In Italia di passaggio, vi ha trovato una “famiglia”. Storie di vita vissuta.
di La Nuova Arca
Patience è una mamma che vive presso la casa-famiglia ARPJ Tetto Onlus, partner della rete.
Nella sua lingua di origine, il nome significa proprio pazienza e dalla sua storia, sembra le si addica appieno.
Nasce in Eritrea, ma sin da piccolissima si trasferisce in Etiopia con la sua famiglia.
All’età di 10 anni, è costretta a separarsi dai suoi familiari perché il governo etiope respinge gli eritrei.
Da lì, per lei e tutti i suoi cari, inizia la drammatica fuga dalle persecuzioni.
Patience si ritrova da sola in Sudan, dove per 7 anni, lavora come schiava-bambina presso una famiglia.
A 17 anni decide di fuggire nuovamente e durante la fuga conosce quello che diventerà poi il suo compagno e padre di suo figlio, con il quale condividerà “il viaggio” verso una vita migliore.
Arrivati in Libia, i due ragazzi trascorrono 6 mesi in prigione, vivendo violenze e torture, di cui lei purtroppo porta ancora i segni.
Con i risparmi, nascosti tra i suoi folti capelli neri, Patience incinta di 7 mesi e il compagno, ottengono l’uscita di prigione.
Il loro intento è dirigersi verso il Nord Europa, ma una volta in Italia, le doglie arrivano prima del previsto e Patience si ritrova a partorire in un ospedale romano, mentre il compagno raggiunge la Germania.
20 anni, sola, in un paese straniero, Patience è senza documenti, non conosce la nostra lingua ed è mamma.
Ma la sua pazienza inizia a ripagarla e ad esserle di aiuto.
L’intervento di prassi del Tribunale per i Minorenni le consente di entrare nel circuito di supporto ai nuclei mamma-bambino e da lì il nostro incontro.
Patience e il piccolo Samuel, di circa due mesi, arrivano al Tetto madre-bambino.
All’inizio è stato necessario un tempo “fisiologico” affinchè realizzasse che chi la circondava, voleva darle sostegno.
In casa-famiglia, anche le comunicazioni più semplici erano complicate.
Patience parlava soltanto l’amarico, una lingua con la quale non condividiamo neanche l’alfabeto.
È stato grazie al piccolo Samuel, che noi operatori, educatori, assistenti sociali, psicologi e volontari della casa-famiglia, abbiamo potuto avvicinarci a questo delicato nucleo.
Nonostante l’Italia sia stato un “incidente di percorso” all’interno del suo progetto migratorio, Patience si è resa conto che qui le sarebbe stato offerto l’aiuto di cui aveva bisogno, in un periodo complesso della sua vita e di quella di suo figlio.
Trovato un canale di comunicazione e di “alleanza”, abbiamo potuto avviare l’iter per dar loro supporto.
Dall’ottenimento dello status di rifugiata politica, ai corsi di italiano, all’accompagnamento nell’accesso ai servizi socio-sanitari del territorio, alle battaglie per l’ottenimento della residenza anagrafica, all’iscrizione di Samuel all’asilo nido, fino ai primi tirocini e corsi di formazione per la mamma e tanto altro …
Solitamente i percorsi dei nuclei mamma-bambino nelle case-famiglia prevedono una accoglienza fino ai 18 mesi, ma nel caso di Patience e Samuel è stato necessario dedicare qualche mese in più, anche per predisporre il passaggio in un’altra struttura, che consentisse alla mamma di continuare a camminare verso l’autonomia economica.
Dopo due anni insieme, abbiamo accompagnato Patience e Samuel nella loro nuova “casa”, in condivisione con altre mamme e altri bambini, anche loro rifugiati.
Oggi, Patience ha 24 anni e frequenta dei corsi professionali per diventare una brava parrucchiera. Samuel ha 4 anni e frequenta la scuola dell’infanzia.
E noi abbiamo pronto il furgone per aiutarla nel suo ennesimo ma importantissimo trasloco.
Quello verso l’alloggio di edilizia popolare che le è stato da poco assegnato!
Patience e Samuel partecipano alle feste in casa-famiglia e trascorrere ancora con noi alcune vacanze. “Siete la nostra famiglia”, ci dice Patience, con dolcezza e gratitudine.
Noi continuiamo a fare il tifo affinché il loro sogno di riunire la famiglia e vivere serenamente con il papà di Samuel, ad oggi ancora in Nord Europa, possa realizzarsi.
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