L’importanza dell’arte per educare e sensibilizzare: intervista a Bruno Cerasi
di focolaremariaregina
Nel contesto del progetto WE CARE, promosso dall’Associazione Focolare Maria Regina Onlus e selezionato da Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che si impegna nella prevenzione e nel contrasto della violenza sui minori, l’arte e la comunicazione sociale sono strumenti fondamentali.
I laboratori di storytelling e video making, attualmente in corso presso l’Istituto “Di Marzio-Michetti” di Pescara e il Polo Liceale “Illuminati” di Atri, rappresentano un’opportunità unica per sensibilizzare i giovani su temi complessi.
A guidarli in questo percorso creativo c’è Bruno Cerasi, artista e comunicatore sociale, che sta mettendo la sua esperienza al servizio di un progetto educativo coinvolgente.
Cerasi sta utilizzando l’arte per avvicinare gli studenti a tematiche delicate, trasformando il linguaggio visivo e narrativo in strumenti di riflessione e crescita.
Con il suo approccio, sta creando uno spazio sicuro dove i ragazzi possono esplorare le proprie emozioni e sviluppare competenze utili per affrontare la violenza sui minori, contribuendo così alla formazione di una generazione più consapevole.
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistarlo per approfondire il significato di questo lavoro e il valore di questi laboratori nel contesto del progetto.
Come è nata la tua collaborazione con il progetto WE CARE e cosa ti ha spinto ad accettare questa sfida?
Tramite una serie di collegamenti costruiti nel tempo, come tante delle cose che mi succedono ultimamente. L’anno scorso ho tenuto un corso di creatività e progettazione per giovanissimi ragazze e ragazzi, attirando l’attenzione di alcuni operatori del progetto WE CARE che hanno subito visto in me competenza e capacità di costruire un dialogo intergenerazionale.
Ho accettato subito la loro proposta di collaborazione, con estrema naturalezza, sentendo che quell’occasione era arrivata a me perché probabilmente ero pronto ad accoglierla.
In che modo il processo creativo di un cortometraggio può aiutare i ragazzi a raccontare le loro esperienze e a sensibilizzare il pubblico sui temi del progetto?
Credo che costruire un cortometraggio sia un’esperienza molto potente, per tante ragioni. Scrittura, regia, recitazione sono attività che richiedono concentrazione e lavoro su se stessi, anche in un progetto nato all’interno dell’ambiente scolastico. È necessario inoltre far parte di una squadra di lavoro per collaborare nei vari step del progetto, scambiarsi idee, pensare in modo pratico, sviluppare varie competenze anche dietro le quinte e trovare il proprio spazio.
L’impatto con il pubblico durante il Tour della prevenzione, in programma, sarà importante: è essenziale che i ragazzi abbiano consapevolezza della possibilità di sensibilizzare e ispirare i loro coetanei, promuovendo una maggiore comprensione e consapevolezza del tema.
Puoi raccontarci un episodio significativo o un momento particolarmente emozionante vissuto durante i laboratori con gli studenti?
Il primo giorno di riprese è sempre un’emozione, per loro ma anche per noi operatori.
In generale, vedere ragazze e ragazzi all’inizio titubanti, superare le proprie insicurezze e mettersi in gioco è un processo molto prezioso.
Quali sono le sfide principali che hai incontrato lavorando con i ragazzi su un tema così delicato come la prevenzione della violenza sui minori?
È sicuramente un tema molto delicato, che va affrontato con un approccio attento. Parlo per la mia breve esperienza negli ultimi mesi: all’inizio non è stato facile per tutti i ragazzi aprirsi, gestire le proprie emozioni, credere in noi docenti e in questo progetto che riguarda lo storytelling. È servito e serve ancora un po’ di tempo, ragionevole e fisiologico, per farlo. Anche grazie alla loro fiducia e collaborazione, i cortometraggi stanno pian piano prendendo forma ed è sempre emozionante poter assistere a questo processo dall’interno.
Che valore ha per te il coinvolgimento diretto degli studenti nella creazione di contenuti come peer educator? Come pensi che questa esperienza influenzerà il loro futuro?
Penso che possa creare un maggiore senso di responsabilità tra gli studenti, che, unito alle nuove competenze acquisite, potrebbe aiutarli a crescere ed essere membri più attivi nella società.
Quali messaggi chiave speri che emergano dai lavori realizzati dagli studenti?
Anche se affrontano lo stesso macro-argomento, i lavori realizzati saranno diversi in base alle scuole ed ai gruppi coinvolti. Come ho già detto, spero di cuore che emerga quanto sia importante la consapevolezza del tema, in tutte le sue sfumature, e anche che ognuno debba dare il suo contributo per cambiare le cose.
Che ruolo ha l’arte nel costruire una comunità educante?
La presenza di arte, design e comunicazione visiva impreziosisce l’ambiente scolastico e lo rende più dinamico. Trasforma la scuola in un contesto in cui imparare a esprimere le proprie idee in modi nuovi e meno convenzionali.
Cosa speri che i ragazzi portino con sé da questo percorso?
Mi auguro che si instauri un dialogo sano e costruttivo tra gli studenti, utile a formare nuove generazioni migliori e più consapevoli.
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Bruno Cerasi rappresenta un esempio di come l’arte possa diventare uno strumento educativo potente e trasformativo. Grazie alla sua sensibilità e alla capacità di entrare in sintonia con i giovani, i laboratori del progetto WE CARE non sono solo un’occasione di apprendimento, ma un’esperienza che potrà lasciare un’impronta duratura nelle loro vite e nella comunità.
Per ulteriori informazioni sul progetto We Care e sulle prossime attività, contatta il Centro Studi Sociali “Don Silvio De Annuntii” all’indirizzo: direzione@ibambini.it
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