quel sogno ti resta per sempre il ricordo. Un oceano a misura di idea, a misura di umano”.

MATEMU’ POSTO UNICO A ROMA
Alberto Urbinati – Presidente Liberi Nantes: “Quando varchi la porta di ingresso ti ritrovi sul set di un “Saranno Famosi” in versione romana, inclusiva e popolare.
Solo che è tutto vero. I talenti sono davvero talenti, sono facce, corpi, suoni che si rincorrono nello spazio di pochi passi. Entri e non sai dove posare l’attenzione: qualcuno passa e ti saluta; un paio stanno svaccati su un divanetto a chiacchierare; si apre una porta e si richiude che hai giusto il tempo di sentire un sax che prova una scala; un passo dopo schivi una pallina da ping-pong vagante, mentre di lato ti sorpassano a velocità supersonica tre breakdancer cuffia-muniti; scusa per caso hai visto tizia? Boh si stava in quella stanza poco fa.

Ah, quindi non ci siete mai stati?”

PORTE APERTE
Marco Caputi – Presidente Coop. Diversamente: “Inevitabilmente, a Roma ci sono molte realtà: in alcune ci capiti, altre le scegli.
Vi consiglio di scegliere MaTeMù e se riuscite oggi passate a conoscerlo…
MaTeMù è una splendida esperienza romana in centro, per lo sviluppo delle arti e delle opportunità per tutti i giovani. Tutte gratuite con maestri d’arte e operatori preparatissimi.
Porte aperte tutto l’anno. Passateci!”

E POI CI SIAMO NOI!
Alice Di Paolo: “Avevo 15 anni. Andavo al liceo e mi piaceva provare a chiacchierare un po’ con tutti. Un giorno incontro Joel Peñaherrera Vargas e mi dice: “Mio fratello suona con la sua band in un posto a Manzoni, vuoi venire?” e pensai che sarebbe stata una figata epica vedere una band provare in sala prove! Una vera sala insonorizzata! Gratuita, accessibile a tutti!
Da quel momento, per me magico, mi ritrovai travolta in un uragano di mille idee, di suoni, di persone e di tanti stimoli!
Invito anche voi a farvi travolgere dall’uragano MaTeMù, perché ne vale la pena, perché è bello, perché sì!”

Gabriele Linari: “Otto anni fa sono entrato in quel portone di Via Vittorio Amedeo II, senza sapere cosa aspettarmi… Sono stato sommerso dalle idee, le mie solo in parte, soprattutto quelle di tutte le altre belle anime che colorano quelle sale… Ancora oggi quando racconto di lavorare in un posto dove si insegnano gratuitamente sax, chitarra, batteria, pianoforte, teatro, canto, danza hip-hop e breakdance, rap; dove si può giocare a biliardino, ping-pong, giochi da tavolo o passeggiare per i corridoi e guardare quello che succede (e succede qualcosa di continuo); dove la mattina ci si può proporre per residenze artistiche usufruendo delle sale (riscaldate, signori, RISCALDATE!) e dove si insegna italiano per stranieri, c’è l’orientamento al lavoro, recupero scolastico e sempre, sempre, tutto gratis…
Ancora oggi, quando racconto tutto questo, mi rispondono: “Possibile?”

Sì, se lo vuoi, risponderebbero quelle anime in perenne fermento di MaTeMù. Ma pochi capiscono davvero cosa sia questo posto. 

Martedì 29 ottobre abbiamo aperto le porte a voi tutti, per venire a vedere, conoscere, toccare con mano, proporre, scambiare, interagire, creare… Da noi e con noi… MaTeMù è una casa per tutti i pensieri possibili, tutti… Purché siano felici… Perché siano ascoltati…”

Adriano Rossi: “Non credo sia possibile raccontare MaTe in poche ore. Io lo vivo da 9 anni e ho amici che ancora non hanno capito che lavoro faccio! Ma respirarne l’aria, l’atmosfera, anche per un solo pomeriggio fa bene. Fa bene a quell’idea che forse, da qualche parte, c’è ancora un mondo possibile per cui lottare… E resistere!

