Imparare giocando. Incontro sul progetto “Nidi di comunità” a Petruro Irpino
di hayetcoop
Lo scorso 6 settembre la sala consiliare di Petruro Irpino ha ospitato un seminario informativo e formativo, rivolto ai genitori dei beneficiari del nido di comunità locale, sull’importanza del gioco nella crescita.
Un lavoro di squadra o, meglio, “un gioco di squadra”, per dirla con le parole del presidente della Rete di Economia Civile ‘Consorzio Sale della Terra’, Angelo Moretti, intervenuto a “Imparare giocando – Il gioco nello sviluppo affettivo, cognitivo e sociale”. Si tratta del primo incontro formativo e informativo rivolto ai genitori dei beneficiari del Nido di Comunità di Petruro Irpino, svoltosi venerdì 6 settembre nell’aula consiliare di via Ettore Capozzi. Un incontro che è stato solo il primo di una serie di appuntamenti rivolti alle mamme e ai papà del territorio.
Ad aprire l’evento, moderato da Jenny Capozzi, giornalista ed educatrice della Cooperativa sociale ‘La Pietra Angolare’, il vicepresidente della coop, Paolo Visconti che ha sottolineato come “Nidi di Comunità sia un progetto nazionale che parte dal Piemonte, passa per la Lombardia, fino ad arrivare alla Sicilia e mi auguro – ha auspicato – che si possa continuare, anche in altre forme, dal momento che i bambini si divertono e, divertendosi, imparano tante cose”.
La parola è quindi passata a Paola Cavuoto, psicologa e docente, da pochi mesi al fianco degli operatori irpini nelle attività del Nido. Nel suo intervento, la dottoressa ha analizzato il gioco nelle sue varie forme e la sua importanza nella crescita del bambino. Ha parlato di “gioco come alleato principale del processo di apprendimento dei piccoli”, dei tradizionali giocattoli definiti “‘intelligenti’ perché stimolano soprattutto le capacità logiche dei bambini. Ma questi giocattoli – ha precisato l’esperta – hanno dei limiti: vanno usati in modo complementare ai giochi liberi, quelli spontanei, quelli del fare esperienza. I giocattoli hanno scatole meravigliose che contengono però le istruzioni: dicono, cioè, ai bambini come giocare. Il gioco libero, invece, va a stimolare la fantasia e la creatività del bambino”.
Dopo aver citato Jean Jacques Rousseau secondo cui “il bambino deve giocare liberamente in natura per crescere in modo sano, cioè per liberare in modo creativo la sua interiorità” e John Dewey, filosofo e psicologo del 20esimo secolo, Cavuoto ha spiegato che “il gioco è importante per l’apprendimento laddove per apprendimento intendiamo, in prima battuta, quelle che l’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “lifes’s skills”, abilità della vita, tra cui autonomia, consapevolezza di sé, capacità di problem solving, consapevolezza emotiva”. Sono abilità che il bambino apprende divertendosi nei giochi ‘liberi’. “E soprattutto – ha evidenziato la psicologa – le costruisce in relazione, a contatto con gli altri”.
La psicologa ha sottolineato, portando a supporto l’esperienza di Petruro, proprio l’importanza del creare insieme, del fare con l’altro, in una relazione pear to pear in cui i bambini si aiutano a vicenda. Dopo l’analisi del comportamento dei più piccoli, Cavuoto non ha mancato di parlare del ruolo dei genitori che “devono vigilare, creare le possibilità e le situazioni per far sì che il bambino possa sperimentare, possa inventare e costruire in modo sempre più intelligente e consapevole. L’educazione alla creatività passa attraverso l’educazione all’autonomia”. Insistendo sull’importanza dell’autonomia del bambino, la dottoressa Cavuoto ha osservato che a Petruro, sotto l’occhio vigile degli educatori, “i bimbi sperimentano in modo pratico prassi di autonomia che non possiamo definire ovvie e scontate, ad esempio prendere e riporre lo zainetto, prendere la merenda, predisporre il banchetto, ripulire, mettere in ordine. Parlo quindi – ha precisato Cavuoto – di un’autonomia specifica che non preclude al bambino la possibilità di sperimentare il successo per essere pervenuto ad una soluzione per quel determinato problema. Così si acquisisce consapevolezza, autostima e sicurezza di sé”.
