“Mamma…. questa scuola non fa per me!” Orientamenti e dis-orientamenti nell’era del COVID19

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Nuove paure e incertezze, accanto a quelle “storiche”

Attraverso gli sportelli di supporto e sostegno attivati tramite il progetto “Spacelab”, all’interno delle Scuole Superiori del territorio,  abbiamo avuto la possibilità di incontrare ragazzi, genitori ed insegnanti alle prese con le variegate difficoltà determinate da questo particolare momento storico.

Le fatiche determinate dalla scelta del percorso scolastico più idoneo alle proprie caratteristiche ed  inclinazioni  sono ben conosciute dai ragazzi e dai loro genitori, già da prima dei disastri provocati dalla situazione emergenziale. Ad aggiungere confusione e disorientamento, la pandemia  e le conseguenti  restrizioni alle relazioni sociali, che nella scuola si sono tradotte nell’utilizzo della DAD per lunghi periodi.

Se prima del COVID  il ”salto” dalla terza media alla prima superiore era per una situazione  che, di suo, poteva scatenare dubbi, perplessità e disorientamenti, ora ci troviamo di fronte ad una situazione molto più complessa. Un guazzabuglio di fatiche, dentro le quali le difficoltà tipiche dell’età si mescolano ad ansie e paure che poco hanno a che fare con  inclinazioni e percorsi scolastici,  ma molto con la situazione  emergenziale.

Bisogni e malesseri

Le situazioni arrivate agli sportelli d’ascolto evidenziano angosce che hanno a che vedere con la sofferenza, con la malattia, con la paura di essere malati e di morire. Paure che spesso (anzi quasi sempre) vengono nascosti da comportamenti che sembrano non abbiano nulla a che fare con questi sentimenti: ne sono un esempio l’insofferenza, la rabbia oppure stati di ansia diffusa e generalizzata.

E qui, lasciatecelo dire tra parentesi, per un pezzo ci si mette il carattere del buon bergamasco “forte” e che non deve “chiedere mai”, parente stretto del “mola mia”, che fatica ad esprimere paura per quello che è: paura di contrarre il virus, paura che qualcuno caro si ammali, paura di stare solo, paura di non avere più amici, paura di non sapere cosa succederà domani a noi, alle persone care, agli amici… ecc.

Qualche esempio? Parliamo della ragazzina che rimane a casa da sola in DAD, perché i genitori devono andare a lavorare, che tiene acceso la televisione “per sentire qualche voce” oppure che chiede al vicino di pianerottolo di tenere socchiusa la porta di casa così lo può chiamare in caso di difficoltà. Parliamo del ragazzino che tiene finestre sempre chiuse per non sentire il suono delle sirene (adesso, non a Marzo dell’anno scorso). Ma parliamo anche dell’insegnante che, solo in casa, che cerca di capire meglio i propri ragazzi nella pausa tra un’ora e l’altra di DAD, chiede a loro come stanno…. e lì si apre il mondo. Parliamo anche dei tanti ragazzi che vogliono cambiare scuola, come se questa scuola (questa della DAD), sia la stessa che hanno scelto.

Ad aggiungere confusione al guazzabuglio generale bisogna ricordare che durante la DAD non si può contare sull’intervallo, sul cambio dell’ora, su quei momenti fondamentali di socializzazione, di conoscenza reciproca e di relazione fra pari, tanto cari e tanto utili agli adolescenti, alla ricerca di un loro posto nel mondo, nel fronteggiare l’idea di mollare e di abbandonare la scuola. Quante volte, anche per noi, la seppur tenue possibilità di incrociare lo sguardo di questa ragazza o quel ragazzo al cambio dell’ora o all’intervallo, oppure il semplice desiderio di vedere come sta l’amico che non vediamo da tempo, ha contribuito a vincere la tentazione di girarsi dall’altra parte del letto al suono della sveglia?

Diciamo qualcosa di scandaloso se ipotizziamo che per la maggioranza degli studenti momenti come l’intervallo ed il cambio dell’ora, ma anche le quattro chiacchiere in attesa del bus, e quindi i momenti di relazione e di gruppo (proprio le cose che non si possono più fare!), sono i momenti più interessanti della vita scolastica? Durante la DAD i gruppi classe non esistono più. Al loro posto ci sono schermi quadrati con nickname ed  visi freezati dietro sfondi anonimi di isole esotiche o galassie spaziali.

L’illusione auto-coltivata del “come se niente fosse successo” connessa alla speranza che la DAD (ma anche tutte le “relazioni a distanza”) siano “la stessa cosa” della scuola dal vivo ci ha perseguitati fino a confondere nella nostra testa gli esiti ed i significati; per cui Daniela, una ragazzina di prima superiore con poche sufficienze, si dice: “Non mi trovo e non riesco a stare sei ore davanti ad un PC, vado male a scuola QUINDI non sono fatto per questa scuola, quindi cambio (quando va bene) oppure mollo (quando va male)”.

Il cosa fare

Crediamo che le conseguenze relazionali, psicologiche e sociali sui nostri figli, sugli studenti, sui genitori e sulla scuola in generale, siano ancora fortemente sottostimate. Allo stesso tempo, ci rendiamo conto che poco si sta lavorando su uno o più “vaccini” per risolvere la situazione. Forse perché molto impegno e risorse vanno nella ricerca di quelli “veri” (quelli che salvano e che guariscono le persone). Forse perché quelli che cerchiamo noi non fanno guadagnare nessuno, o forse perché, più semplicemente, non esistono.

Noi non lo sappiamo. Quello che possiamo e sappiamo fare è continuare con testardaggine a  trovare sempre forme, strumenti, attività  nuove, che fronteggino la situazione. Obiettivo minino è dare ascolto e sostegno, e quindi “voce” a tutte le richieste di aiuto che arrivano dai ragazzi e dalla famiglie. Cerchiamo almeno di esserci.

 

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