Con “Rebecca. Uno spettacolo al buio” gli studenti riflettono su emarginazione e stereotipi. A teatro

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Ieri mattina al Teatro Teatro di San Pietro gli studenti del Liceo Carducci di Volterra, nell’ambito delle azioni previste dal Progetto Sogni e Bisogni, hanno assistito a “Rebecca. Uno spettacolo al buio” dal romanzo La vita accanto di Mariapia Veladiano con l’adattamento e la regia di Marco Pasquinucci, anche in scena. Lo spettacolo è prodotto da Officine Papage e Teatro della Caduta. È stato un momento importante per confrontarsi e riflettere sull’emarginazione e sugli stereotipi che invadono la vita di tutti ma specialmente quella degli adolescenti.
Rebecca parla calma. Rebecca sorride, sceglie le parole giuste, non ha timori: racconta la sua storia. Con pazienza, con cura, con grazia. A volte Rebecca è poesia. Anche se siamo al buio hai la sensazione che ti guardi negli occhi.
Lo spettacolo nasce da una riduzione drammaturgica del romanzo La vita accanto di Maria Pia Veladiano. Cardine della performance è la storia di Rebecca, narrata in prima persona, in bilico tra un appassionante giallo e lucida, tagliente, poesia.
Rebecca è una donna brutta: non è storpia, non fa pietà… è semplicemente brutta. Ha tutti i pezzi al loro posto ma appena più in là: o più corti, o più lunghi o più grandi di quello che ci si aspetta. Una bambina, poi una donna, che racconta in prima persona la sua storia, quella della sua famiglia e dei segreti che in essa sono custoditi. Coprotagonista dello spettacolo è il buio, l’oscurità, capace di accogliere e proteggere, quel “buio buono, venato d’azzurro”, che non giudica e fa sentire profondamente, in cui Rebecca può entrare senza paura, proteggendosi dal giudizio degli altri e raccontandosi liberamente. Un’occasione per scappare, per una volta, dagli occhi.
“Rebecca. Uno spettacolo al buio” tratta tematiche quali l’emarginazione sociale, la difficoltà di liberarsi da stereotipi e pregiudizi che dominano la società e la stessa famiglia protagonista della narrazione. Assistere a questo spettacolo spinge il pubblico a interrogarsi sulle dinamiche sociali dominanti in situazioni affini.

La dimensione del buio

Lo spettacolo si svolge al buio, il pubblico è invitato a entrare e partecipare alla narrazione nel buio, quel buio “buono” (come la protagonista stessa lo definisce) che permette da una parte a Rebecca di proteggersi dal giudizio e raccontarsi in una confessione delicata, voluta e necessaria, e dall’altra permette al pubblico di immaginare la sua “bruttezza” in una maniera strettamente personale, senza sottostare a canoniche idee di bello o brutto.
Lo spazio di ricerca è dunque quello del buio, come dimensione capace di aumentare la capacità percettiva dello spettatore, l’intimità della relazione tra attore – spettatore e tra spettatore – spettatore, e infine aumentare la capacità immaginativa di quest’ultimo.

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