“Basta poco per essere d’aiuto”: i laboratori di PRIMA I a Sora visti dai volontari del Servizio Civile

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Oggi vi riportiamo l’esperienza all’interno del “Laboratorio di psicomotricità”  fatta dai volontari del servizio civile dell’associazione “Il Faro onlus” di Sora. Un punto di vista interessante, inedito, finora mai preso in considerazione ma che ha molto da dirci sul percorso avviato.

Un punto diverso da quello degli esperti che conducono direttamente il laboratorio e diverso da quello dei bambini che il laboratorio lo vivono in prima persona ma che può contribuire alla “completezza” delle informazioni su di esso.

Di seguito la testimonianza di Ilenia D’Amico, volontaria del servizio Civile presso l’associazione partner Il Faro Onlus di Sora:

L’incontro di psicomotricità tenutosi nella Scuola d’infanzia di San Sosio  negli scorsi giorni ha suscitato un particolare interesse nei bambini. Dopo la solita prima fase di accoglienza nella quale a cerchio, tramite l’utilizzo di una palla, ci si presenta l’un l’altro, io e il mio collega abbiamo introdotto l’argomento dei 5 sensi, concentrandoci sulla vista. Dopo esserci confrontati sulle funzionalità di questo specifico organo sensoriale, abbiamo proposto ai bambini un esercizio nel quale potessero sperimentare cosa significhi esserne privati.

Gli obiettivi specifici di questo esercizio erano:

–          Saper camminare ad occhi chiusi

–          Rispettare i comandi vocali

–          Sviluppare l’attenzione

–          Conoscere i concetti spaziali

–          Sensibilizzare alla disabilità visiva

–          Favorire la fiducia nell’altro

L’esercizio ha interessato ed incuriosito talmente tanto i bambini che non vi è mai stata la necessità di richiamare la loro attenzione, né richiedere il silenzio. Abbiamo riscontrato come pochi erano i bambini che riuscivano ad affidarsi totalmente alla guida del loro compagno; molti di loro, infatti, cercavano di “sbirciare” per terminare senza difficoltà il percorso. La maggior parte non riusciva a distinguere la destra dalla sinistra mentre qualche bambino ha avuto difficoltà a mantenere, ad occhi chiusi la direzione intrapresa”.

“Ho notato immediatamente che una bambina, la quale inizialmente attendeva trepidante il suo turno, si è sentita profondamente a disagio non appena bendata; era intimorita dal ritrovarsi improvvisamente privata della vista e dal dover intraprendere un percorso al buio. In considerazione di ciò ho accolto il suo disagio e, in accordo con lei, l’ho rassicurata tenendola per mano per tutto il percorso”, prosegue il racconto.

“La bambina non vedeva ma, sentire il mio contatto, avvertire la mia presenza, l’ha aiutata ad andare avanti e raggiungere il traguardo senza esitazioni. Capita ai bambini ma anche agli adulti, nella vita di tutti i giorni, di sentirsi persi, di non saper come muoversi nel contesto nel quale si è immersi, capita di sentirsi privi di punti di riferimento. Questo episodio permette di constatare l’efficacia di un supporto emotivo. Non ho camminato al posto suo, né le ho prestato i miei occhi; le ho semplicemente dato la mano ma, in questo gesto così semplice, risiede l’essenza del sostegno sociale. A ben vedere basta poco per essere d’aiuto: ciò che di più conta non è, quindi, abbattere per l’altro gli ostacoli ma sintonizzarsi sui suoi bisogni e sulle sue difficoltà al fine di individuare il migliore degli aiuti, nel rispetto della soggettività e della crescita personale”, conclude Ilenia.

 

 

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