L’ESTATE DEGLI ADOLESCENTI NEGLI ORATORI DELLA VAL BREMBANA
di crescereinsieme
Il mese di Giugno ha rappresentato per gli adolescenti della Val Brembana, e probabilmente per gli adolescenti di tutta Italia, il mese simbolo della ripartenza.
La progressiva riapertura di locali e luoghi di aggregazione, il termine del coprifuoco che da tanti mesi ci accompagnava e l’emergere di diverse opportunità per il periodo estivo hanno spinto i ragazzi a tornare a trovarsi, abitare gli spazi pubblici e dare vita a nuove forme di aggregazione, con una repentinità a tratti dirompente che ne racconta tutto il bisogno di relazione rimasto a lungo inespresso.
Ad aiutarci a interpretare questo fenomeno, e in senso più ampio provare a offrire una lettura del mondo degli adolescenti oggi, sono Monica e Simone, due educatori che per il progetto Crescere Insieme in Valle gestiscono Le progettualità in collaborazione con le Parrocchie della Val Brembana.
Partiamo dal vostro sguardo privilegiato di educatore che lavora a contatto con gli adolescenti…
L’ultimo anno e mezzo ha sconvolto completamente quel tipo di vita a cui gli adolescenti erano abituati a causa delle restrizioni alla socialità che sono state imposte per contenere la diffusione del Covid-19. Pensando agli adolescenti con cui lavorate abitualmente, come vi sembra che abbiano vissuto gli ultimi mesi?
SIMONE: Pensando agli adolescenti con cui lavoro abitualmente, credo che abbiano vissuto gli ultimi mesi con molta malinconia nei confronti delle loro abitudini precedenti. È stato un periodo particolare, vissuto tra divieti e regole da rispettare. In generale, penso che sia stato vissuto come un periodo di tristezza, a volte sconforto, e contrassegnato da una grande voglia di incontrarsi.
MONICA: Gli adolescenti rimasti più ai margini delle proposte che abbiamo lanciato in oratorio sono quei ragazzi che sono appena entrati nel mondo dell’adolescenza. È stato difficile coinvolgerli perché essendo in uscita dalle scuole medie ma non essendo ancora alle superiori si sono trovati su una linea di mezzo non accompagnati (o solo parzialmente) in questo cambiamento di contesto.
E come trovate i ragazzi all’inizio di quest’estate, in cui stiamo finalmente assistendo a una parziale riapertura?
SIMONE: All’inizio di quest’estate ho visto ragazzi con una gran voglia di agire, di muoversi, di essere partecipi ed essere liberi.
MONICA: Sì, c’è tanta voglia di mettersi in gioco, ma anche con il bisogno di una spinta giusta, che li aiuti a riconoscersi e a legittimarsi nel ruolo che hanno, ad esempio, nella gestione del CRE. Durante la formazione abbiamo riscontrato che alcuni di loro non si rendono nemmeno conto di avere del “potenziale”. La carta vincente è stata proprio la loro voglia di esporsi nei momenti a loro dedicati e il fatto che si sono sentiti accolti e non giudicati. Questo non vuol dire che i loro atteggiamenti venissero a priori assecondati: il nostro ruolo di educatori non si è mai trasformato in quello di amici, ma di ascoltatori pronti a cogliere i bisogni celati dietro a comportamenti non adeguati al contesto.
Quali ti sembra che siano i loro bisogni e le loro richieste?
MONICA: Hanno bisogno di essere visti, di essere valorizzati e responsabilizzati affinché possano dimostrare, in primis a sé stessi, di poter costruire qualcosa. Chiedono anche di potersi divertire, perché privati in questo anno e mezzo dei momenti di leggerezza, ma allo stesso tempo hanno voglia di costruire e prendersi cura degli altri. La prima settimana di Centro Estivo a San Pellegrino mi ha permesso di vederli in azione e stanno dimostrando serietà in ogni ambito in cui abbiamo chiesto loro di agire ed essere presenti.
Tutta questa voglia di riprendersi i propri spazi, sembra però avere anche un risvolto negativo. Nell’ultimo periodo, infatti, la cronaca di Bergamo e provincia riporta spesso di adolescenti e giovani che si rendono protagonisti di atti di vandalismo, consumi smodati o addirittura atti di violenza. Qual è la vostra lettura rispetto a questo fenomeno? E come possiamo rispondere in termini “educativi”?
MONICA: Personalmente, credo che sia importante non generalizzare. Credo che spesso nella nostra società si tenda a dare la colpa ai ragazzi di molte cose negative che succedono. I ragazzi sentono il peso di questi pregiudizi e ciò può arrivare addirittura a frenare quelli che invece potrebbero essere atteggiamenti positivi per la comunità, soprattutto se i ragazzi in questione sono introversi, o che vivono situazioni familiari complicate. L’atteggiamento giusto dell’educatore a mio parere è quello dell’apertura e del non giudizio: apertura in termini anche di apertura al cambiamento. Spesso, infatti, gli adulti che girano da tanto in certi contesti si legano al “si è sempre fatto così” e questo è un modo di pensare che limita molto i ragazzi.
SIMONE: Sono d’accordo, si tratta di tematiche complicate che meritano una riflessione approfondita, che poi può tradursi in incontri di sensibilizzazione, testimonianze, etc.
