Le Regioni si raccontano – Campania

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E dopo il Lazio, la Sicilia, la Lombardia e la Toscana, ce ne andiamo in Campania dal Presidente del Consiglio regionale UICI, Pietro Piscitelli.

D. Come prima domanda vorrei chiederle, quali sono stati i benefici finora ottenuti grazie alla partecipazione al Progetto?

R. Mi consenta di ringraziare il Presidente Nazionale UICI per aver inserito nel progetto nazionale quello della Campania che è stato opera del Consiglio Regionale UICI insieme alle 5 sezioni territoriali: in modo particolare la sezione di Caserta che è centro di formazione accreditato alla Regione. Finora tanti sono stati i benefici ma in modo particolare vorrei segnalare l’importanza del ruolo che il progetto stesso si è ritrovato a ricoprire proprio perché avveniva in un periodo di pandemia. I nostri studenti e le nostre studentesse con disabilità, proprio come tutti gli altri, si sono ritrovati a dover seguire in Dad (didattica a distanza) e questo, soprattutto per i nostri ragazzi, non è stato facile per cui è stato importante l’aiuto degli operatori.

 

D. Ha incontrato difficoltà durante la prima annualità, ovviamente oltre a tutte le criticità legate alla situazione pandemica?

R. Sì, purtroppo qualche difficoltà c’è stata soprattutto nell’atteggiamento delle famiglie: da un lato erano contenti e gioiosi per questa nostra iniziativa mentre dall’altro c’era diffidenza a ospitare, presso le loro abitazioni, i nostri operatori. Chiaramente una paura dovuta solo dalla pandemia, che si è creata ovviamente un po’ in tutta la popolazione creando dei disagi enormi e questi disagi sono stati avvertiti anche dai nostri ragazzi.

 

D. Quali sono secondo lei i punti di forza della strategia progettuale che possiamo considerare come buona pratica trasferibile?

R. Secondo me il punto di forza fondamentale è stato proprio questa possibilità che offrivamo ai nostri ragazzi a domicilio perché ne avevano bisogno. Vorrei chiarire che il post scolastico non va inteso come una sorta di “dopo scuola” ma come intervento che mira a creare autonomia. Il progetto prevedeva 108 ore all’anno che suddivise per i 9 mesi di attività scolastiche sono 12 ore al mese. L’intervento si riduce quindi a poche ore a settimana ma ciononostante è stato un momento importante. Credo che questa esperienza, dopo la fine del progetto, vada poi trasferita nelle realtà territoriali, con le province e le regioni affinché si possa creare l’opportunità di aiuto per i nostri ragazzi soprattutto per tutte le attività extra scolastica necessarie per la loro crescita e autonomia.

 

D. Che suggerimenti si sente di avanzare?

R. L’aumento delle ore e una maggiore formazione degli operatori, i quali, oltre al tempo da dedicare ai ragazzi, avrebbero avuto necessità di maggiori momenti da dedicare all’aggiornamento. Nonostante ciò hanno mostrato sempre grande volontà e sensibilità nel mettersi a disposizione dei beneficiari del progetto.

 

D. Presidente, ci può raccontare un episodio significativo che ha caratterizzato le attività territoriali della prima fase?

R. Di episodi ce ne sarebbero tanti ma io vorrei sottolineare un aspetto importante previsto nel nostro progetto della Campania: abbiamo cercato di raccogliere tra i nostri educatori e volontari, i “famosi” donatori di voce di secondo livello ovvero persone che possono mettersi a disposizione per registrare in modo amatoriale testi scolastici, romanzi e libri vari. Siamo stati molto fortunati perché oltre 40 persone hanno dato la loro adesione al Libro Parlato e ai quali abbiamo fatto fare alcune ore di formazione.

 

Parliamo ora con Giovanna Guarino, operatrice e socia dell’UICI Campania.

