La Comunità Educante e gli Spazi Comuni

di

di Elena Clavarino

 

Cosa significa essere educatore ai tempi del Covid? A quali risorse si può accedere?

Il lavoro dell’educatore è fatto di relazione, sintonizzazione emotiva, un percorso di strada in cui affiancarsi a una persona e sostenerla nella scoperta dei propri bisogni e strumenti per continuare a camminare. L’educatore ha risorse personali alle quali affidarsi, ma ha anche bisogno del confronto continuo con gli altri adulti di riferimento: genitori, educatori, assistenti sociali, persone del territorio riunite in associazioni, gruppi o attività. 

Al tempo del Covid queste risorse fondamentali sono ridotte e specialmente il territorio, il quartiere è sempre meno accessibile ed è difficile trovare stimoli. 

Quest’assenza ha creato il “fermo” di quella “rete” di relazioni che si cerca di creare intorno ad una persona fragile, ma non ha fermato la creatività degli educatori nel trovare un’alternativa. Un esempio di questa spinta e’ rappresentato dal gruppo di educatori con cui lavoro nel territorio della Bassa Val Bisagno: un equipe di nove educatori che collabora con i Servizi Sociali e si identifica in un servizio chiamato “Area Famiglia”.

Il nostro lavoro si potrebbe definire “in movimento”, ogni educatore affianca una persona e il suo nucleo familiare e questo avviene in luoghi sempre diversi, in base all’esigenza del momento e del progetto pensato. L’impossibilità di accedere a biblioteche, musei, attività sportive e in alcuni periodi anche agli spazi esterni, ha fatto sì che tutti gli educatori della nostra equipe si trovassero a trascorrere la maggior parte del tempo all’interno della struttura dove si svolgono incontri protetti, attività e giochi con le famiglie che seguiamo.

Questo luogo è chiamato “SPAZIO FAMIGLIA”.

Lo Spazio famiglia è diventato così uno dei pochi luoghi dove potersi incontrare in modo protetto e continuare a coltivare la relazione educativa. E’ diventato così un luogo vissuto intensamente da tutti, facendo emergere forte l’esigenza di renderlo accogliente e caldo

Ci siamo messi in moto realizzando una lista dei materiali, giochi, lavori di manutenzione, oggetti e arredi che avrebbero reso lo spazio più personale. Nel pensare a cosa ci sembrasse avere più importanza non sono mancate le considerazioni dei ragazzi, che nel tempo hanno spesso espresso il desiderio di migliorare lo spazio e/o lasciare una traccia del loro passaggio.

Abbiamo iniziato a muoverci in modo autonomo per cercare di raccogliere giochi e materiali e pian piano, soprattutto grazie alla presenza e alla collaborazione sul territorio delle iniziative di Co.di.C.E. (Connessione di Comunità Educanti), progetto di contrasto alla povertà educativa minorile, si è deciso di investire nel rinnovamento dello “Spazio Famiglia”, in quanto risorsa per il quartiere e le famiglie che ne usufruiscono. 

I lavori sono iniziati a Marzo con la collaborazione dei bambini e ragazzi che frequentano lo spazio durante la settimana, i quali hanno espresso con il tempo l’esigenza di contribuire a migliorare e rendere personale un luogo diventato abituale e familiare.

Ciò che ha impreziosito i lavori è stata la presenza di un volontario e di un membro della Banca del Tempo, progetto che condivide con noi parte della struttura. I soci della Banca del Tempo offrono tempo per stare bene insieme, disponibilità, esperienza, mettono in circuito saperi, attitudini, talenti e risorse spesso non valorizzate. Grazie a questa presenza i ragazzi e tutti noi educatori siamo affiancati nella scoperta di conoscenze e strumenti di lavoro, mai esplorati.

La proposta di collaborazione si è poi allargata agli altri servizi del territorio, centri socio educativi e centri di aggregazione che verranno nel periodo estivo a contribuire alla realizzazione di un murales esterno alla struttura. 

Sembra sempre più emergere l’esigenza di generare bellezza, sembra essersi attivato un processo di trasformazione in continua ricerca del “meglio” e che vuole prendere le distanze da un luogo che per tanto tempo è rimasto disinvestito di risorse e cura, un sentire diventato quasi abituale.

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