Proprio ora

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Proprio ora, quando iniziavamo a immaginare la nostra vita, i nostri luoghi di lavoro senza l’emergenza del Covid, appare in tv e nei social il dramma della guerra, che entra prepotente nelle nostre case attraverso immagini forti di bambini, donne e uomini in pericolo di vita.

Forse i bambini piccoli che ancora non hanno sviluppato una capacità di astrarre e dare significati agli eventi, come gli adulti sanno fare, possono pensare che questo mondo non sia un luogo sicuro. Anzi potrebbe sembrare un luogo che fa paura, perché gli adulti stessi esprimono sentimenti di preoccupazione e paura. Chi di noi non è pervaso da questi sentimenti?

Ma cosa possiamo dire da genitori, nonni, zii, vicini di casa a un bambino piccolo che ci parla e dice “guarda c’è la guerra”!

Potremmo abbassarci subito alla sua altezza, portare lo sguardo di fronte al suo, dargli un abbraccio tenero e prolungato e dirgli, “guarda, sediamoci un attimo qui, su questo divano”, sediamoci un attimo qui comodi su questo tappeto e guarda cosa ti faccio vedere.

Possiamo abbassare il senso di minaccia tutte le volte che diamo l’idea che noi e tutto il mondo sta lavorando per la pace, e per fermare la guerra.

Usare parole semplici, usare parole comprensibili, usare immagini che cercate e stampate e tenete nelle vostre case.

Fare vedere delle foto rassicuranti, in cui ci sono persone che fanno azioni buone per gli altri, perché così come esiste il male “la guerra”, esiste anche il “bene” che si fa per chi è in difficoltà.

Ad esempio una mamma che doveva fare nascere il suo bimbo è partita da sola dal suo paese di guerra ed è venuta a far nascere il bimbo a Milano, una città vicina alla nostra, ed è una città accogliente.

Ad esempio tanti genitori, nonni, zii adesso stanno raccogliendo cibo, medicine, vestiti, giocattoli da portare ai bambini del paese dove è la guerra, perché il nostro paese è capace di aiutare chi è in difficoltà.

Ad esempio medici, infermieri e altre persone stanno andando a curare le ferite al confine a chi è stato colpito.

Tutti noi -e tutte queste persone- stiamo tutti i giorni lavorando per mettere in salvo i bambini e i grandi che abitano nella zona di guerra.

Ci sono poi bambini che abitano nelle zone di guerra che stanno arrivando in Italia, per andare a scuola.

Occorre produrre esempi in cui i bambini possano capire ed identificarsi con soggetti simili ai bambini che sono in pericolo, ma che capiscono che il nostro territorio è al momento un luogo sicuro.

Nei giochi lasciare che i bambini narrino la guerra, far vedere loro che i grandi portano aiuti concreti ai bambini ucraini che sono nelle nostre città, (per chi ha un credo religioso) pregare per la pace nel mondo in tutte le lingue.

I nidi e le scuole sono luoghi di vita, di comunicazione e di gioco per i bambini. E’ possibile che alcuni bambini giochino alla guerra o facciano domande o conversazioni sul tema della guerra. E’ importante consentire che i bambini giochino alla guerra e possano narrarla a modo loro, per trasformare, elaborare e rendere comunicabili emozioni difficili.

Sarà compito degli adulti ascoltare, rassicurare, rispondere alle domande e far vedere loro che i grandi portano aiuti concreti. Ha senso lasciare che i bambini parlino della guerra, che ne parlino con i loro educatori, che si pongano domande e che sappiano che ci sono persone che tutti i giorni si occupano (attraverso il dialogo, il confronto, la diplomazia) di cercare soluzioni.

Nei nostri servizi ci impegneremo ad accompagnare e affiancare i bambini, le bambine e le famiglie che porteranno eventuali paure ed emozioni, come abbiamo sempre fatto, con delicatezza e accoglienza, per costruire insieme e in ogni piccolo gesto quotidiano segnali di pace.

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