Passiamo ora al vostro lavoro all’interno del Progetto Crescere Insieme in Valle. Il vostro compito è quello di affiancare le Parrocchie della Valle nella gestione di attività educative rivolte agli adolescenti. In che cosa consiste, di preciso?
SIMONE: All’interno del Progetto Crescere Insieme in Valle, il mio lavoro a contatto con gli adolescenti passa attraverso la costruzione di attività e occasioni di crescita in affiancamento alle Parrocchie dell’Alta Valle Brembana. in particolare, mi occupo di incontri di formazione e appuntamenti di carattere più aggregativo, affiancando un gruppo di animatori presenti nelle parrocchie.
Nel periodo estivo, il mio incarico si traduce nel coordinamento degli adolescenti animatori all’interno del CRE. Quest’anno abbiamo cercato di proporre un programma che contenesse attività diversificate, alcune espressamente dedicate agli adolescenti (come i tornei, le uscite in montagna e una gita al parco acquatico), con l’obiettivo che i ragazzi potessero divertirsi, ma al tempo stesso con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione sulle regole vigenti.
MONICA: Io invece svolgo il mio lavoro all’interno della Parrocchia di San Pellegrino. Il lavoro è simile a quello svolto da Simone e in più partecipo all’équipe educativa dell’oratorio, il che mi permette di avere una panoramica più ampia rispetto a tutte le opportunità, ma anche alle problematiche, presenti nella parrocchia.
In questo periodo anche noi siamo concentrati sul CRE, che è sicuramente il momento che avvicina il maggior numero ragazzi alle attività dell’oratorio. La parte di lavoro più importante non è lo svolgimento, ma la preparazione, che è lunga e si alterna tra formazione personale (mettersi a “nudo” su alcuni aspetti di sé, nella piena libertà, rispetto a un tema proposto) e incontri orientati alla progettazione vera e propria delle attività. Coinvolgere i ragazzi fin dalle primissime fasi della progettazione, infatti, è un’arma vincente perché si sentono protagonisti dell’azione che andranno a svolgere con i bambini e la sentono parte di sé, perché pensata a partire da ciò che loro stessi avrebbero voluto quando, da bambini, frequentavano il centro estivo.
Durante l’anno la prospettiva rimane la stessa, ma ovviamente su scala ridotta. Lo scorso anno avevamo progettato una serie di sabato sera dedicati agli adolescenti e di domeniche pomeriggio in cui gli adolescenti si sarebbero occupati di gruppi di bambini. Purtroppo la pandemia ha bloccato tutto, ma siamo riusciti a riprogettare con loro momenti più legati alla tematica religiosa, in cui ideavano, registravano e montavano dei video per l’Avvento e la Quaresima, che hanno tenuto compagnia a tutta la comunità.
Se doveste indicare un punto di forza del centro estivo a cui state collaborando, cosa direste?
MONICA: Il principale punto di forza, come già detto, riguarda sicuramente il coinvolgimento a livelli diversi dei ragazzi e il continuo dialogo con loro. Alcuni sono stati nominati responsabili di vari aspetti del CRE (della gestione dei giochi a quella delle pulizie…) e ciò ha permesso loro di mettersi tanto in gioco nel ruolo scelto, imparando a chiedere aiuto qualora non si sentissero sicuri.
SIMONE: Un punto di forza del CRE a cui sto collaborando io è invece la presenza di un buon clima, con relazioni molto positive che permettono a tutti di trovarsi bene.
Prima di concludere, una domanda un po’ più ampia…
Il Progetto Crescere Insieme in Valle è un progetto di contrasto alla povertà educativa. Pensando agli adolescenti, ma non solo, quali sono le povertà educative che vedete oggi in Val Brembana?
SIMONE: Personalmente, ho l’impressione che ad oggi manchino occasioni di relazione, di incontro, di sostegno scolastico e tecnologico (si pensi al lockdown e alle difficoltà legate alle lezioni a distanza), soprattutto per i ragazzi stranieri e per quei ragazzi che vivono nei paesini più piccoli del territorio dell’Alta Valle Brembana, che si trovano spesso soli, lontani da spazi di incontro e di aggregazione con i loro coetanei.
MONICA: A me sembra che ognuno, ogni realtà che si occupa dei ragazzi a livello socio-educativo, non sia ancora in grado di dialogare con il proprio vicino. Hanno tutti delle belle idee, ma sempre slegate tra loro, che obbligano magari a scegliere, causano confusione negli stessi ragazzi a cui si rivolgono. Bisogna imparare a costruire una rete più fitta e più vicina ai ragazzi, dando spazio all’espressione dei loro bisogni, coinvolgendoli, creando inclusione.
In chiusura, vi chiedo un augurio per il prossimo anno rivolto agli adolescenti e alle loro famiglie!
SIMONE: Per il prossimo anno, auguro a tutti gli adolescenti e alle loro famiglie serenità e felicità, nella speranza che possiamo tornare sempre più alle nostre abitudini, ad appuntamenti di incontro e di formazione della comunità.
MONICA: Fiducia reciproca e responsabilità: diamo fiducia ai ragazzi credendo in loro anche se non fanno le cose come pensiamo o vorremmo noi; diamo fiducia ai genitori, a volte sono insistenti e magari incomprensibili, ma è perché ci vogliono bene!
Intervista raccolta da Carlo Fusari, cooperativa sociale AEPER
Photo by Melissa Askewon Unsplash
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