Quando la narrazione migliora il percorso di vita, InFilm uno strumento che include e rigenera. L’intervista a Marino Lagorio responsabile del progetto Navigazioni

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Entra nel cuore delle sue azioni, il progetto NAVIGAZIONI, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che dopo la formazione agli operatori sta iniziando il percorso di presa in carico nei 5 territori coinvolti: Savona, Alessandria, Pinerolo (Torino), Cinisello Balsamo (Milano) e Padova. 

Il cuore del progetto è quello di costruire percorsi utili ai progetti di vita di ragazzi e giovani (11 – 21 anni) a rischio devianza, attraverso la metodologia InFilm. Quali sono gli elementi innovativi di questo strumento di narrazione e come diventa centrale in tutto il percorso di vita del giovane coinvolto? Lo abbiamo chiesto a Marino Ligorio, responsabile del progetto.

Ecco l’intervista.

In cosa consiste InFilm?

È uno strumento di lavoro di carattere educativo e psicosociale, che si sviluppa su alcuni punti centrali: una prima fase, quella che chiamiamo di “approccio” in cui insieme al giovane coinvolto andiamo a ricercare l’argomento/tema che sarà al centro di tutta la narrazione. Parliamo di giustizia minorile, quindi molto spesso l’oggetto della narrazione è proprio il reato o i contesti in cui il giovane vive. In secondo luogo, costruiamo un percorso di riflessione e approfondimento attorno al tema, che porterà il giovane a produrre un elaborato che tocca diverse sfumature della comunicazione, un racconto scritto, delle foto, dei video o persino testi parlati, cantati o anche dei video clip. Si tratta dunque di uno strumento di narrazione che accompagna il giovane a scavare dentro di sé ma anche ad essere un punto di partenza per costruire relazioni con la comunità. In Navigazioni, infatti, abbiamo previsto degli spazi dedicati alla peer education e degli open stage, in cui gli elaborati avranno dei momenti di rappresentazione – artistica, culturale ed espressiva – dedicati. 

La narrazione può dunque diventare di valore in un percorso di crescita?

Certamente, la narrazione diventa di valore nel percorso di crescita. Narrarsi e descriversi permette al ragazzo coinvolto di guardarsi dentro ed essere ascoltato. Dall’altra parte, troverà infatti educatori o altre figure professionali che si pongono in una posizione di ascolto attivo, ma anche di pensiero per poter elaborare al meglio l’elaborato che sarà presentato a terzi. Questo è un aspetto centrale, gli elaborati possono essere portati in udienza, saranno visti, studiati e messi al centro in un percorso di attenzione più ampia che guarderà il reato ma anche tutti gli aspetti della storia del ragazzo. 

Quali sono gli elementi innovativi di InFilm?

La presa in carico personalizzata e non progetti di vita standardizzati. Questo è uno degli elementi innovativi di tutto il progetto. Proponendo al giovane di essere protagonista di un elaborato che racconta il proprio vissuto e che sarà esposto ad altri è una delle forme di responsabilizzazione più intense. Al giovane chiediamo di pensare e fare, grazie alla multimedialità questi due aspetti possono essere bilanciati in maniera personalizzata.

Anche gli operatori sono chiamati a nuove sfide, perché non basta avere competenze specifiche. Tutti sono stati coinvolti in un percorso di formazione che oltre a rafforzare aspetti  tecnici, abbiamo costruito spazi di confronto e dialogo per mettere loro nelle condizioni di praticare a pieno la metodologia InFilm. In che senso? Gli operatori devono essere capaci di costruire pensiero e consapevolezza, di avere la prontezza ma anche la sensibilità e la capacità di coniugare tanti aspetti in maniera armonica. 

Un altro elemento innovativo è quello di una Rete che si costruisce in cui pubblico e privato dialogano e collaborano in maniera corale. Il senso è proprio la capacità di produrre elasticità di pensiero e di operatività. Alle volte serve proprio mettersi in gioco, mettere in gioco le proprie competenze non legate necessariamente soltanto alla professione per riscoprirsi come operatori, certo ma anche persone. 

InFIm è una metodologia già sperimentata?

Sì, viene utilizzata nell’ambito della giustizia riparativa e minorile ormai da anni. Dal 2015 abbiamo cominciato a sperimentarla con il progetto Re Lig nell’ambito della Giustizia Minorile e prima in altri contesti: disabilità, disturbi dei comportamenti alimentari e in genere nei percorsi di crescita. Adesso con Navigazioni siamo pronti a esplorare nuovi mondi con la narrazione, quelli che hanno bisogno di essere raccontati per trovare una luce di riscatto, di ripartenza. 

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