Ma le bambine e i bambini erano ultimi già prima del virus

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Lunedì 25 maggio anche il Centro per la Salute del Bambino (CSB), ente capofila del progetto Un Villaggio per Crescere,  ha partecipato alla Maratona per l’Infanzia organizzata da un gruppo di parlamentari e diffusa sui canali web e social di La Repubblica.

Riportiamo qui le parole del Presidente del CSB, Giorgio Tamburlini.

“Non possiamo meravigliarci se i bambini e le bambine sono stati considerati come ultimi in questa circostanza drammatica: lo erano (ultimi) già prima, come dimostrano gli scarsi investimenti su educazione e famiglie che hanno caratterizzato con poche eccezioni la politica italiana. Questa situazione va cambiata, se vogliamo che questa emergenza non lasci un qualche cosa di utile, per noi e soprattutto per le nuove generazioni.

In questa cornice possono essere fatte alcune considerazioni di merito.

La prima riguarda l’evidenza che i primissimi anni di vita sono decisivi per plasmare le competenze delle bambine e dei bambini, e tuttavia non ricevono l’attenzione adeguata dal punto di vista degli apporti educativi. La seconda riguarda il fatto che, in questi primi anni, è la famiglia l’ambiente principale di apprendimento, anche quando il bambino ha la fortuna di poter frequentare un  nido (in Italia succede a 1 su 5) e quindi è anche sulla famiglia e sulle sue competenze che occorre investire. Una famiglia su 10, a essere benevoli, accede a percorsi per sostenere le competenze genitoriali. Da queste carenze di intervento deriva una perdita considerevole di capitale umano e l’instaurarsi precoce di forti diseguaglianze, già evidenti, come una indagine recente ha dimostrato, a 4 anni di età, in rapporto a livelli di istruzione e occupazione dei genitori.

È necessario quindi lavorare su tutto l’aspetto educativo, sia quello familiare che quello extrafamiliare. Va ridisegnato il sistema intero di cure all’infanzia, va previsto un supporto universale alle competenze dei genitori, tutti i genitori, e questo va coniugato con un accesso universale a opportunità di educazione precoce, come raccomandato da molti anni da numerose agenzie internazionali. 

Per muoversi in questa direzione, di un piano complessivo per l’infanzia occorre definire una regia unica, sia a livello parlamentare che di Governo, e sia a livello nazionale che locale, per non frammentare l’unicità dell’infanzia tra aspetti educativi, sociali e sanitari come avviene tutt’ora. È necessario ripensare a un meccanismo simile a quello della 285, che renda risorse disponibili ai comuni, o consorzi di comuni, con alcune condizionalità che riguardano la collaborazione e integrazione tra settori e la collaborazione tra pubblico e terzo settore con il sostegno anche della comunità tutta e delle aziende che vi operano. Un primo significativo passo in questa direzione potrebbe essere quello di istituire la funzione del supporto educativo familiare, ispirandoci a una figura che ha ormai una larga letteratura e copro di esperienze a sostegno, che è quella dell’ home visitor da rileggere nella direzione di una figura a cavallo tra sistema educativo, sociale e sanitario. Questa funzione si potrebbe in via transitoria e sperimentale collegare all’ infermiere di comunità/di famiglia previsto per rafforzare la componente territoriale e di prossimità del SSN. Questa funzione appare particolarmente importante nelle aree caratterizzate da assenza di servizi, quali nidi e a volte la stessa pediatria di famiglia, per fornire sostegno alle famiglie raggiungendole piuttosto che attenderle in servizi che a volte proprio non ci sono”. 

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