Relazioni connesse in tempi sospesi

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Siamo un’équipe multidisciplinare di operatori sociali (educatori, psicologi, assistenti sociali, filosofi) che, con Cooperativa Sociale Adelante a Bassano del Grappa, ci occupiamo da anni di politiche giovanili e sviluppo di comunità. Come molte altre Cooperative su scala nazionale anche noi ci siamo ritrovati, in questo tempo sospeso, a metterci in discussione, a mettere in discussione le nostre pratiche di lavoro quotidiano e a reinventarci.

Non è un esercizio facile andare a definire chi è l’operatore sociale e qual è il suo ruolo educativo senza la possibilità di intessere relazioni di vicinanza con le persone. Quella in cui ci troviamo noi operatori sociali è una realtà che assomiglia alla società liquida descritta da Bauman[1], fatta di disorientamento e perdita di punti di riferimento, con la differenza che il digitale, dall’autore definito dissoluzione e allentamento dei legami sociali, si è presentato davanti a noi come “una barca a remi” ponendoci di fronte alla scelta di provare o meno a navigare in questa liquidità, per poter andare ad esplorare e costruire isole di solidità.

Tra le fatiche e le complessità di questo delicato momento storico, la scuola ha dovuto reinventarsi e trasformare la didattica rendendola fruibile online; i ragazzi e le famiglie si sono trovati, quindi, alle prese con la didattica a distanza: videolezioni, interrogazioni da remoto, consegne e compiti su registri elettronici. Questa modalità di fare scuola se da un lato ha dimostrato una gran capacità dei docenti di provare a usare nuovi linguaggi, nuovi strumenti e scansioni di tempo della didattica, dall’altro ha sacrificato tutto l’aspetto di forte interazione tra compagni di classe e tra docenti e alunni a causa delle caratteristiche delle piattaforme, spesso utilizzate con il microfono spento e l’intervento di parola solo su necessità. L’interesse di noi operatori sociali era quello di provare a ricreare un servizio digitale sull’onda dei nostri doposcuola che facesse leva su uno scambio interattivo tra ragazzi, basato su un principio di peer education, dove entrambi i giovani coinvolti (volontario e ragazzo) fossero allo stesso tempo, in gergo digitale, prosumer del servizio, cioè ne usufruissero e vi partecipassero attivamente allo stesso modo. Nel fare questa scelta gli interrogativi e le riflessioni che ci hanno guidati sono stati davvero molti, in primis il cercare di individuare in che modo si fossero trasformati i bisogni che guidavano i nostri servizi di doposcuola e che nuova lettura darvi.

Il progetto “Compiti online”, quindi, attraverso l’utilizzo della piattaforma Hangouts di Google, mette in connessione bambini e ragazzi, volontari ed équipe del progetto giovani in un’attività di svolgimento dei compiti scolastici o di comprensione delle lezioni particolarmente difficili. Gli operatori sociali raccolgono le esigenze dei bambini/ragazzi e nello specifico la materia in cui vorrebbero essere supportati e le incrociano con le disponibilità dei volontari, organizzando le videochiamate in appuntamenti di un’ora alla settimana. Gli operatori sociali chiedono ai bambini/ragazzi di fotografare o inviare in anticipo il materiale e gli esercizi che devono svolgere per poterli mandare ai volontari in modo che possano visionare il tutto ed eventualmente ripassare l’argomento.

Gli obiettivi principali del servizio sono: rispondere ad un’esigenza concreta delle famiglie degli studenti del territorio, attivare la comunità locale rispetto ad una presa di responsabilità diffusa contribuendo al benessere di chi usufruisce del servizio, sostenere le autonomie dei bambini/ragazzi attraverso la condivisione ed organizzazione dell’impegno didattico, mantenere, oltre ad uno spazio di supporto scolastico, anche uno spazio relazionale. Per far fronte alla pluralità di obiettivi, l’operatore sociale avvia la videochiamata presentando reciprocamente il bambino/ragazzo e il volontario, propone una modalità di lavoro e poi rimane in ascolto della chiamata rientrando con audio e video a seconda delle necessità e per concludere la videochiamata.

Uno degli attori in gioco, in questo progetto, è senz’altro la scuola; talvolta gli operatori sociali si pongono come anello di congiunzione tra essa e le famiglie in quanto le relazioni casa-scuola necessitano di un intervento educativo che faciliti e renda positiva l’interazione a distanza. Gli insegnanti sono un campanello d’allarme rispetto alle situazioni di fragilità e facilitano l’adesione al servizio, rappresentano gli interlocutori privilegiati rispetto all’andamento scolastico e alla partecipazione attiva alle proposte didattiche.

Attualmente stiamo rispondendo a quasi 50 ragazzi, tra scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, grazie alla disponibilità di più di 40 volontari, la maggior parte dei quali proveniente dalle scuole secondarie di secondo grado.

I bambini e i ragazzi che hanno richiesto di accedere al servizio sono sia studenti che partecipavano al doposcuola prima dell’emergenza Covid-19, sia studenti che non hanno mai partecipato ad attività promosse dal progetto giovani. Molto spesso, soprattutto per i bambini della scuola primaria, il contatto iniziale avviene con le figure genitoriali che si pongono da tramite con gli operatori sociali. In questi casi la relazione educativa passa quindi attraverso gli adulti che a volte sono gli stessi che rimangono in ascolto durante l’orario della videochiamata o che vogliono spiegare al volontario quali sono gli esercizi che il figlio non riesce a svolgere. Tutto questo permette a noi operatori sociali di tessere relazioni anche con le figure genitoriali con le quali, solitamente, entriamo in contatto al momento dell’iscrizione al doposcuola e in altre rare occasioni durante l’anno.

