Impara l’arte e mettila da parte. Dall’hobby all’impresa – Palermo

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Trasformare un passatempo o una passione in un’attività di sostegno al reddito familiare e, perché no, in una opportunità di sviluppo auto-imprenditoriale.

È questo il tema scelto dalla cooperativa Al Revés di Palermo per la seconda edizione del laboratorio di cucito e riciclo tessile organizzato nell’ambito del progetto Sprint! a beneficio degli adulti e genitori del quartiere Brancaccio.

Anche quest’anno sono state trasmesse ai partecipanti le competenze di base del cucito, secondo la visione etica del riciclo tessile e della sostenibilità umana e ambientale dei processi produttivi. I soci e collaboratori di Al Revés, infatti, dal 2012 portano avanti il progetto della Sartoria Sociale, un laboratorio di capi sartoriali e vintage fondato sul contributo di persone svantaggiate, che grazie al lavoro inclusivo imparano a relazionarsi con il mondo e a recuperare la fiducia in se stesse.

L’elemento di novità per questa seconda edizione risiede nella visione auto-imprenditoriale adottata per erogare la formazione: un’attività manuale non è solo una fonte di intrattenimento fine a se stessa ma può diventare uno strumento di autoaffermazione, emancipazione e indipendenza economica. «Ciascuno di noi – spiega Loredana Introini, Project Manager della cooperativa – può favorire il sostentamento economico di se stesso e della propria famiglia partendo dalle proprie potenzialità e predisposizioni, da ciò che ama fare o che sa fare meglio. Per alcuni è il cucito, per altri è la cucina, per altri ancora sarà un’abilità intellettuale, artistica o sportiva, e così via. Individuare la propria strada però non basta. Chi vuole iniziare a percorrerla deve acquisire una alfabetizzazione di base sugli strumenti progettuali dell’auto-impresa, altrimenti il salto dalla dimensione amatoriale a quella professionale non avviene».

In questa prospettiva, durante gli incontri si è dato spazio non solo alla creatività ma soprattutto alla riflessione guidata sulle proprie abilità: ogni partecipante è stato invitato a mettere a fuoco le sue passioni e a guardarle sotto una prospettiva più sistematica e strutturata, partendo da alcune domande:

  • Che cosa so fare?
  • Che cosa amo fare?
  • Le competenze che penso di avere sono le stesse che mi vengono attribuite dagli altri?
  • Quali sono i miei obiettivi a medio-lungo termine?
  • Posso raggiungerli convertendo i miei hobby in un lavoro riconosciuto e remunerato?
  • Da dove iniziare? Posso contare su sportelli di aiuto e agevolazioni?

Tante le domande e tanti gli input emersi fra una creazione sartoriale e l’altra.

Olga Pirrotta, assistente sociale della cooperativa, commenta così il lavoro svolto: «Si è trattato di una ricognizione propedeutica utile a intercettare i bisogni e le difficoltà del territorio, segnato da situazioni di fragilità familiare, discontinuità occupazionale e discriminazioni di genere. Chi vive in un contesto del genere non è portato a credere in un cambiamento ma, prima ancora, non possiede il background di conoscenze che gli permetterebbe di sviluppare questa fiducia. La sfida sta tutta qui».

Il gruppo di adulti e genitori che ha preso parte al laboratorio è stato formato con l’aiuto del Centro di Accoglienza Padre Nostro, fondato il 16 luglio 1991 da Don Pino Puglisi. Il Centro porta avanti una profonda azione pedagogica di lotta all’emarginazione e al degrado, che lo ha reso un importante presidio di legalità e riscatto sociale non solo per il quartiere Brancaccio, ma per la società intera. La sede scelta per le attività è altrettanto significativa: si tratta del Centro Antiviolenza “Beato Giuseppe Puglisi”, un ex mulino del sale che oggi offre un punto di riferimento, aiuto e ascolto per le vittime della violenza di genere. Perché anche i luoghi educano e danno l’esempio, con le loro storie di ri-collocazioni e ri-significazioni.

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