Lo Sportello Itinerante e Fisso di Altrove: un sostegno concreto per le famiglie fuori dal carcere
di officineperiferiche
In un contesto sociale in cui la condanna di un membro della famiglia può generare isolamento sociale, stigma e difficoltà organizzative, economiche e relazionali, nasce lo Sportello Territoriale di Supporto alla Famiglia e alla Genitorialità del progetto “Altrove – Non è la mia pena”, selezionato da Fondazione con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Questo servizio, rivolto a adulti e minori in esecuzione penale esterna, ex detenuti e alle loro famiglie, offre ascolto, aiuto e supporto gratuito da parte di professionisti qualificati, con l’obiettivo di ridurre l’impatto della pena sulla vita del nucleo familiare.
Uno sportello fisso e itinerante per rispondere ai bisogni del territorio
Lo sportello si articola in due modalità: una fissa, ospitata presso la sede de La Livella a Napoli (a Pianura, in via Sandro Botticelli 9, il martedì dalle 11 alle 13 e il mercoledì dalle 15 alle 17), e una itinerante, che si sposta sul territorio in sinergia con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (Uepe) e l’Ufficio di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM). Questa duplice formula permette di raggiungere un numero maggiore di persone, offrendo un supporto personalizzato e accessibile. “Lo sportello nasce dall’esigenza di coinvolgere i familiari del reo e il reo stesso nella gestione di questi aspetti critici, riducendo la pervasività del reato e della misura ricevuta sulla vita del nucleo familiare”, spiega Flavia Serio, psicologa dell’associazione La Livella e responsabile dello sportello insieme a Sara Romito. “Si tratta di costruire delle occasioni di dialogo che consentano di dar voce ai familiari la cui sofferenza resta troppo spesso inascoltata, creando uno spazio in cui le loro preoccupazioni possano trovare accoglienza, condivisione e risoluzione. Dal lato di chi ha generato il danno, la proposta dello sportello vuole supportare il reo nel processo di reintegrazione, incoraggiarlo ad affrontare i danni conseguenti al reato e promuovere un processo di trasformazione personale che lo metta, nonostante il reato, nella condizione di contribuire alla salute del nucleo familiare”.
Un supporto multiforme per le famiglie
Presso lo sportello fisso, vengono offerti incontri individuali e di gruppo, orientamento ai servizi territoriali e sostegno alla genitorialità, tutti gratuiti e nel rispetto della privacy e dell’anonimato. Queste azioni sono pensate per rispondere ai bisogni emotivi, cognitivi e affettivi delle famiglie, garantendo la salute e la coesione del nucleo familiare. Lo sportello itinerante, invece, si rivolge alle famiglie coinvolte nell’esecuzione penale esterna, proponendo Focus Group su tematiche come affettività, genitorialità e sessualità per i minori, incontri individuali per promuovere l’autonomia e sostenere i progetti futuri dei giovani, e gruppi di supporto alla genitorialità dedicati a genitori, nonni o altri adulti di riferimento. Gli interventi sono strutturati in cicli di 12 incontri per ogni realtà territoriale, distribuiti in 3 mesi, con appuntamenti settimanali della durata di due ore ciascuno.
L’isolamento sociale: un peso invisibile per le famiglie
L’impatto di una condanna non si limita alle difficoltà pratiche, ma si estende alla sfera relazionale, spesso con conseguenze profonde e durature. “Pensiamo a una famiglia in cui un genitore è agli arresti domiciliari”, spiega Flavia Serio. “Anche se rimane fisicamente in casa, la sua condizione modifica completamente gli equilibri familiari. Non può più accompagnare i figli a scuola, fare la spesa o svolgere quelle attività quotidiane che prima gestiva. Questi compiti ricadono inevitabilmente sugli altri membri della famiglia, creando tensioni e disagi che si ripercuotono su tutti”. Ma c’è di più. L’isolamento sociale è una delle conseguenze più dolorose e meno visibili. “Immaginiamo un ragazzino il cui padre è in esecuzione penale esterna”, continua Serio. “Cosa succede quando i genitori dei suoi compagni di classe vengono a conoscenza della situazione? Spesso iniziano a guardare quella famiglia con diffidenza, a evitare di invitare il ragazzino alle feste o di far frequentare i propri figli con lui. La mamma e il papà, dal canto loro, si sentono giudicati ed esclusi, come se l’intera famiglia fosse marchiata da un’etichetta invisibile. Questo isolamento può avere un impatto devastante, soprattutto sui più piccoli, che si trovano a vivere una doppia condanna: quella del genitore e quella sociale”.
Ridare valore alla genitorialità
Uno degli obiettivi principali dello sportello è quello di ridare centralità alla genitorialità, spesso oscurata dall’ombra del reato. “La vita di chi ha commesso un reato finisce per ruotare intorno a quell’evento, come se tutto il resto – il ruolo di genitore, di figlio, di partner – passasse in secondo piano”, spiega Serio. “Attraverso il nostro supporto, aiutiamo queste persone a sviluppare le competenze utili a collocarsi nel ruolo di genitori e a trovare, in quanto genitori appunto, una risoluzione delle questioni derivanti dal reato, costruendo relazioni interpersonali positive e creando le condizioni affinché la famiglia possa andare avanti con la propria vita”.
Un altro aspetto cruciale è il lavoro sulle etichette sociali che spesso accompagnano chi ha vissuto l’esperienza del carcere. “Le persone ex detenute vengono spesso identificate solo come tali, anche dopo aver scontato la pena. Questo le condanna a un’esistenza ai margini, dove è difficile ricoprire ruoli sociali attivi e positivi”, sottolinea Serio. “Il nostro obiettivo è aiutarle a superare questa gabbia invisibile, a tornare a essere viste come genitori, membri della comunità, lavoratori o studenti. Non vogliamo che il reato definisca per sempre il loro futuro”.
Un lavoro che va oltre il carcere
Lo sportello di Altrove rappresenta un’iniziativa che va oltre il semplice supporto individuale, puntando a generare un impatto positivo su tutta la comunità. Attraverso il lavoro con le famiglie, si cerca di modificare quelle dinamiche che hanno portato alla violazione della norma, promuovendo un processo di trasformazione personale e sociale che riduca il rischio di recidiva. “Vogliamo che queste persone tornino a sentirsi parte di una comunità, assumendosi la responsabilità delle proprie azioni”, conclude Serio. “Non si tratta solo di evitare che commettano nuovi reati, ma di renderle protagoniste di un processo che disfi l’ingiustizia generata dall’azione dannosa”. Lo sportello di Altrove si conferma così come una risposta concreta alle sfide che le famiglie affrontano quando si trovano a confrontarsi con il reato agito da uno dei loro membri, offrendo un sostegno che va oltre l’emergenza e che mira a costruire famiglie e comunità coese e in salute.
Ti potrebbe interessare
Altrove – non è la mia pena: dal carcere di S.M. Capua Vetere una risposta concreta per il diritto all’infanzia
di officineperiferiche
Il progetto Altrove – Non è la mia pena nasce da una esigenza fondamentale: non far ricadere sui più piccoli le pene...
Il mondo in “ino” del carcere: quando il genitore diventa bambino
di officineperiferiche
Uno dei paradossi più lampanti del carcere è che disidentificando il detenuto, lo spogli di tutte le sue responsabilità. Ne era certo...
“Il carcere non è un posto per bambini, rivedrò mio figlio quando esco”: la risposta del progetto Altrove
di officineperiferiche
Una camera spoglia, con i vetri oscurati e dei tavoli attaccati al pavimento come le sedie. La luce è artificiale, dalle finestre...