Il Manuale del ProgettoPFP

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Per presentare 《Ricucire le campanelle》, il Manuale del “Metodo PFP”, Progetti Formativi Personalizzati con Budget Educativi, vi riportiamo un estratto del testo, per la precisione dal Capitolo 2, scritto da Angelo Moretti, nel quale si spiegano il concept, il metodo, le finalità, di un Progetto così complesso perché innovativo e sperimentale.《Ricucire le campanelle》è edito da Editrice Ave.

In un territorio carente di legami sociali, la sola scuola non può reggere l’onda d’urto di tutti i cambia- menti ed è così che avviene la cosiddetta fuga dalla scuola. Ogni anno, più di 150.000 studenti abbandonano le aule e lo Stato, in vent’anni, perde quasi tre miliardi di euro per una istruzione pubblica non andata a buon fine16. Di fronte alle sfide della complessità, la scuola sembra a volte un’attrice straordinaria e trasformatrice del territorio, altre volte un’istituzione smarrita tra il dovere di istruire, attraverso i suoi programmi didattici, e quello di formare attraverso la sua sempre costituenda comunità educante. Per trovare una nuova direzione che faccia riemergere le comuni- tà scolastiche da questo smarrimento, non bastano certo le circolari ministeriali o le riforme, giuste o sbagliate che siano: occorre avere prima di tutto una teoria della scuola e una teoria sulle comunità.
Il Progetto PFP ha in sé questa piccola, grande ambizione: ricucire il rapporto tra campanella di entrata e campanella di uscita; provare a sfumare il confine tra scuola e comunità adulta, tra scuola e territorio; ricucire le campanelle non in senso astratto e generale ma provocare un cambiamento dei rapporti tra scuola e territorio che parta dalla presa in carico di singoli ragazzi e ragazze. Il potere generativo dei Budget Educativi non consisterà in una nuova spesa che si aggiunge a quella già importante, ma sempre carente, del budget scolastico: sarà l’aggiunta di una leva.
Partendo dal Manifesto di Edgar Morin proviamo a far co-costruire alla scuola e al territorio un percorso di senso in cui la materiale erogazione del Budget Educativo non si estrinseca come un’attività aggiuntiva e facoltativa della scuola – che di attività aggiuntive ne ha già tantissime, addirittura troppe secondo molti presidi – ma come un’occasione per rigenerare e fina- lizzare il dialogo tra il potenziale dei docenti, il poten- ziale dell’intera comunità scolastica e il potenziale del territorio e dei ragazzi.
Oggi il territorio e la scuola dialogano in una logica di welfare mix, attraverso protocolli di intesa e convenzioni in cui si affidano servizi o progetti da svolgere in collaborazione. L’esito di queste tante intese è però purtroppo l’annullamento di molte iniziative, che finiscono per esaurirsi quando si esauriscono i budget dedicati. Un corso innovativo di inglese, un percorso di cittadinanza attiva, un’esperienza di sport entrano ed escono dal panorama scolastico nel tempo di esecuzione di un progetto. Tutte queste attività, seppure meritorie, non tolgono nulla alla frammentazione sociale in cui il ragazzo vive; pur offrendo delle chance, non si trasformano in un capitale sociale a disposizione del giovane, offrono servizi di cui il ragazzo è utente, proprio come accade con gli spazi dedicati al consumo. E poiché il loro consumo è “libero”, il giovane aderirà solo se quel servizio gli va a genio. In tal modo, accade che il divario tra i primi e gli ultimi della classe si allarghi anziché restringersi: i primi colgono le maggiori offerte delle scuole, gli ultimi ne per- dono di più. Una buona scuola non si misura sull’eccellenza dei primi, ma sulla distanza ravvicinata della media: quando la distanza tra i più bravi e i meno bravi è abbastanza ristretta, allora si può dire che la scuola assolve la sua funzione pubblica; quando si misurano le eccellenze dei primi ma non si monitora la distanza tra questi e gli ultimi, la scuola rischia di diventare un supermercato dell’offerta formativa, in cui i meno problematici pescheranno di più e i più vulnerabili prenderanno di meno.
Ancora oggi, infatti, di fronte alla crisi adolescenziale, che è stata definita «epoca delle passioni tristi» in un famoso saggio di due pedagogisti francesi17, le scuole hanno pochi strumenti per prendere in carico i comportamenti complessi quando diventano com- portamenti-problema: la nota, la sospensione, la bocciatura, il colloquio, il richiamo del preside, i voti bassi. Qualche scuola – molto poche in realtà – è dotata di uno sportello per il sostegno psicologico al suo interno; ma questo servizio, benché rappresenti uno strumento fondamentale, non potrà mai sostituirsi a una comunità educante che aiuta il giovane o la giovane che esterna un comportamento problematico a intervenire in modo olistico. Quando lo studente si lascerà alle spalle il portone della scuola, resterà nella sua complessità e problematicità. Se è un giovane solo o isolato, resterà nella sua solitudine. E non sarà certo la paura della sospensione a muoverlo verso un comportamento proattivo di fronte a un’ennesima sospensione o voto negativo. Tutt’al più, sceglierà di abbandonare completamente la frequenza, così da mantenere una sorta di coerenza interna, una personale omeostasi tra il non avere a cuore il futuro e il non (poter) cambiare il presente.
Perché pensiamo che un PFP possa essere utile a mettere mano a questa distanza? Perché prova a togliere di mezzo il confine tra dentro e fuori. Il Progetto Formativo Personalizzato non sarà di titolarità esclusiva della scuola e nemmeno del territorio, ma sarà il frutto di un dialogo tra scuola, territorio, famiglia, ragazzo o ragazza. Il Budget Educativo sarà l’occasione perché queste quattro figure concertino, come si fa per la costruzione di un ponte o di una ferrovia. Solo che qui la questione è più delicata: ciascun ragaz- zo può essere un ponte o un’isola o una ferrovia, può avere il desiderio del viaggio o del divano, di diventare il più grande youtuber dell’anno o un astronauta, un calciatore o uno scrittore, un imprenditore o un operaio. La concertazione è però un’arte che non si può ridurre solo al lettino dello psicologo o alla cattedra: ogni progetto giovanile ha bisogno di tanta, tantissima concertazione, immaginazione, empowerment, scoperta. Il territorio non sarà quindi per un Progetto Formativo Personalizzato solo un provider di servizi educativi a consumo ma protagonista di una nuova relazione dialogica se il Budget Educativo non sarà un’attività da spendere ma una leva per aprire a nuove possibilità, in cui è il giovane stesso che partecipa alla co-costruzione del capitale sociale, investendo il suo budget a favore di tutta la comunità.

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