“Nessuno si è mai interessato a me, alla mia sofferenza ed io qui posso parlare di tutti i miei traumi, senza sentirmi giudicata.”

di

La storia di C.

C. è una giovane donna di 40 anni. Quando si rivolge a noi è mamma di un bimbo di pochi anni ed incinta di una bimba. Si presenta come una donna molto curata ma quando si lascia andare emerge tutta la sua fragilità e grossi lacrimoni scendono sul suo viso. La forza impetuosa del pianto porta con sé i residui di vitalità che custodisce, le ciglia finte che si scollano le restituiscono un’immagine di sé che fatica ad accettare, si scopre sola e debole. Ha perso un genitore quando era molto piccola e sente che questo lutto le ha sottratto l’infanzia. È stata una bimba “non voluta”, ricorre più volte nella sua mente la frase “non saresti dovuta nascere!”. La gravidanza è stata portata avanti nella speranza che nascesse un maschio, C. ha indossato abiti maschili sino alla sua prima relazione <<mi vestivo da uomo anche quando uscivo con i ragazzi… non mi vedere così, ora mi preparo, mi aggiusto, ma prima non ero così! Eppure nemmeno ora mi piaccio, mi vorrei rifare gli occhi, tirarmeli sù … non voglio più vedere questa faccia!>>

E anche il suo ex compagno l’ha umiliata durante la gravidanza perché “si stava imbruttendo”.
C. ha avuto al suo fianco uomini che l’hanno abbandonata e svalutata.

Ripete frasi come “Nessuno mi vuole … se non mi vuole bene mia madre, come possono volermene altre persone?? Io non ho mai avuto una stanzetta, nonostante a casa ci fosse il posto, nessuno mi ha aiutato a trovare la mia strada e nessuno comprende la mia sofferenza”.

C. è tornata a vivere con la sua famiglia di origine e anche questa convivenza obbligata rappresenta un’ulteriore difficoltà; la sua condizione economica non è buona, tuttavia è una persona resiliente capace di riconoscere le sue difficoltà e di chiedere aiuto.

Con il tempo, attraverso il supporto dell’équipe, sta imparando ad accettare le sue criticità, a riflettere sul suo modo di entrare in relazione con gli altri, focalizzandosi su sé stessa e sulle conseguenze delle proprie scelte sul ruolo genitoriale, sull’importanza di creare basi sicure per i propri figli evitando inoltre situazioni di elevato rischio come quella vissuta nella sua ultima relazione <<Mi ero illusa che lui potesse essere il mio principe azzurro, che con lui avrei potuto dare una famiglia alla mia bambina che è cresciuta senza padre. Pensavo che finalmente fosse arrivato il mio momento. Lui mi diceva che voleva un figlio con me ma quando la mia pancia ha iniziato a crescere lui è cambiato… e così sono arrivati gli insulti e i calci. Ora basta però! Sono stanca!>>. E questa stanchezza emotiva arriva quando lei sprofonda nella poltrona ed inizia a raccontarmi come si sente.
Ora C. sta riscoprendo i propri desideri, sta riflettendo sull’importanza di compiere scelte meno impulsive rispetto al passato, di garantire un futuro migliore per la propria famiglia anche impegnandosi nella ricerca di un lavoro che l’aiuti nella realizzazione dei suoi progetti.

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