Nuovi compiti per una scuola sconfinata: intervista a Lucia Sorce
di Centro per lo Sviluppo Creativo Danilo Dolci
Le istituzioni devono affrontare l’evoluzione sociale, economica e politica rivedendo il proprio sistema, spesso chiuso e autoreferenziale, per farsi strumento di dialogo e coesione aperto al territorio.
La scuola, in particolare, è chiamata a progettare una didattica partecipata che preveda il pieno coinvolgimento delle famiglie, nel reciproco rispetto delle competenze. È, questo, uno dei temi chiave del progetto Dappertutto: l’investimento sulla relazione scuola-famiglia alla base della costruzione di una comunità educante. Si tratta di una dimensione che favorisce negli alunni apprendimento e benessere, incrementa il senso di efficacia e costruzione positiva del ruolo genitoriale e motiva le famiglie a partecipare attivamente alla vita scolastica dei figli.
Lucia Sorce è Dirigente Scolastico dell’Istituto Comprensivo Statale Amari-Roncalli-Ferrara di Palermo. La sua scuola è frequentata da più di 700 bambini, nei tre plessi dell’istituto, e un terzo di essi è interessato dalle attività del progetto. Ma la scuola non si occupa solo dei suoi piccoli beneficiari: allo sportello istituito all’interno dell’istituto si possono rivolgere tutti abitanti del quartiere Tribunali Castellammare di Palermo, e non solo, per avere informazioni sugli strumenti di sostegno al reddito, sui buoni pasto e l’assistenza alimentare, sulle donazioni di beni di prima necessità e sulle risorse per la didattica a distanza. Lo sportello accoglie anche chi, in questo momento parecchio delicato per l’economia locale e mondiale, deve ripensarsi dal punto di vista formativo e professionale.
Professoressa Sorce, come è avvenuto l’inserimento dell’Istituto nel progetto?
«L’anno scorso abbiamo costruito le fondamenta e quest’anno abbiamo dato forma alla casa, ma il Covid non ci ha permesso di curare i dettagli. Oggi il progetto è diventato parte integramte dell’offerta formativa. Ho imparato tantissimo dopo un anno di gestazione, non essendo semplice mettere insieme le anime di tanti soggetti. Trovo la co-progettazione proficua e stimolante per ragionare su un sistema integrato. La scuola ha un ruolo primario ma tutti siamo pezzi irrinunciabili dello stesso puzzle. Dopo ogni incontro di coordinamento vi sono sempre nuove soluzioni e adattamenti da ricercare e spunti da cogliere».
Dunque, i partner di progetto come tessere di un puzzle, che devono combaciare per dare senso e significato all’opera nel suo complesso. Come definirebbe i rapporti tra di voi?
«Ottimi. Abbiamo lavorato tanto prima del Covid, condividendo percorsi di progettazione partecipata ma, con l’emergenza, ci siamo trovati uniti più che mai nell’affrontare la ricerca di soluzioni possibili: oltre allo sportello di supporto alle famiglie, la Kalsa solidale, l’acquisto di dispositivi per il sostegno allo studio, l’educativa di strada…».
E la parte più entusiasmante del lavoro?
«La parte più densa di stimoli è stata la ricercazione sul curricolo 0/6 anni: nuovi libri, nuovi strumenti didattici e incontri con esperti di grande calibro, che saranno ripresi al più presto, non appena gli ultimi effetti della pandemia si saranno arrestati. Certo, pensare la scuola dell’infanzia in Didattica a distanza è qualcosa che nessuno aveva forse mai immaginato… tanto si è perso, ma molto rimarrà. Gli effetti più importanti, sugli studenti, si sono visti proprio nei laboratori di musica e teatro, guidati con professionalità da esperti ed educatori, seguiti con entusiasmo e partecipazione dai bambini che hanno mostrato, da subito, consapevolezza delle loro potenzialità e capacità di ottenere progressive conquiste. Fatto, questo, molto importante, perché nei primi anni di vita si costruiscono le basi per le strategie di apprendimento, espressione e relazione».
Preside, come immagina l’evoluzione delle attività di progetto nel corso del prossimo anno scolastico?
«Spero si possa realizzare la scuola oltre la scuola: la Scuola sconfinata, a settembre, per evitare la Didattica a distanza. L’idea è che, per sopperire alla mancanza di spazi dovuti alle norme in materia di sicurezza, si possa proporre un tipo di scuola diversa sia nella struttura che nei contenuti. Nello specifico, il coordinamento del progetto sta lavorando ad una mappatura dei luoghi del quartiere che possano accogliere dei bambini nelle ore curriculari, di cui già facevano parte i laboratori. È un processo in divenire, siamo in attesa di conoscere come l’amministrazione comunale potrà supportare questo processo, poiché è impensabile che la scuola riesca da sola, soprattutto considerate le tante falle in termini di certificazioni degli edifici scolastici e la restringente, nonché vetusta normativa che regolamenta ancora gli spazi scolastici. Servirà l’aiuto del terzo settore e del Comune di Palermo, che è uno dei partner di progetto, per elaborare un piano integrato di interventi: partiamo dalla mappa del territorio, dal pedibus, dalle mamme babysitter, da Booq… e vediamo dove arriviamo».
Insomma, un patrimonio progettuale significativo, con attività da svolgersi e un patrimonio di esperienze già acquisite. Ma dal punto di vista emotivo, quali episodi l’hanno colpita di più?
«Tantissimi. Posso raccontare di quando un bambino, fresco di laboratorio d’arte, ha pensato bene di disegnare sui muri di casa con linee e punti, alla Mirò, con grande stupore dei genitori. O di un’intera classe che sulle gradazioni di colore (e nello specifico del blu) discrimina ed identifica quello inventato da Klein e lo utilizza nel gergo quotidiano. Ho saputo anche di una bimba la cui famiglia ha problemi economici, ma che ha una grande predisposizione per la musica; durante una seduta di laboratorio musicale ha cominciato a piangere a dirotto e non ha voluto dire il perché. Poi si è scoperto che desiderava un flauto, regalatole immediatamente dopo, perché doveva imparare a suonare per il suo papà che la sera tornava sempre troppo stanco. Un altro bimbo come regalo di compleanno ha chiesto solo libri e albi illustrati come quelli ammirati a scuola. Potrei raccontare della mascotte del laboratorio di teatro: un calzino con due occhietti tondi che i bambini adoravano e anche dopo la seduta continuavano ad animare, ricreandoselo con cappellini e sciarpe. Piccoli gesti compiuti dai bambini, che fanno comprendere quanto il progetto sia penetrato nel quotidiano dei piccoli e delle loro famiglie.
Quando, in fase di progettazione, abbiamo ricercato un titolo rappresentativo per il nostro progetto territoriale, ci siamo entusiasmati all’idea di intitolarlo “Dappertutto: territori e comunità per reinventare il futuro”. È un progetto trasversale e policentrico, un quadro che prende forma grazie a pittori e tecniche diverse, tutte importanti e complementari, un progetto che è entrato nell’animo di ognuno e ognuna di noi».
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