Per Affido Culturale Napoli una chiacchierata con Antonella Liccardo per parlare di donne nella scienza

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Affido Culturale, progetto nazionale selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, incoraggia ed organizza momenti di formazione e occasioni di incontro sui temi della cultura per le nuove generazioni.

Dopo averla conosciuta durante la Notte Europea della Ricerca – Meet Me Tonight 2020, in occasione della Giornata Internazionale delle Donne e Ragazze nella Scienza abbiamo raggiunto telefonicamente  Antonella Liccardo, ricercatrice universitaria presso il Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” – Università degli Studi di Napoli “Federico II” e appassionata di musica, nonché coordinatrice del gruppo di lavoro per il Bilancio di Genere in seno alla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e socia fondatrice del Coordinamento Napoletano Donne nella Scienza.

Com’è nato il tuo interesse per la “questione di genere”?

L’attenzione verso il problema delle disparità di genere è stata istintiva, avevo bisogno di “chiarirmi le idee”.

E per approcciare la materia avevo la necessità di indagare i fatti oggettivi piuttosto che lasciarmi guidare dalle sensazioni personali.

Da donna di scienza credo che il fenomeno puoi davvero vederlo quando riesci a quantificarlo, ma come ogni ricerca c’è bisogno di metodo e di tempo ma anche di sostegno politico che, con grande impegno personale e di alcune colleghe in particolare, è arrivato dalla CRUI (Conferenza Dei Rettori Delle Università Italiane) grazie alla quale è stato possibile organizzare una task force che ha consentito di pubblicare nel 2019 le LINEE GUIDA PER IL BILANCIO DI GENERE NEGLI ATENEI ITALIANI.

 

Spiegaci per grandi linee la natura di questo lavoro.

Le disparità di genere sono un fenomeno sistemico delle organizzazioni scientifiche che si affianca, si sovrappone e si interseca con altre disuguaglianze strutturali e che non si risolve spontaneamente con l’evoluzione dei sistemi sociali.

Anche all’Università degli Studi di Napoli “Federico II” si è registrato un aumento nel numero di donne che intraprendono il percorso universitario fino a conseguire il dottorato di ricerca, ma le posizioni apicali dell’accademia e alcuni domini del sapere restano tuttora improntati al maschile.

Questo dato fornisce indicazioni molto chiare dell’esistenza di ostacoli culturali e strutturali che determinano, da un lato, l’abbandono della carriera scientifica da parte delle donne e, dall’altro, il persistere nelle istituzioni di una forte segregazione orizzontale e verticale, con alcune aree e posizioni ad appannaggio solo di un genere.

Attrarre più donne nelle aree di ricerca in cui sono sottorappresentate e favorire il riequilibrio dei rapporti tra i generi, laddove questi sono più squilibrati, non significa forzare preferenze e attitudini, ma contrastare stereotipi e ostacoli sociali a un corretto dispiegamento delle capacità e dei talenti di ciascuno.

Significa favorire un più bilanciato dispiegamento anche delle linee di ricerca perseguite; introdurre un più ampio ventaglio di dimensioni nella costruzione degli indicatori cui si fa attenzione nella valutazione della didattica e della ricerca; far riconoscere, effettivamente, nell’Università il luogo più adeguato all’elaborazione e alla trasmissione responsabile dei saperi e delle conoscenze.

Questi sono i valori attraverso cui la società migliora la capacità di progettare se stessa e di proiettarsi consapevolmente verso un futuro sostenibile.


Quindi ritieni che sussista l’effettiva necessità, anzi piuttosto l’opportunità, ancora oggi di sensibilizzare i giovani e l’opinione pubblica in generale sull’argomento ‘donne e scienza’?

La divulgazione è educazione. E’ sostanziale impegnarsi per costruire una comunità educante. Tuttavia avvicinare direttamente un pubblico di famiglie non è semplice.

Anche con l’esperienza della Scalzabanda (di cui è presidentessa), ho avuto modo di verificare che l’incontro con altri adulti – specialmente intorno a tematiche come “il genere” – passa attraverso le nuove generazioni. Attraverso loro si può realmente aprire una breccia per entrare nell’ipotesi di un confronto anche con gli adulti che li accompagnano.

Occupandoti specificatamente di divulgazione e di comunicazione della scienza quali strumenti ritieni possano o anche debbano essere messi in campo per informare e formare in ambito scientifico il vasto pubblico indipendentemente dal fatto che ci possano essere, fra le ragazze e i ragazzi di oggi, persone interessate poi ad intraprendere una reale carriera in ambito di ricerca scientifica.
Insomma…val la pena anche solo “divertirsi facendo scienza” così come proposto da alcuni musei e associazioni convenzionati con Affido Culturale?

Assolutamente si.
Da due anni, per fare un esempio, abbiamo attivato un progetto con le scuole:
IL GENERE DELLA SCIENZA ovvero un PCTO (percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) che proponiamo agli istituti superiori, come Coordinamento Napoletano Donne nella Scienza, per far riflettere i ragazzi e le ragazze sugli stereotipi di genere e su come questi condizionino anche le scelte formative e lavorative successive.

A partire semplicemente da un gioco – liberamente ispirato al tabù – si familiarizza con le scelte di linguaggio che identificano opinioni che risultano, immediatamente, intrisi di stereotipi.

Una sorta di brainstorming che fa da preludio alla presentazione e all’applicazione concreta di un metodo di indagine e valutazione analitici, tipici di una ricerca scientifica, che prevede una analisi di genere della propria scuola attraverso la rilevazione di alcuni dati e la somministrazione all’intera scolaresca di un questionario.

Praticamente tutti, al termine del percorso, si stupiscono di come – in misura percentuale – quei dati ISTAT letti ai primi incontri riescano a fotografare anche la realtà a loro più vicina dalla scuola alla famiglia. Attualmente hanno preso parte i licei Alberti e Vittorini ma anche il Vico e il Fonseca di Napoli.

 

 

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