5 storie per raccontare le Case Speciali: Condividere la scena significa stare insieme (1 di 5)

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i ragazzi e le ragazze delle Case Speciali in scena credit: foto di Ileana Tesoro

Un racconto delle “Case speciali dei Ragazzi e delle Ragazze” attraverso  5 storie – redatte dal Centro di produzione teatrale Koreja – che narrano il vissuto emotivo dei e delle giovani coinvolti/e nel progetto, le loro personali esperienze di vita che si intrecciano, quotidianamente, con quelle di tutti gli altri generando
una nuova narrazione condivisa.

La prima storia.
Condividere la scena significa stare insieme
di Giorgia Cocozza – Teatro Koreja

I suoi occhi neri sono profondi e curiosi, il suo sorriso è dolce e gentile, la sua carnagione scura.
S. è una ragazza di 11 anni. I suoi genitori si sono trasferiti in Italia prima della sua nascita. Arrivano da Jaffna, città dello Sri Lanka. Lì, S. non c’è mai stata. Mi racconta che un tempo c’era la guerra e i suoi genitori decisero di lasciare la loro casa. I suoi nonni e i suoi zii vivono ancora lì, ma non li vede quasi mai.

La famiglia di S. non possiede una macchina. Sua madre la accompagna in bicicletta a teatro. Sorridenti pedalano vicine, giungono di fronte alla porta di Koreja e si salutano. Hanno un bel rapporto. Una mattina S. ci ha raccontato di aver ricevuto una bici nuova per il suo compleanno, era molto contenta. In realtà, la bici era usata, ma in buone condizioni.

S. è una ragazza sensibile e generosa. Ascolta con interesse e partecipa alle attività che proponiamo. Spesso arriva in anticipo, mi siede vicino e chiacchieriamo.
Durante l’anno, per un periodo, è mancata agli incontri. Un pomeriggio ci siamo incontrate casualmente e le ho chiesto spiegazioni. Mi dispiaceva molto che lei non ci fosse. Mi ha detto di avere dei problemi in famiglia e non ho insistito oltre. L’ho salutata dicendole che, se avesse deciso di tornare, sarebbe stata la benvenuta. Ho conosciuto sua madre quel pomeriggio, in verità ci siamo soltanto sorrise da lontano. La settimana successiva S. era di nuovo a teatro ed io mi sono sentita estremamente felice.

Attraverso il teatro, abbiamo imparato a stare insieme, non sempre è facile andare d’accordo. L’importante è cercare l’armonia nel disaccordo, nella diversità. È necessario ascoltare, confrontarsi e aver cura, di sé, dell’altro, del luogo che abitiamo. E questo è accaduto.
S. si è assentata ancora diversi giorni, prima del saggio finale. Non ne capivamo il motivo, pensavamo fosse per timidezza o che a causa di altri imprevisti, avesse deciso di rinunciare.
La mattina del giorno prima, S. è tornata a teatro. Sua madre ci ha tenuto a spiegarmi che era stata poco bene a causa di un dente: aveva una guancia gonfia e le faceva ancora male. L’ho accolta ben volentieri.
Alcuni dei ragazzi non sono stati contenti: essendo mancata avrebbe potuto metterli in difficoltà e non sarebbe stata in grado di inserirsi nel lavoro. Senza che me ne accorgessi, qualcuno di loro le ha suggerito di sedersi a guardare per poi, eventualmente, provare a seguirli.
S. è scoppiata a piangere. Quando ho capito cos’era successo, ho tentato di motivarla a rientrare, ma sembrava inutile. Altri ragazzi sono corsi a sostenermi e, alla fine, siamo riusciti a convincerla. Le hanno detto che non l’avrebbero lasciata sola, che in scena l’avrebbero aiutata se si fosse trovata in difficoltà.
Con umiltà, tenacia e rara gentilezza, S. ha lavorato ed è riuscita a seguire il gruppo. Il teatro non si fa da soli. È stato meraviglioso assistere a questa dimostrazione.

Condividere la scena significa stare insieme, sostenersi, rispettarsi. Un tuo errore diventa il mio, il tuo successo, il mio. Diventiamo responsabili, l’uno per l’altro. In uno spettacolo, come nella vita, il risultato finale, non dipende da me o da te, dipende da me e da te. Dipende da tutti, non da uno solo. Qualcuno dice, qualcuno ascolta, qualcuno fa, qualcuno guarda. Non sei solo. Andare in scena e lasciarsi guardare fa paura anche agli attori più esperti. Spesso, quello che permette di vincere l’emozione è la consapevolezza, la certezza che gli altri saranno lì con te. Non c’è niente di più bello.

I genitori di S. hanno dovuto lavorare la sera dello spettacolo, non sono riusciti a vederla in scena. Stavo per andar via, il teatro era quasi vuoto e S. era ancora lì, aspettava un passaggio per tornare a casa. Ci siamo guardate ed è corsa verso di me ad abbracciarmi. Ci siamo augurate una buona estate. Spero di rincontrarla a settembre.

 

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