D. Quali sono state le ricadute sui minori coinvolti negli interventi di progetto?

R. In generale ci può essere una connotazione negativa perché tutto dipende dal rapporto che si viene a creare tra operatore e minore. L’idea di ritrovarsi a casa, con una persona inizialmente estranea, che un po’ sottolinea il bisogno di un aiuto non è semplice ma sta alla bravura dell’operatore riuscire nell’accettazione di una problematica e di conseguenza nell’accettazione dell’aiuto. Personalmente secondo la mia esperienza, che è un po’ più delicata in quanto, essendo socia dell’Unione ho anch’io una disabilità visiva, da un lato si crea empatia, dall’altro diventa emotivamente difficile anche per me. Posso raccontare un episodio che mi ha particolarmente colpito: quando il “mio bambino” ha iniziato a utilizzare il vocabolario. Lui non voleva servirsi di quello digitale ma di quello cartaceo, come tutti i suoi compagni. Un giorno mentre lo consultava, faceva molta fatica così mi ha guardata e mi ha chiesto come facessero gli altri a vederlo. Questa sua domanda mi ha toccata e probabilmente mi avrebbe colpita in ogni caso ma il comprendere fino in fondo le sue difficoltà, rende alcuni momenti più difficili.

 

D. Quali sono stati invece i benefici riscontrati dalle famiglie dei minori coinvolti?

R. Sicuramente l’idea di avere una persona che ha una preparazione nell’ambito della disabilità visiva aiuta perché molto spesso i genitori non sono in grado di approcciare, non conoscono gli strumenti, le strategie. Gli operatori sono quindi una risorsa per le famiglie, per entrare in un mondo che comunque per loro resta parzialmente sconosciuto perché c’è mancanza di formazione.

 

D. Ha incontrato delle difficoltà durante la prima annualità vista la situazione pandemica? E se sì, come sono state risolte?

R. Non ho incontrato grandi difficoltà e ho sempre continuato a seguire in presenza i miei bambini. C’è stato anche un momento in cui siamo stati reciprocamente veicolo di contagio, per cui l’unica difficoltà è nata nel periodo di quarantena per Covid che entrambi abbiamo dovuto trascorrere, dove non nascondo di essermi sentita responsabile del contagio. Continuo però a pensare che questo sia un servizio che debba essere svolto in presenza, altrimenti è inutile quindi piuttosto che farlo online ho continuato a svolgerlo in presenza, con tutte le difficoltà e i rischi.

 

D. Cosa suggerirebbe per migliorare i servizi messi in atto?

R. Innanzitutto mi soffermerei sul fatto che le ore messe a disposizione sono poche perché ci sono situazioni più tranquille in cui l’intervento richiesto è più semplice ma ci sono anche casi in cui si hanno difficoltà maggiori e c’è bisogno di una presenza “più costante”. Soprattutto poi nel caso di ragazzi/e che vanno al liceo diventa complesso se non inutile riuscire ad aiutarli in quelle poche ore messe a disposizione dal progetto. Quindi gli operatori potrebbero essere messi nelle condizioni di svolgere al meglio il loro lavoro attraverso l’aumento delle ore a disposizione per i beneficiari. Magari per ottimizzare e offrire a tutti un servizio migliore, si potrebbe studiare su ogni ragazzo quante ore potrebbero essere necessarie.

 

D. Anche se prima ci ha già accennato qualcosa, ci può raccontare un episodio in particolare che ha caratterizzato le attività territoriali delle prime fasi?

R. Durante il periodo inziale mi è stato chiesto di partecipare con i miei bambini a un progetto: “Mare Fest” (che poi non si è concluso causa pandemia): ci è stato fornito del materiale per la preparazione di un libro tattile che raccontava una storia. Questo volume doveva essere fruibile sia dai non vedenti che dagli ipovedenti, quindi fruibile per tutti. È stato particolare perché io seguendo un bambino non vedente e uno ipovedente, nella scelta dei colori e del materiale, sono riuscita ad avere delle informazioni a 360 gradi. Il bambino ipovedente è riuscito a essere più partecipativo nella scelta dei colori mentre il ragazzino non vedente nel selezionare i materiali, come ad esempio quelli che potevano ricordare l’acqua o la sensazione “viscosa” dei pesci. È stata una esperienza molto bella oltre al fatto che il bambino ipovedente è riuscito a entrare nel mondo della non visione quindi a pensare come fare in modo che il libro fosse fruibile anche da un bambino non vedente.

 

Marianna Marsocci, la mamma di Francesco Maria (uno degli alunni che ha preso parte al progetto Bloom Again).