Bambini e ragazzi vivono in modo molto intenso il tempo che hanno a disposizione durante la videochiamata, la maggior parte del quale è dedicato all’aiuto didattico, ma da cosa nasce cosa e gli studenti si trovano a condividere tra loro anche “momenti di quotidiana quarantena” facendoci scappare anche quel tanto atteso sorriso. Tutto ciò è possibile grazie soprattutto all’attenzione con cui i volontari prestano il loro aiuto e all’incredibile cura che mettono nel tessere la relazione con il bambino/ragazzo, quando a inizio videochiamata non manca mai il saluto, il presentarsi, il chiedere “come stai?”, “che cosa stai facendo?” e, durante i compiti stessi qualche domanda sulla scuola, sulle materie, sull’approccio alle nuove modalità didattiche. Noi operatori sociali ci siamo trovati inaspettatamente ad assistere a questi scambi interattivi che, grazie a queste accortezze messe in atto dai volontari, riescono a portare sprazzi di “mondo esterno” dentro le stanze di casa dei ragazzi, con grande delicatezza, naturalezza e positività di cui c’è bisogno in questo momento.

I volontari che fino ad ora hanno preso parte all’aiuto compiti hanno dimostrato una grande capacità di attivare ogni tipo di risorsa a loro disposizione in modo spontaneo e autonomo, un grande spirito di adattamento e di solidarietà. Ogni volontario, infatti, ha trovato la sua modalità per supportare nel migliore dei modi gli studenti, c’è chi utilizza la tavoletta grafica, chi condivide lo schermo del proprio dispositivo e chi si ingegna con pile di libri su cui appoggiare il proprio cellulare in modo che la videocamera possa puntare sul foglio bianco in cui scrivono. La volontà, infatti, non è solo quella di essere di supporto, ma di farlo nel miglior modo possibile.

Alcuni tra i volontari sono gli stessi ragazzi e adulti che, prima dell’emergenza Covid-19, supportavano i più giovani nello svolgimento dei compiti scolastici durante i tempi e gli spazi del doposcuola; altri invece sono ragazzi e adulti che, mossi da una forte volontà di mettersi in gioco e fare la propria parte, hanno contattato l’équipe del progetto per mettersi a disposizione perché convinti che il loro tempo e la loro competenza siano il contributo che possono dare per giungere ad un cambiamento di prospettiva. Il fare comunità, infatti, probabilmente comincia proprio da questa relazione uno a uno che è una delle cose più preziose che i volontari possono mettere in campo nel tempo che stiamo vivendo. In questa reciprocità, sia i ragazzi che i volontari aprono, anche se simbolicamente, gli spazi di casa propria all’altro, che non per forza conoscono, attraverso la schermata del dispositivo utilizzato. Tramite il video si entra nella casa delle persone, si sentono le voci di chi sta vicino a chi effettua la chiamata, si assistono alle interruzioni dei fratelli o genitori, si conosce un pezzo di vita che l’altro è disposto a condividere. Questo spazio di condivisione prova a fronteggiare l’assenza di riferimenti educativi, oltre quelli scolastici, che necessariamente si verifica in questo momento di sospensione.

Anche in questo contesto abbiamo messo in campo lo stile pedagogico a cui siamo più affezionati: ci siamo posti al fianco, come nella vita “off-line”, a osservare e accompagnare; questo per garantire che l’ora di videochiamata a disposizione possa essere positiva e sfruttata al massimo da ragazzi e volontari, occupandoci dell’abbinamento in base alla materia, incontrando le disponibilità orarie di entrambi, passando i compiti in anticipo al volontario, non perdendo di vista il concetto di cura e di accoglienza al servizio. Inevitabilmente l’accesso alla piattaforma può comportare problemi tecnici, quindi l’operatore sociale ha il compito di favorire e facilitare passo passo i bambini/ragazzi o i genitori nell’utilizzo della stessa. L’importanza della presenza educativa permette inoltre di offrire ai ragazzi uno spazio e un tempo protetti nel digitale, dove potersi sperimentare e allenare a una modalità di incontro online che possa essere un’esperienza positiva e che mai come oggi metta in condivisione una reciproca e preziosa intimità. Infine, questo stare letteralmente in ascolto di una relazione educativa tra pari, senza intervenire, senza indicare percorsi, senza interrompere nulla, è un insegnamento vivido di cosa dovrebbe essere l’educazione oggi.

La questione che incombe nella nostra vita professionale e nel pensare politiche giovanili in questo tempo è molto potente: “Una volta che tutto questo sarà finito, torneremo a svolgere il doposcuola con le modalità utilizzate precedentemente la pandemia? Cosa saremmo in grado di mantenere degli elementi positivi del servizio compiti online? Con quali nuovi apprendimenti torneremo a fare comunità nella vita che ci aspetta fuori di qui?

Forse il Covid-19 ci ha dato l’occasione di ripensare alcune azioni della nostra quotidianità professionale e ci ha fatto sperare che pratiche di RESISTENZA possano trasformarsi in pratiche di RESILIENZA.

[1] Z. Bauman, Modernità liquida, Editore Laterza, Roma – Bari, 2000.

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