Speciali vs Specifici: i bisogni educativi nella fascia 0-3
di Consorzio La Rada
In tutte le case il dizionario della lingua italiana dovrebbe trovare un posto comodo per poter essere consultato di frequente. Vicino alla moka, allo spazzolino da denti o farlo scendere giù dal lampadario sul tavolo da pranzo. Ragionare sul significato delle parole, misurare le differenze tra i termini, cogliere le sfumature è un’esperienza che può cambiare il colore della giornata.
Non si vuole innescare una diatriba tra punti di vista diversi. Tra chi la pensa come Nanni Moretti in Palombella Rossa (“le parole sono importanti!”) o come Mina e le sue stanche “parole, parole, soltanto parole”. È una discussione che lasciamo ad altri spazi di confronto. Il punto di osservazione è puramente tecnico. Di chi lavora con l’uso delle parole e ne è affascinato dalla loro potenza generatrice. Una forza in grado di creare universi e prassi di intervento in grado di modificare la realtà. Nell’articolo precedente (che si può leggere cliccando qui) si anticipava il confronto tra due scenari complementari dell’acronimo BES. Quello che può sembrare soltanto un capriccio filosofico rileva dettagli importanti per la prassi operativa.
Speciali o Specifici?
Con “Bisogni Educativi Speciali” ci si riferisce ad un modello di intervento che è un vero e proprio pilastro per lo sviluppo di conoscenza e socializzazione in ambito scolastico. Un modello che pone al centro gli aspetti inclusivi piuttosto che quelli selettivi. Un modello di estrema utilità nel superamento di certificazioni e etichette che, seppur necessari in alcuni casi per avere benefit e garanzie di diritti, rischiano al tempo stesso di scavare solchi profondi, di evidenziare i limiti e di innescare paradossalmente processi di esclusione. “Speciale” è una bellissima parola bifronte che riesce da un lato a dichiarare l’appartenenza ad una stessa comunità (la specie) dall’altro ne dichiara l’eccezionalità. Nella sperimentazione che si sta portando avanti con Crescere Insieme in Campania l’acronimo BES si trasforma per adattarsi ad un nuovo contesto. Si esce fuori dall’ambito scolastico per poter intervenire nella fascia 0-3 e diventa Bisogni Educativi Specifici.
Come racconta il dott. Paolo Landi (psicologo dell’età evolutiva e psicoterapeuta) di Crescere Insieme in Campania: “è il principio di cautela ad essere in risalto, per motivi etici e scientifici”. Si rischia di generare allarme infondato anche nei genitori, nei piccolissimi alcune mancate acquisizioni nei tempi definiti canonici trovano col tempo risoluzione in finestre evolutive più ampie”. La scelta di usare la locuzione “specifico” consente proprio di fotografare un dominio di abilità circoscritto, lasciando intatto il funzionamento globale, per una presa in carico mirata e precoce. Questo innovativo modello di intervento sviluppato nell’ambito del Progetto può essere di supporto sia per uno sviluppo armonico dei bambini nella fascia 0-3, sia per orientare le famiglie verso valutazioni più consapevoli.
Gli scenari futuri:
Un modello di intervento che, in futuro non troppo lontano, potrebbe offrire risposte efficaci negli scenari nuovi che la crisi pandemica sta delineando. Le difficoltà evolutive potrebbero emergere sempre più precocemente considerando infatti la mancata possibilità per i bambini di sperimentarsi negli importantissimi laboratori di socializzazione quali sono nidi e asili (ricordiamo che in Campania anche i servizi educativi per i più piccoli sono chiusi). Non ci si potrà permettere il lusso di farsi trovare impreparati nell’offrire risposte adeguate ai bisogni emergenti dei più piccoli.