D. Quali sono stati i benefici sin d’ora ottenuti da suo figlio grazie alla partecipazione al progetto?

R. Ritengo che il progetto abbia una valenza notevole. È di grande aiuto per le famiglie, io l’ho riscontrato personalmente perché mio figlio da quando ha beneficiato di questo progetto ha acquisito maggiore sicurezza in sé e maggiore autonomia nella gestione della sua disabilità.

 

D. Come ha potuto sostenere suo figlio per aiutarlo a partecipare agli interventi?

R. In realtà non c’è stato bisogno di un grande aiuto da parte mia. Ha subito avuto un “imprinting” con Giovanna, l’operatrice che lo seguiva quindi non è stato necessario prepararlo, si sono subito “presi” e capiti. All’inizio gli spiegai solo chi era e cosa venisse a fare, non c’è stato bisogno di nient’altro perché hanno fatto tutto da soli. I bambini poi sono incredibili e sicuramente la nostra educatrice è stata molto brava.

 

D. Come ha inciso il percorso realizzato nella vita quotidiana di suo figlio?

R. Francesco non è solo più autonomo, è più sicuro nella quotidianità, nello svolgere i compiti, ha imparato ad applicare delle strategie anche grazie al fatto di condividere un po’ le difficoltà con Giovanna; tra di loro si sono dati consigli, aiutati…

 

D. Come sono state superare poi le difficoltà causate dalla situazione pandemica, da parte del gruppo di lavoro che ha interagito con suo figlio?

R. In realtà non si è creata l’esigenza di interazioni ad esempio fra la scuola e l’operatrice, anche perché Francesco non avendo disabilità aggiuntive ha permesso a Giovanna la gestione in autonomia dei compiti e il da farsi. Oltretutto essendo io abbastanza inserita nel gruppo della scuola, in quelle rare occasioni in cui c’è una difficoltà scolastica le maestre di sostegno e la maestra “principale” contattano me. Per quanto riguarda l’operatrice, ha gestito gli incontri in assoluta sicurezza, con la mascherina, la disinfezione delle mani e dei luoghi di lavoro. È stata molto brava e non abbiamo risentito molto della situazione pandemica.

 

D. Cosa suggerirebbe per migliorare gli interventi messi in atto?

R. Noi ringraziamo intanto per la possibilità offertaci; avevamo però già notato una riduzione delle ore, da 4 a 3, che quest’anno ha portato Francesco a non poter più suddividere gli incontri in due giornate, quindi ora vede l’educatrice una volta a settimana. Certo, sarebbe stato meglio il doppio incontro ma riconosco che mio figlio non ha grandi difficoltà ed è molto seguito anche da noi in casa, quindi anche solo una volta a settimana va bene. Nell’interesse di tutti però, e non solo del caso specifico, considerando ragazzi più grandi che frequentano livelli di istruzione che prevedono un impegno maggiore o ragazzi con più difficoltà o con disabilità aggiuntive, ritengo che le ore siano poche.

 

D. Un’ultima domanda: c’è un episodio significativo che vorrebbe condividere con noi?

R. Questo sarebbe stato interessante chiederlo a Francesco. Sicuramente lui ricorderà sempre il progetto “Mare Fest”, al quale ha partecipato insieme a Giovanna. Era infatti molto emozionato di costruire il libro tattile! Una cosa che invece è rimasta impressa a me è stata quando abbiamo affrontato l’argomento del video ingranditore: Giovanna nel solo sentirlo accennato, al primo incontro successivo, ha portato i suoi ausili da mostrare a Francesco anche per indirizzarci sulla scelta. Sembra una cosa sciocca ma a me è rimasto impresso! Vedere lei come lo utilizzava e Francesco come ha approcciato fisicamente all’ausilio, mi ha aiutato nel valutare i pro e i contro prima e nella scelta poi. Per me come mamma, osservare l’imprinting che hanno avuto loro due, è stato molto emozionante. Giovanna poi ha una pazienza incredibile perché mio figlio è un gran monello. Grazie quindi a tutti voi per quello che fate per noi, per averci dato la possibilità di beneficiare di questo progetto sperando che si possa ripetere anche nei prossimi anni. Un ringraziamento ufficiale e pubblico a Giovanna!

 

Foto di Maxskyohm27626627 da Vecteezy.

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