Il nome, quello giusto

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Ho sempre provato un certo fastidio nei confronti di chi sbaglia il mio nome. Mi sembra una mancanza di rispetto o un sintomo di poca attenzione. Eppure, questa volta è capitato a me. Eh sì, con quel ragazzo ho proprio sbagliato io! Era un minorenne in messa alla prova, al quale dovevo trovare un’attività di volontariato.

Leggo la scheda, guardo tutti i suoi dati e mi colpisce il cognome di un noto compositore italiano. Io non sono esperto di musica classica, al contrario, eppure quel nome e cognome erano diventati per me un automatismo. Andrea si era trasformato in Antonio, come il musicista. Ed io, in più occasioni, mi sono trovato a ripetere il nome errato. Parlando con l’assistente sociale, che mi ha corretto più volte, ma senza esito, fino al giorno in cui ho incontrato il ragazzo insieme al padre. Sono entrato nella stanza: l’assistente era già seduta e il ragazzo era davanti alla scrivania con occhio sospettoso accanto al padre, visibilmente preoccupato.

Entro e saluto tutti i presenti. Prendo il quaderno, la mia immancabile stilografica, inforco gli occhiali da vista e mi siedo. Appena prima che il colloquio inizi, io chiedo la parola. “Innanzitutto Andrea”, dico scandendo bene il nome, “mi devo scusare con te perché credo più di una volta di averti chiamato Antonio…”. Il ragazzo mi guarda un po’ interdetto e poi annuisce. “Confermi vero? Ho sbagliato almeno due volte il tuo nome?”.

“Si…”, esce flebile dalla sua bocca.

Il padre e l’assistente sociale mi guardano interdetti.

“Allora…”, faccio porgendo la mano al ragazzo, “…mi scuso con te per l’errore fatto e ti assicuro non accadrà più… Ma ti spiego perché questo è avvenuto…”.

Ora tutti e tre mi guardano con occhio interrogativo.

“Il tuo cognome è quello di un compositore di musica classica che ho studiato alle scuole medie e che mi è rimasto in mente…”, spiego io, “il tuo cognome mi viene automatico associarlo ad Antonio e non ad Andrea. Scusami davvero e pensa che magari sei discendente di un noto musicista…”.

Il giovane mi sorride, è come divertito dallo strano siparietto. Guarda il padre che risponde al sorriso. “Non lo sapevo…”, dice l’uomo, “…poi a casa vado a vedere la storia di questo autore…”. Anche l’assistente sociale sorride e sente che il clima è davvero più disteso.

Adesso il colloquio può iniziare davvero.

Foto: musicista che suona un antico organo

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