Monica D’Angelo: “Quando ho deciso di scrivere un nuovo capitolo della mia vita professionale è da Matemù che sono ripartita. Venivo da esperienze che mi avevano riempito cuore e muscoli, che mi avevano reso mobile e forse anche un po’ nomade. Matemù per me è come ritornare a casa dopo un lungo viaggio, è quello spazio dove non sentirsi più stranieri a qualcosa o qualcuno, è lo spazio esistente del presente dove si è accolti e si vive quotidianamente l’arte dell’accoglienza e del crescere insieme. Non tenterò nemmeno di sintetizzare tutto quello che rappresenta e contiene Matemù, la cosa migliore è venirlo a capire di persona. Vi aspettiamo e ci sarò anche io a raccontarvi Sofel e tutto quello che ancora possiamo realizzare! “

Cristiano Urbani: “MaTeMù ha quasi 10 anni e, anno dopo anno, è cresciuto. Un megafono, un amplificatore di desideri e sogni, un pareggiatore di opportunità, una casa dell’arte, un luogo di “condivisione” reale. È tutto questo ed altro…e se venite lo scoprirete”.” 

Marco Principia: “Avete presente quando mi chiedete “ma dove lavori?” e io mi cimento nel provare a spiegarvelo, salvo poi capire dalla vostra faccia perplessa che ho sostanzialmente fallito nel tentativo?

Bene, lavoro a MaTeMù, il nostro Centro Giovani e Scuola d’Arte. E vi assicuro che viverlo anche solo per un’oretta è il modo migliore per capirlo o quantomeno avvicinarsi all’idea che un posto così “impossibile” dove si insegna arte, si sta insieme, ci si diverte, si studia l’italiano, ci si orienta nel mondo del lavoro, si riceve supporto psicologico, si aiuta a fare i compiti tutto rigorosamente aggratise…in realtà esiste. E fa bene alla salute.

Se vi va, ci vediamo lì. Per una chiacchiera, un bicchiere, una domanda…quello che volete!”

Cristina Gasperin: “Lavoro qui con Dina Giuseppetti, Adriano Rossi, Valentina Di Odoardo, Elisa Saiko Ciprianetti, Alice Cice Malpelo, Cristiano Urbani, Gabriele Linari, ÑaÑa Agamez, Lapo Vannini, Simona Macci, Carlo Conti, Simone Mammana De Meo, Gianluca Tomei, Cesar Nina e tanti altri da una manciata di mesi, è ancora forte l’emozione di quando ho scritto quel post, il 12 maggio scorso…”A volte ti si svuota il cassetto. E un cassetto vuoto è un’opportunità, perché lo puoi nuovamente riempire. E poi, anche se ci volevi credere, ha un po’ dell’incredibile. Soprattutto quando si avvera un sogno, che stava nel cassetto. Da ieri sono un’educatrice a MaTeMú del Cies. Ed era il mio sogno nel cassetto…”

Questa è l’occasione per venire a vedere Matemù! Ti aspetto per vedere il centro, sentire un concerto, bere un bicchiere, fare due chiacchiere, rispondere alle tue domande, ascoltare le tue storie!”

(Cristina Gasperin)

Margherita Valori: “Ogni volta che cerco di raccontare Matemù mi rendo conto di quante cose restino fuori dalle mie parole.
Quello che dico sempre è che non ho mai visto niente del genere, un luogo (non solo fisico) in cui chiunque può sperimentare se stesso, lo stare insieme e, se vuole, annusare le proprie potenzialità.
Banalmente: un centro di aggregazione giovanile aperto al territorio, una Scuola d’Arte gratuita, un posto in cui lavorano colleghi eccezionali (che meritano di essere conosciuti, uno per uno). Se verrete, capirete!

Simona Macci:I miei colleghi in questi giorni hanno descritto cos’è MaTeMú con l’intento di invogliare piú persone possibile a partecipare all’Open Day di domani. Non credo di aver mai letto cosí tante dichiarazioni d’amore di un gruppo nei confronti del proprio luogo di lavoro, e questo mi fa sentire fortunatissima.
Siccome hanno giá raccontato ogni aspetto della vita di Matemú, non mi rimane che rivelare cosa invece NON è MaTeMú.

MaTeMú non è un posto ordinato e silenzioso, uno di quei posti che cerchi quando non vuoi essere turbato. Non è un luogo nel quale andare per starsene da soli in disparte. A MaTeMú non incontri solo chi è uguale a te, chi ha i tuoi stessi interessi, la tua provenienza, le tue stesse possibilitá. Non ci sono muri né confini, dentro le mura di MaTeMú. Non ci sono pregiudizi, né giudizi, né distanze troppo grandi da non essere colmate. Non succedono solo cose belle a MaTeMú, non c’è sempre armonia, ma la ricerca della bellezza è il filo conduttore di ogni attivitá.
A MaTeMú non c’è solo il pane, e neanche solo le rose.

Venite a scoprire cosa sia questo posto incasinato, vivo, rumoroso e pieno”.

 

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