COSI’ SI PUO’ CONTRASTARE LA DISPERSIONE SCOLASTICA: articolo di Andrea Chiappori, responsabile di Sant’Egidio a Genova

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Stamattina sul Secolo XIX, il quotidiano della Liguria, Andrea Chiappori, il responsabile della Comunità di Sant’Egidio di Genova, racconta di “Give teens a chance” e contribuisce al dibattito su come fare scuola in modo nuovo:

“Il nostro Paese, ormai lo sappiamo, occupa il quarto posto in Europa per tasso di abbandono scolastico. Con le conseguenze della pandemia, poi, la situazione è precipitata, e una recente inchiesta realizzata da Sant’Egidio nel progetto Valori in Circolo, finanziato da Con i Bambini, ha dimostrato che un bambino o ragazzo su quattro è a rischio dispersione. Tuttavia non è solo la povertà educativa a destare allarme, ma la diseguaglianza. Perché esistono divari enormi nella tenuta della scuola: tra Nord e Sud, ma anche all’interno delle regioni, soprattutto in Liguria dove – lo ha rivelato un report di Openpolis e Con i Bambini – Imperia supera La Spezia di oltre 17 punti percentuali nelle statistiche sugli abbandoni. Anche a Genova le scuole lavorano su territori molto differenti tra loro, ma con risorse sostanzialmente identiche anche dopo il lockdown che ha inasprito ancora le differenze: nei quartieri di edilizia popolare con gli indici di disagio sociale più alti e nelle zone residenziali, a Begato come a Castelletto. Ecco, per capire a fondo le grandi questioni dell’istruzione italiana, bisogna partire da qui: dall’estrema periferia popolare e dalla sua scuola che, come scrivevano i ragazzi di don Milani in “Lettera a una professoressa” «ha un problema solo: i ragazzi che perde». Don Milani sognava insegnanti impegnati a lottare per Gianni, il bambino che aveva più bisogno, che si svegliassero la notte con il pensiero fisso su di lui a inventare un modo nuovo di fare scuola, che andassero a cercarlo a casa quando non tornava. «La scuola che perde Gianni non è degna d’essere chiamata scuola». Eppure i docenti delle scuole di periferia sono stanchi, esausti. C’è la passione, la professionalità, l’impegno. Quello che manca è il tempo e sono le risorse. Per questo, tre anni fa, rispondendo alla richiesta dell’Istituto Comprensivo Voltri 2, la scuola del quartiere Cep, la Comunità di Sant’Egidio, presente da anni su quel territorio, ha collaborato alla scrittura di un progetto, dal nome ambizioso “Give teens a chance”. Sette operatori con il ruolo di facilitatori scolastici che affiancano i docenti, permettendogli di non fare solo “ordine pubblico”, ma anche che possono uscire, cercare a casa i tanti “Gianni” che a scuola non ci tornano. E poi la scuola di quartiere che sostanzialmente non chiude mai: dal lunedì al sabato dalle 8 alle 19, anche nei mesi estivi. Grazie a circa cento giovani volontari, che recuperano i ragazzi a rischio dispersione, a corsi di teatro e graffiti, visione di film. Una sorta di utopia per una scuola, resa possibile da un lavoro di squadra tra dirigente, insegnanti ed operatori. Ma anche dal finanziamento dell’Impresa Sociale “Con i Bambini” che attua i programmi del Fondo per la povertà educativa minorile e che ha sostenuto una progettualità condivisa, oltre che dalla scuola e da Sant’Egidio, da associazioni, parrocchie, istituti scolastici, enti locali. Durante il lockdown i facilitatori scolastici hanno unito il virtuale (collegamenti in DAD, ripetizioni individuali e in gruppo da remoto) con l’incontro reale (consegna dei tablet e supporto alimentare alle famiglie alle famiglie in difficoltà economica). Alla fine, i ragazzi “a rischio” vanno di più a scuola (-12% di assenze ingiustificate) e imparano in modo nuovo: con un aumento dell’11% delle life skills, cioè tutte quelle competenze che i ragazzi in contesti non deprivati acquisiscono in modo informale a casa, nello sport, in vacanza. È il tentativo di costruire un modello innovativo di fare scuola in periferia: che consenta a tutti gli istituti che lavorano in contesti analoghi di non stare ad aspettare gli alunni seduti al riparo delle istituzioni, ma di cercarli e muoversi verso di loro. Parlando di questo, un anno fa il Secolo XIX titolava “Nasce al Cep la nuova scuola di periferia”. Ecco: per costruire la scuola di domani, bisogna vederla. E per vederla, per comprendere come non sprecare le energie e la passione educativa di tanti operatori, non è sufficiente una raffinata teoria politica e pedagogica che giudichi il mondo dalle vette delle sue speculazioni. Occorre conoscerla, la realtà, incontrarla così: contraddittoria e sbilenca come sono le donne e gli uomini reali. Nelle nostre periferie sperimentiamo tutti i giorni una scuola che lotta per stare a galla. Noi abbiamo scelto di esserci, tutti i giorni, dando il nostro contributo a tappare i buchi più evidenti. Forse è arrivato per tutti, anche per chi prende le decisioni, il momento di salire a bordo, scegliere una direzione comune e mettersi a remare insieme.”

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