Presa in carico integrata: un percorso di empowerment
di thub06
Con l’avvio di Thub06 Delivery, progetto che corre su un binario parallelo rispetto a Thub06, gli snodi attivi sulla città hanno iniziato ad accogliere le famiglie con bimbi in fascia 0-6 anni in condizioni di fragilità dando loro ascolto e supporto per iniziare insieme un percorso di empowerment efficace e concreto.
Una delle azioni del progetto prevista è la presa in carico integrata del nucleo famigliare e si realizza all’interno delle Case del Quartiere e del Boschetto, considerati spazi di comunità nevralgici e strategici in cui accogliere e orientare i genitori. L’azione si traduce in un lavoro che prevede l’accoglienza delle famiglie che giungono agli snodi con bisogni e storie differenti e che richiedono una risposta personalizzata per il momento che stanno vivendo. Agganciare una mamma o un papà significa dare loro uno spazio di parola, metterli in contatto con la rete che offre il quartiere e, dove c’è necessità, fare con loro un pezzetto di stada attraverso azioni concordate che mirino a promuovere una maggiore autonomia e serenità.
Giovanni Catanzaro è l’operatore che sta lavorando presso la Casa del Quartiere di San Salvario e di Casa nel Parco a partire dal primo aggancio presso gli sportelli, attivi su appuntamento, che rappresentano il primo accesso per le famiglie all’azione presa in carico integrata.
Che tipologia di genitori state incontrando allo sportello?
In entrambi gli sportelli accedono principalmente famiglie in difficoltà economica e in alcuni casi anche sociale. Un reddito insufficiente, la mancanza di lavoro e una situazione alloggiativa precaria sono tratti che accomunano molte storie famigliari incontrate nei due snodi.
Le famiglie italiane, o quelle che sono presenti in Italia da molti anni, sono generalmente seguite dai servizi del territorio o comunque ne hanno conoscenza anche se permane in alcune una forte diffidenza nei confronti dei Servizi Sociali. Alcune persone con percorsi migratori più recenti hanno reti sociali meno strutturate e necessitano di maggiori informazioni. Molti nuclei sono di origine immigrata e in entrambi gli sportelli la vicinanza di grandi complessi di edilizia popolare fa si che si rivolgono allo sportello molte famiglie provenienti da quei contesti che sono caratterizzati da un alto numero di nuclei in difficoltà economica e sociale .
Le coppie spesso sono monoreddito e per le madri sole è difficile conciliare i tempi di lavoro con i carichi di cura familiari, una fatica che le costringe a lavori precari, saltuari e in nero.
Alcune delle famiglie sono state intercettate attraverso gli sportelli sociali presenti in entrambe le Case del Quartiere o attraverso altri progetti comei Torino Solidale, nato per sostenere nella spesa alimentare i nuclei più vulnerabili e le Mamme di Quartiere.
Che dinamiche decidono di condividere i genitori? Quali fatiche portano?
Le dinamiche portate sono tendenzialmente quelle innescate dal tentativo costante di fronteggiare una situazione economica precaria concausa e detonatore del manifestarsi e dell’incidere di altre fatiche e problematiche. Una richiesta costante è quella di essere aiutate per poter accedere ad aiuti sia pubblici ( voucher) che privati (compilazione della domanda per entrare in progetti dell’Ufficio Pio di Compagnia di San Paolo). Per i figli le richieste spesso vertono sul reperimento di pc e supporti informatici o su attività sportive a e di aiuto compiti gratuite o a basso costo.
Per molte persone vi è una grande difficoltà nell’utilizzo di device per espletare pratiche e procedure sempre più effettuabili solamente online ( es: ottenimento Spid, prenotazione di appuntamenti).
Come state rispondendo alle richieste che ricevete dalle famiglie?
L’orientamento ai servizi e alle risorse del territorio è certamente una prima risposta. Cerchiamo poi di utilizzare in maniera sinergica i molteplici progetti, opportunità e rete di contatti presenti in entrambe le Case del Quartiere. In entrambe le realtà vi è poi la possibilità di condurre degli accompagnamenti più strutturati per alcuni nuclei anche attraverso figure professionali che collaborano a titolo volontaristico.
Si riesce a instaurare un rapporto di fiducia?
Con le persone con cui c’era una conoscenza pregressa è stato ulteriormente consolidato il rapporto di fiducia e di affezione nei confronti delle Case del Quartiere . Con le “nuove famiglie” il colloquio allo sportello è stato un primo momento di “aggancio” a cui, in alcuni casi e a seconda del tipo di richiesta e risposta data, sono si sono susseguiti altri incontri che han permesso di iniziare una relazione di maggior conoscenza. Tuttavia là dove la relazione rimane limitata a un primo incontro non è facile approfondire dinamiche più strettamente connesse all’ambito familiare e proporre alle persone incontri con lo psicologo e la psicomotricista.
Cosa si aspettano?
In generale le richieste riguardano il soddisfacimento di bisogni concreti e materiali mentre l’ambito relazionale è secondario e figure come lo psicologo e lo psicomotricista sono poco richieste anche per diffidenza e poca conoscenza del loro ruolo. Si è riscontrato tuttavia che l’impossibilità di accedere a risorse per mancanza di capacità e di strumenti (es: mancanza di conoscenze informatiche e mancanza di device adeguati), oltre che un danno materiale acuisce e sottolinea una frustrante condizione di solitudine e isolamento sociale.
Ringraziando Giovanni Catanzaro per la fotografia puntuale che condivide del progetto, l’ultima domanda permette di precisare il compito degli operatori che lavorano sulla presa in carico integrata. L’approccio con cui si pongono non prevede infatti la semplice risposta a quei bisogni immediati che portano le famiglie ma di trovare insieme a loro nuove possibilità a difficoltà che magari faticano a riconoscere. Sostenere l’intero nucleo significa aiutarlo a conoscere meglio il quartiere ma soprattutto provare a valorizzare le risorse interne alla famiglia per migliorare la quotidianità di bimbi e genitori.
Auguriamo a tutti gli snodi un buon lavoro!
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