Infine, citando Platone, Aristotele, ma anche Freud, Melanie Klein, Donald Winnicott e Jean Piaget, Cavuoto ha parlato di gioco come attività funzionale alla libertà e felicità; come un mezzo che fa sì che il bambino possa liberare le sue angosce; come esercizio fondamentale che allena il bimbo a padroneggiare e fronteggiare il mondo esterno. Di gioco come quel ‘tramite’ con la madre da cui il bambino si allontana sempre di più crescendo, ma anche come lo strumento per relazionarsi con il mondo esterno con consapevolezza, autonomia e creatività. Quanto ai giochi liberi l’accento è stato posto sulle tradizionali attività senso-motorie senso-motorie come correre, saltare la corda, giocare a palla, nascondino, ma anche su altri giochi come il “gioco del ‘fa finta’, in cui il bimbo fa finta di essere medico, piuttosto che poliziotto e simili. In realtà tale gioco costruisce un ponte tra i valori che il bambino attribuisce alle cose reali e un’attività di ricerca della loro reale struttura”. Importanti anche i giochi che consentono i primi approcci con i numeri e la quantità numerica, i puzzle per sostenere la concentrazione e l’attenzione. “Insomma – ha concluso Cavuoto – se prendiamo una scatola con tanti giocattoli, ogni bambino sceglierà il suo, perché non tutti giocano allo stesso modo. Ma, una cosa a cui tengo è anche questa: lasciamo anche qualche momento di vuoto e noia ai nostri bambini. Soprattutto ai più grandi. In quei momenti il bambino immagina, crea e risponde ai suoi bisogni”.
Se la dottoressa Cavuoto ha posto l’accento sul gioco, Antonella Casani, pediatra, responsabile del Progetto Nidi di Comunità, sottolineando l’assoluta competenza degli educatori che operano in tutti i Nidi del territorio, ha evidenziato il problema della continuità pedagogica all’esterno del Nido. La discontinuità in ambiente familiare è molto spesso evidente perché, ha evidenziato Casani, “educare è molto difficile; non si ha mai il tempo per farlo adeguatamente. Dire sì è molto più semplice”. Al contrario, sostiene l’esperta, bisogna far sì che un bambino, quando comincia la fase oppositiva, percepisca e riconosca l’autorevolezza del genitore, spesso, invece, preso per sfinimento. “Ben vengano quindi gli incontri con i genitori che devono calare nella realtà domestica quanto appreso e quanto suggerito dagli operatori”. Casani ha parlato dei bambini di oggi, spesso oberati da impegni tra doposcuola, danza, musica, lezioni di violino e palestra e, altrettanto spesso, sommersi da giocattoli. In opposizione, ha parlato del progetto di Nidi come di “un piccolo seme che va piantato bene: bisogna che i genitori capiscano che i bambini non hanno bisogno solo di giocattoli ma soprattutto di loro”. Di qui l’esortazione a prendere gli educatori ad esempio e a lasciare i bambini liberi di sperimentare. “Devono cadere, si devono sporcare. I bambini di oggi non conoscono la terra, sono goffi, non sono autonomi”. E l’autonomia, ha precisato, è determinante e si acquisisce solo in un modo, “provando e riprovando, per tentativi ed errori”. Stesse considerazioni sulla raccolta differenziata e la corretta alimentazione, due tematiche molto care agli operatori di Petruro come sottolineato da Jenny Capozzi. “Istruiamo i bambini sulla raccolta differenziata e su come si mangia. Ma poi, uscito dal Nido, ogni bambino si ritrova con la sua famiglia e le sue abitudini. Mi chiedo: fino a quando il bimbo può tenere botta? La Campania – ha evidenziato Casani – è la regione più grassa d’Italia. Il tasso di obesità infantile è alle stelle. Di fatto, in tutto il Sud, la dieta mediterranea non si segue, ci si muove poco, si mangia male”.
L’anima del progetto di Nidi di Comunità è venuta fuori in tutta la sua essenza dalle parole di Angelo Moretti che, con concretezza, ottimismo e fiducia, ha parlato di un’altra declinazione del gioco, in un ambito semantico socio-politico. Aprendo il suo intervento, Moretti ha sottolineato che “il progetto di Nidi di Comunità nasce a Petruro, potete gridarlo forte: questa – ha spiegato Moretti – è stata la piazza che mi ha convinto della bontà di questo progetto. Perché quando è arrivato Victory, il primo bambino nigeriano che ha aperto le danze dell’accoglienza, abbiamo visto come questo paese si sia ‘rivoltato’, come abbia avuto una grandissima capacità di accoglienza e di reinventarsi”.
Il discorso di Moretti è stato incentrato sulla necessità di un cambiamento di prospettiva che, partendo dal basso, vada poi a creare circoli virtuosi con il coinvolgimento e la partecipazione attiva di tutti i soggetti sociali, dalle famiglie agli operatori, agli specialisti fino agli organi istituzionali. Moretti ha parlato della necessità di cambiare il “gioco politico”, espressione che, ha ammesso, in prima battuta lascia un’impressione negativa ma che se volto al positivo rappresenta la svolta.
“Il progetto di Nidi di Comunità – ha raccontato il Presidente del Sale della Terra – è nato dai dialoghi con la pediatra Antonella Casani. Entrambi candidati in una realtà civica del Beneventano, ci siamo confrontati su come cambiare la città che ci interessava. E, ragionando, abbiamo riflettuto sulla mancanza di spazi per i bambini. Nel nostro programma, infatti, c’era proprio la necessità di creare spazi infanzia, che fossero diffusi e non più negati. E questo è un gioco, un gioco politico: unire la piazza alle istituzioni, agli operatori sociali, alla popolazione. È un gioco, perché è un lavoro di squadra, ma politico e, questa volta, in senso positivo perché è un gioco che ha un valore. Se i bambini imparano a giocare, e questa è la grande scommessa, anche gli adulti imparano”.
