SPECIAL – “Ingaggio delle famiglie come processo”
di Società Dolce
a cura di Bruno Riccio, Scienze Dell’Educazione Giovanni Maria Bertin, Università di Bologna
Negli ultimi anni, in particolare dopo un inverno economico senza precedenti dal dopoguerra, il futuro è diventato un ambito di assidua riflessione socio-antropologica che ci ha insegnato come le aspirazioni delle persone siano capaci di nutrire la vita democratica delle collettività (Appadurai). È dunque un’importante sfida quella di aiutare ad uscire dalle povertà educative per immaginare il futuro e proiettarsi esistenzialmente oltre il presente, come fanno le azioni sperimentali di prevenzione e recupero che animano il progetto Ali per il futuro.
Attraverso la costruzione di progetti familiari personalizzati rivolti a famiglie con bambini che vivono situazioni di vulnerabilità sociale, lo scopo del progetto è quello di facilitare la fruizione di processi educativi in modo multidimensionale. Infatti, un secondo elemento di sfida più specifico è costituito dalla multidimensionalità del progetto che connette l’inserimento al nido e materna dei bambini con il supporto pedagogico e i processi formativi facilitanti l’accesso al mercato del lavoro per i genitori.
I case manager costituiscono il perno attorno a cui si articola questa complessa realizzazione progettuale e si dipanano le reti che connettono le famiglie, in modo sempre più stringente i tutor della formazione e le diverse organizzazioni coinvolte in ambito educativo. Negoziano priorità, percorribilità, tempistiche con l’insieme di questi attori. Quello che il primo ciclo di progetto sembra aver insegnato ai case manager è che l’ingaggio da parte dei beneficiari, la loro completa comprensione e conseguente identificazione con il senso del progetto, non si esaurisce con il patto siglato dai beneficiari nella fase di avvio: “patto sociale educativo e di orientamento al lavoro”. Se come serie di principi astratti e condivisibili questo viene accuratamente negoziato e spiegato, è spesso nell’effettiva esperienza quotidiana e nella sua elaborazione continua che gradualmente i beneficiari adulti capiscono il valore aggiunto, per esempio, di impegnare il tempo liberato con l’inserimento al nido dei figli nel rafforzare la propria formazione professionale (in certi casi anche linguistica), o che il sostegno pedagogico, lungi da risultare inquisitorio, facilita al contrario la coerenza di quanto avviene a casa e quanto avviene al nido o nelle attività alternative. Questa accresciuta consapevolezza, assieme ad un sempre più sistematico accordo con i tutor formativi, sta caratterizzando l’avvio del secondo ciclo e la preparazione della fase finale per il primo gruppo di famiglie.
Autorizzarsi a pensarsi nel futuro è in realtà più arduo di quanto non conceda il senso comune e non vi è nulla di scontato o di automaticamente virtuoso. Per questa ragione, affiancare tale percorso non può che rivelarsi come un processo per fasi e graduali aggiustamenti, in cui modulare idee ed esperienze concrete e rafforzare una trasversale sintonia di tutti gli attori in gioco.