Giovani e lockdown – Intervista agli educatori dello Spazio Giovani Al Kalè
di welcome
Durante il lungo periodo di lockdown che abbiamo vissuto, i giovani sono stati senza dubbio una categoria sofferente. Quando si è adolescenti i rapporti sociali sono tutto, e ogni cosa che si fa sul piano delle relazioni assume contorni più ampi e importanti. Andare a scuola non è solo andare a scuola, ma sentirsi parte di qualcosa. È il ritrovo con gli amici all’ingresso prima del suono della campanella, è condividere la tensione per il compito e stemperarla fra qualche risata, è sedersi al proprio banco e sentire che quello è il tuo posto. Tutto questo e molto altro (non c’è solo la scuola nella vita dei giovani!) è svanito di colpo da un giorno all’altro, per cause di forza maggiore, ovviamente, portandosi dietro anche una discreta dose di incertezza per il futuro.
Vista la portata di quanto è successo, e considerando che tutti noi ci siamo trovati improvvisamente a vivere una condizione nuova, crediamo sia giusto interrogarsi anche sul punto di vista dei ragazzi, e soprattutto non relegare a “cosa di poco conto” un aspetto così importante per la loro crescita e formazione: la relazione.
I giovani sono quelli di cui si è parlato di meno e di cui ci si è curati di meno; niente scuola, niente uscite con gli amici, niente sport; solo casa e famiglia, e tutte le relazioni sociali delegate allo schermo graffiato del cellulare, unica finestra sul mondo un po’ per tutti in questi ultimi mesi.
Anche la nostra associazione ha dovuto in larga parte sospendere le molte attività rivolte ai giovani che porta avanti con lo Spazio Giovani Al Kalè, e anche i nostri ragazzi hanno sofferto questa nuova normalità. Ma come l’hanno vissuta? Cosa è passato per le loro teste in quei lunghi giorni trascorsi in casa e solo in casa, senza poter vedere i propri amici? Come hanno impiegato il loro tempo?
Lo abbiamo chiesto a Lorenzo, Airan, Rosita e Annarita, i nostri educatori dello Spazio Giovani che hanno vissuto insieme ai ragazzi gli alti e i bassi di questo strano periodo di lockdown.
Come hanno reagito i ragazzi alla notizia che lo Spazio Giovani avrebbe chiuso momentaneamente a causa della situazione sanitaria?
E’ stato come vivere in un tempo ed in uno spazio sospeso… I ragazzi non l’hanno presa molto bene, anche perché inizialmente non si capiva cosa sarebbe successo. Infatti dalla chiusura della scuola al blocco del lockdown abbiamo provato a mantenere il nostro centro di aggregazione aperto, stando molto attenti alle misure di prevenzione comunicate al momento (lavarsi spesso le mani, areare i locali, distanziamento e coprirsi naso e bocca quando si starnutiva). Mentre noi educatori eravamo concentrati nel cercare di rendere tutto questo come situazione di normalità, loro, come al solito, erano impegnati a prenderci in giro, ma con tono autoironico. Il primo giorno di questa nuova forma abbiamo passato quasi tutto il pomeriggio a parlare con loro di cosa fosse questo virus, se fosse pericoloso, come proteggersi e come proteggere gli altri, soprattutto i nonni. Le parole che risuonavano di più tra un’equazione di matematica e uno schema di storia sono state “stiamo calmi”, “cerchiamo di seguire le regole”, “andrà tutto bene”.
Avete incontrato problemi rispetto alla possibilità di accesso alla rete da parte dei ragazzi e all’uso dei devices, strumenti indispensabili per partecipare alle attività? Se sì, come li avete risolti?
Quando è stato chiaro che non potevamo più incontrarci ci siamo affrettati a cercare il modo di riorganizzare alcune delle nostre attività in modalità on line ma…quello che sembrava il modo più semplice per stargli accanto all’inizio nascondeva in sé un denominatore comune a molti dei nostri ragazzi: molti di loro non avevano strumenti o connessioni capaci di supportare nemmeno la didattica a distanza, figuriamoci i pomeriggi con noi educatori. Abbiamo quindi chiesto a ciascuno di loro come si erano organizzati, e laddove si sono riscontrate difficoltà oggettive abbiamo indirizzato i ragazzi a comunicare ai coordinatori di classe la propria difficoltà e nel giro di poco tempo sono riusciti ad attrezzarsi. Le uniche attività che potevamo portare avanti nella modalità on line erano i coaching sul metodo di studio dello Spazio Studio e il Fab Lab del progetto HERO.