Quindi la necessità del coinvolgimento delle istituzioni: “Il Nido di Comunità non può essere solo un progetto, serve per lanciare un’idea. Poi, accolta e verificata la bontà dell’idea, devono esserci le istituzioni, le politiche sociali, che devono lavorare perché il gioco, positivo, continui. Il PNRR, la più grande forma di finanziamento mai esistita in Europa, ha messo dei fondi strategici per miliardi di euro sugli asili nido. Il che sembrerebbe positivo. In realtà il tutto si è tradotto nell’idea di costruire asili. Quindi non vengono date energie per attivare i nidi, ma per costruire i nidi. Noi, con questo progetto, con Nidi di Comunità, possiamo fare cose che costano molto meno di costruire un nido ma che valgono molto di più. Per raccogliere le foglie, per portare i bambini a raccogliere la frutta, per giocare imparando la raccolta differenziata – ha spiegato Moretti – non servono miliardi di euro. Servono operatori competenti. In ogni Comune devo avere operatori competenti che si specializzano per occuparsi della prima infanzia. Per fare questa operazione, servono continuità e stabilità. E questo si può fare. Dobbiamo fare un lavoro di squadra perché questa sia un’esperienza duratura. Partendo da Petruro, dal primo bimbo che ha cambiato il sistema d’accoglienza, facciamo questo percorso dal Piemonte alla Sicilia e studiamo quello che accade. Quello che stiamo facendo è certamente un gioco politico importantissimo che sta mostrando all’Italia intera di cosa abbiamo bisogno. Se non c’è cura dell’infanzia quale futuro possiamo costruire? Il futuro dei Nidi ce l’abbiamo già in mano, il modello funziona. Bisogna mantenere in vita esperienze del genere. Questo è il gioco. Noi siamo la squadra. Non abbiamo bisogno di fondi, dobbiamo svegliare la parte politica. Sappiamo dove sono i pericoli, i rischi di intoppo: li dobbiamo destrutturare e discernere tra quello che funziona e quello che non funziona.
Continuiamo a lavorare – ha concluso Moretti – e diciamo a chi di dovere che qui, a Petruro, esiste un’eccellenza di cui non si può fare a meno. Noi lanciamo l’idea, poi dobbiamo avere la rete istituzionale di supporto. I giochi sono aperti, siamo sulla strada giusta, dobbiamo continuare a camminare così”.
In chiusura dell’incontro, gli interventi di genitori dei beneficiari di Nidi di Comunità che, lodando il lavoro svolto dagli educatori, hanno posto l’accento su altre e nuove tematiche che pure saranno oggetto di confronto. C’è chi ha parlato della “differenza tra le generazioni divenuta ormai enorme”, dei “‘bambini anziani’, più numerosi di quelli che giocano”. Una mamma ha ringraziato il Nido di Petruro per aver ‘fornito’ ai suoi figli amichetti anche nella cittadina irpina. “Chi come me ha scelto di allevare i propri figli qui a Petruro, è costretto a portare i bimbi a scuola fuori: a livello affettivo, allora, i bambini stabiliscono relazioni a Benevento e si ritrovano soli quando sono a casa. Nidi, invece, ha dato la possibilità ai miei figli di sentirsi qui ancora più a casa. Di tessere nuove relazioni che vanno ad aggiungersi a quelle create in città”. “Ho sempre sostenuto che Nidi di comunità è un progetto che ha un compito difficilissimo e, soprattutto, formativo. La principale sfida – ha osservato invece un papà – credo stia nella diversità tra i bambini. C’è il bimbo vivace, quello nervoso, quello più calmo e il più timido. Bisogna che si raggiunga un equilibrio in cui far emergere le diversità e le peculiarità di ognuno di loro. E Petruro si è saputa muovere con loro. Ci sarebbe bisogno dei bambini per far includere anche i grandi nella comunità. C’è bisogno – ha aggiunto – che la sinergia famiglia-nido sia sempre presente”. Infine l’accenno ad un tema, quello del rapporto tra i bambini e gli anziani, che la stessa Capozzi ha anticipato “sarà oggetto delle nostre attività future”.
“Nel sud della Francia – ha detto in merito Casani – le persone di una certa età vanno negli asili per aiutare a far mangiare i bambini, per farli giocare, raccontare storie, un po’ come avveniva quando noi eravamo piccoli. L’esperienza di questo paese della Costa Azzurra ha fatto sì che si sia strutturato un programma in cui gli anziani si sono messi a disposizione del personale dei nidi per l’educazione. Loro hanno dato tanto ai bambini e viceversa. Quindi – ha esortato la psicologa – facciamolo questo esperimento”.
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