Cosa si può fare (e non) con la didattica a distanza
di ComBo!
Una riflessione di Sara Casale, direttrice del Centro specialistico per l’apprendimento A.m.p.i.a, di Archilabò
Il Centro A.m.p.i.a ha iniziato la sperimentazione della didattica a distanza circa cinque anni fa, coinvolgendo solo alcuni studenti e le loro famiglie. Da quasi un mese, in concomitanza con l’emergenza Covid 19, il servizio è stato proposto e accettato da quasi l’80% degli studenti del Centro. Oggi, dunque, dopo più di 300 ore di supporto didattico a distanza, possiamo fare il punto su alcuni aspetti di natura squisitamente didattica sui quali ci sembra necessario aprire una riflessione.
Partiamo dalla considerazione che l’esperienza della didattica a distanza non solo va portata avanti, ma va analizzata in termini di opportunità educative, mettendo per un momento da parte le riflessioni circa gli ostacoli e i limiti che l’intera comunità educante si trova quotidianamente a fronteggiare, per provare a pensare a quello che tornerà utile una volta fuori dall’emergenza. Perché, è chiaro, questo è il momento dell’emergenza ma domani, quando l’emergenza sarà conclusa, avremo modo di capitalizzare quanto sperimentiamo oggi. A questo proposito, sarebbe utile cominciare a sistematizzare i risultati delle molteplici esperienze e sperimentazioni didattiche: la scuola italiana subisce spesso il fascino di mode metodologiche e approcci confusi, spesso poco rendicontabili.
Didattica a distanza, quindi, come un’occasione per tornare a parlare di innovazione didattica.
Il tentativo di voler trasferire in un ambiente digitale le attività e gli strumenti utilizzati in classe per l’apprendimento e la sua valutazione ha rivelato tutta la sua ingenuità.
Nonostante la risposta repentina e l’attivazione rispetto a questa nuova modalità didattica, alcuni docenti si sono scontrati con gli ostacoli che questa impostazione ha inevitabilmente prodotto.
In che modo la didattica a distanza può, allora, dispiegare la sua forza innovatrice e mettersi al servizio di docenti e studenti?
Partendo anzitutto dalla programmazione: non più selezionare contenuti e trasferirli agli studenti – attività spesso condotte con cura e attenzione ma limitanti in questo nuovo contesto – né pensare all’interrogazione orale come esclusiva forma di verifica degli apprendimenti in un ambiente digitale. Il modello di didattica per competenze può essere senza dubbio un ottimo punto di partenza: gli strumenti di verifica disponibili, d’altra parte, sono numerosi, pongono obiettivi sfidanti per gli studenti, stimolano la loro creatività, valorizzano forme di espressione personale.
Certo è che, per procedere in modo ordinato verso una didattica a distanza efficace occorre un cambio di passo, pena il fallimento della progettazione didattica: la prima vera trasformazione deve riguardare il ruolo del docente. Al docente innovativo chiediamo, perciò, di diventare un designer, un ideatore e un architetto dell’esperienza di apprendimento nella sua interezza.
Programmare, in quest’ottica, vuol dire prendersi del tempo per un lavoro metacognitivo su se stessi per individuare strumenti, materiali, canali e forme di valutazione alternativi ai tradizionali; vuol dire anche farlo in modo da consentire agli studenti di lavorare nel modo più autonomo possibile; vuol dire continuare a garantire agli studenti con DSA gli strumenti e le misure previste nei PDP, anche se l’attività si svolge da casa.
La didattica a distanza è un’opportunità di didattica innovativa nella misura in cui mette al centro lo studente e per farlo va a stimolare necessariamente l’attività metacognitiva dell’insegnante con chiaro beneficio per la programmazione, per gli studenti che richiedono particolari attenzioni in termini educativi, per i genitori che possono contare su compiti e consegne pensati in modo funzionale alle risorse, agli strumenti e alle competenze dei propri figli.
Partire dalla progettazione, dunque, utilizzando innanzitutto modelli che mettano in relazione tutti gli aspetti implicati: i modelli disponibili online spesso, anche semplicemente attraverso la loro impostazione grafica, non comunicano la relazione tra obiettivi, strumenti per conseguirli e per valutarli.
Banalmente, al posto di una tabella che consentirebbe anche visivamente di stimolare la riflessione sulla correlazione, si utilizza un file di testo in cui si susseguono i materiali di studio proposti, la tipologia di gestione delle interazioni con gli alunni, le piattaforme e i canali di comunicazione utilizzati, le modalità di verifica formativa e gli strumenti compensativi per gli studenti con DSA.
Nella didattica a distanza articolare i Risultati di Apprendimento Attesi, perché siano coerenti con la strategia di valutazione, fornisce indicazioni molto utili in fase di progettazione delle attività: consente di individuare le attività che gli studenti possono svolgere da soli o in piccoli gruppi e quelle che sono funzionali al raggiungimento dei risultati attraverso la didattica frontale; permette di selezionare i materiali nelle forme più accessibili, induce a riflettere su tutti materiali dei quali lo studente potrebbe aver bisogno per portare a termine il compito di apprendimento.
Resta fondamentale rendere trasparenti gli obiettivi, fissare criteri visibili di successo, fornire feedback formativi nel modo corretto.
Non dimentichiamo che le tecnologie digitali sono certamente utili nella didattica a distanza, ma è l’approccio didattico a fare la differenza in termini di risultati di apprendimento.
A questo proposito, gli studenti con DSA, che potrebbero beneficiare delle modalità della didattica a distanza come dimostrano alcune esperienze significative osservate dal Centro A.m.p.i.a, risentono tanto dei luoghi comuni o “pregiudizi” quanto della mancata rimodulazione didattica.
Nella Nota 388 del 17 marzo del MIUR, si legge che “la strumentazione tecnologica, con cui questi studenti già hanno di solito dimestichezza, rappresenta un elemento utile di facilitazione per la mediazione dei contenuti proposti”. Trascurando l’equazione studente con DSA=dimestichezza informatica, è utile rilevare come la strumentazione tecnologica, nei casi in cui sia presente ed utilizzabile in termini di competenze, costituisca un supporto marginale all’esperienza di apprendimento se non inserita in un progetto didattico in grado di garantire il diritto allo studio secondo quanto previsto nel PDP.
Senza soffermarci sugli strumenti e le misure, riteniamo importante ribadire l’importanza di tecniche plurimodali per la comprensione e la rielaborazione dei contenuti proposti, di tener conto del carico cognitivo intrinseco prevedendo la scomposizione del compito in fasi e del carico cognitivo pertinente, considerando che il tempo e le energie generalmente profuse da questi studenti sono decisamente superiori a quelle dei loro coetanei, di avvalersi di istruzioni dirette e di fornire feedback tempestivi e chiari sui loro avanzamenti verso i Risultati di Apprendimento Attesi.
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