Lo Spazio Studio è stato attivo tre pomeriggi a settimana con una modalità diversa rispetto al solito. I ragazzi dovevano di volta in volta prenotarsi per studiare con gli educatori tramite la pagina Instagram o su WhatsApp. Così facendo però non riuscivamo a raggiungere tutti i ragazzi perché, anche se sembrerà assurdo, coloro che presentavano più difficoltà erano quelli più difficili da coinvolgere. Allora abbiamo pensato ad un piano B: chi non si prenotava con i compiti veniva comunque invitato a collegarsi con gli educatori per una video chiamata di monitoraggio, che spesso è servita come forma di aggancio per programmare il piano di studio settimanale.
Il Fab Lab invece era partito con tutte le migliori intenzioni, ma le strumentazioni dei ragazzi non hanno reso possibile lo sviluppo del laboratorio in autonomia. Quindi abbiamo deciso di sospendere l’attività e rimandarla al prossimo settembre.
Abbiamo cercato però di preservare anche la parte aggregativa, organizzando delle videochiamate di gruppo! Nonostante l’ostacolo della lontananza è bastato collegarsi tutti insieme per creare una situazione che sapeva di normalità…c’era chi si è divertito a silenziare i microfoni mentre parlavano gli educatori, chi si è divertito a fare battute, chi parlava sempre e chi invece stava sempre zitto…insomma tutto nella norma.
Il vostro lavoro porta con sé un grande coinvolgimento emotivo. Quali sono stati i momenti più critici, sia per voi che per loro, in quelle settimane?
Il momento più critico a livello emotivo è stato rendersi conto di non riuscire a sostenere quelle situazioni più fragili come facciamo di solito con i colloqui di supporto motivazionale e di ascolto, che in videochiamata non hanno ottenuto i risultati sperati.
I ragazzi si sono aperti con voi? Cosa vi hanno raccontato delle loro giornate?
I ragazzi si sono aperti sempre con noi, ricavandosi dei momenti durante i collegamenti per condividere le loro preoccupazioni, paure, difficoltà, ma anche momenti divertenti. Chi passava i pomeriggi nell’orto di casa, chi ad organizzarsi per le ricette da preparare per la lezione di cucina, chi si doveva truccare e preparare per le video lezioni, e chi ha condiviso con noi le diversità di questo insolito Ramadan.
Quali paure e preoccupazioni avete percepito parlando con loro?
Il periodo di lockdown è stato vissuto come un tempo infinitamente lungo e la domanda più gettonata da parte dei ragazzi era sempre la stessa: “…ma quando finisce? quando si tornerà alla normalità?” Più il tempo passava e più la noia e le preoccupazioni prendevano campo…
C’è stato chi non poteva uscire perché immunodepresso e non ne poteva più di vedere il mondo dalla finestra di casa, e anche solo il riuscire a portare fuori la spazzatura dopo due mesi è stata una conquista che aveva con sé una gioia indescrivibile. Chi invece aveva voglia di rivedere gli amici o i fidanzatini, e questa lontananza l’ha vissuta con apprensione. Chi invece non vedeva l’ora di cambiare aria, perché a volte quando si è adolescenti le quattro mura di casa si vivono come “prigioni” da cui non si vede l’ora di scappare.
Cosa avete imparato voi educatori da questa esperienza?
Abbiamo imparato soprattutto il valore e la forza di essere una squadra. Non è retorica. Ci siamo sostenuti a vicenda e abbiamo affrontato insieme tutti i momenti critici e le difficoltà che si sono presentate.
Abbiamo imparato il valore dell’essere accanto a chi fa più fatica nonostante le distanze, e il significato dell’incontrarsi, anche se in una veste insolita.
Abbiamo imparato che i ragazzi non vanno sottovalutati, anche loro sono stati una grande risorsa per noi educatori. Del resto il nostro Spazio Studio non è mai stato solo compiti, ma soprattutto uno spazio di scambio di esperienze e relazioni che ci ha fatto e ci fa crescere a vicenda. Questa caratteristica, anche se in forma anomala, si è mantenuta.
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