La povertà educativa è un’urgenza

di

La povertà educativa è un’urgenza: non possiamo perdere tempo.

di Alessandro Augelli – Presidente Il Calabrone società cooperativa sociale Onlus

 

La ricerca “Adolescenti 2020”, realizzata dalla Cooperativa Il Calabrone per il Comune di Brescia, ha scattato
un’istantanea dei giovani in vari ambiti, tra cui quello scolastico, e ha rilevato un affaticamento generale degli
adolescenti, in particolare nel primo biennio delle scuole superiori dove si annidano esperienze di insuccesso
che spesso si traducono in mera attesa dell’assolvimento dell’obbligo scolastico. Fronteggiare il dolore e la
sofferenza per la vergogna provata di fronte a un insuccesso può essere più difficile che fronteggiare il senso
di colpa. Si collocano in questo contesto alcuni fenomeni e comportamenti emergenti: stati d’ansia, condotte
autolesive, ritiro sociale. Rispetto ai dati relativi ai sintomi di malessere psicologico indagati una significativa
percentuale dei ragazzi dichiara di vivere queste condizioni più di una volta a settimana. Nello specifico il
47,3% del campione dichiara di sentirsi “giù” più di una volta a settimana, il 48,6% “irritabile e di cattivo
umore”, il 55,7% “nervoso” e il 60,2% “in ansia” segno di un disagio diffuso che vede nel rapporto con la
scuola e i genitori uno degli elementi di malessere.

Questi sono i sintomi di una difficoltà connessa al dover rispondere alle aspettative dei genitori sempre più
alte – definite “il grande piano” da Matteo Lancini nel suo ultimo libro – in una scuola che i giovani sentono
non essere rispondente alle abilità richieste dalla società, inseriti in un contesto sociale che non rasserena,
ma bombarda con presagi nefasti sul futuro dei ragazzi, della società e su quello del pianeta.

Il contrasto alla povertà educativa, oltre che concentrarsi sul fornire competenze ai preadolescenti e agli
adolescenti, parte proprio dall’educare al cambiamento il mondo adulto.
Ed è così che progetti come Batti il cinque! e Smart School vedono cambiare per primi proprio noi, i nostri
ruoli nella comunità, le nostre modalità, le certezze da cui siamo fino ad oggi partiti.

Le scuole non sono più contesti in cui svolgiamo le nostre attività educative, ma sono alleate indispensabili;
la Fondazione di Comunità locale non è più solo ente erogativo, ma mette i piedi nel territorio per capire
quali linee di intervento promuovere per innescare cambiamenti; i poli di innovazione tecnologica (fablab,
co-working) si aprono alla scuola e si occupano di relazioni; i luoghi classici della cultura diventano spazi
inclusivi di promozione delle scienze, della tecnologia.

L’attitudine della Cooperativa il Calabrone – stare sui bordi, spesso periferie, e lavorare con i soggetti più
fragili – ci ha portato a maturare le competenze di un ente che si può spendere per generare i cambiamenti
necessari. Da questo nostro osservatorio privilegiato tracciamo alcuni spunti che guidano l’agire educativo in
contrasto alla povertà educativa.

Essere appassionati e appassionare
Pietropoli Charmet, durante la presentazione del suo ultimo libro, disse: “Gli adulti che riescono a
promuovere crescita e cambiamento sono quelli che riescono ad instaurare relazioni significative con i
ragazzi. Per fare questo devono essere mossi da una grande passione, che i ragazzi e le ragazze riconoscono
e apprezzano”. Quello che stiamo promuovendo è una comunità adulta guidata da passione per il proprio
compito sociale. La povertà educativa è un’urgenza: non possiamo perdere tempo.

Restare connessi
Mentre si lavora per contrastare le povertà educative, nessun insegnante, genitore, educatore, nessuna
scuola o amministrazione pubblica deve pensare di poter agire in solitaria. Occorre trovare alleanze,
coinvolgere, creare consenso, spingere o tirare, a volte strappare, più spesso ricucire tracce di comunità in
grado di supportare e accompagnare i giovani cittadini nel proprio percorso di crescita, anche se
l’individualismo di questi anni ci porta ad essere isole, seppur iperconnesse.

Abitare il cambiamento
Il cambiamento è vita, la vita è cambiamento. Il cambiamento esiste indipendentemente da noi e bisogna
scegliere come confrontarci con esso. Per tutelarsi, le nostre organizzazioni sembrano non seguire il tempo
del cambiamento, ma la stasi dell’organizzazione fa collassare la struttura. Il cambiamento è metodo per
garantirne la sopravvivenza. Il cambiamento chiama pulizia nelle intenzioni,richiede nuove forme di pensiero
e coraggio di scelta. Nel cambiamento si impara a transitare, con desiderio, passione, consapevolezza e
responsabilità.

Significare le esperienze
Il Manifesto della Educazione diffusa di Campagnoli e Mottana propone: “perché non raccogliere la sfida di
una scuola oltre le mura e senza le mura? Come quando, un tempo, forse più di oggi, le vere aule erano il
campo, il ruscello, il cortile, la strada, la piazzetta e i nostri mèntori erano tanti altri maestri oltre a quello
ufficiale, formale, non scelto. Realisticamente l’edificio scolastico attuale potrebbe divenire la porta di
accesso a tanti e diversi luoghi dove apprendere”.

Apertura della scuola al territorio e il territorio come spazio culturale e didattico
Uno dei movimenti promossi da Batti il cinque! e Smart School è l’apertura degli spazi scuola alle comunità,
in particolare attraverso laboratori e momenti culturali svolti negli edifici scolatici. Questa azione prevede la
nascita nelle scuole di fabLab, di Tv web, e radio e la gestione di eventi di promozione educativa e culturale.
Anche la scuola può, attraverso la nascita di laboratori esperienziali, la gestione di eventi culturali e
l’attivazione di nuove forme di collaborazioni con botteghe ed artigiani, generare un flusso che permetta ai

giovani studenti e agli insegnanti di vivere esperienze educative e didattiche situate in contesti extra-
scolastici, in luoghi oggi non considerati scuola e in momenti extracurriculari.

Il disagio sociale e la dispersione scolastica sono il termometro del malessere non soltanto del sistema
scolastico, ma della comunità intera. Ognuno è pertanto chiamato in causa, nel tentativo di rispondere ai
bisogni dei bambini e dei giovani nelle loro specifiche realtà sociali, economiche e culturali. Occorre uno
sforzo condiviso e paritario per il coinvolgimento di tutti gli attori nell’affrontare il fenomeno della
dispersione scolastica e del fallimento formativo, nella consapevolezza che la scuola non basta.

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