Povertà educativa. L’Italia non è un paese per bambini

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Il progetto Libera il Futuro tratta ormai spesso temi che incidono, in maniera positiva e negativa sui giovani e sui bambini. Tra gli obiettivi e finalità del progetto c’è la povertà educativa e come combatterla insieme alla dispersione scolastica. Ecco perché oggi vogliamo parlare della povertà educativa, in Italia.

Ma che cos’è la povertà educativa?

Il concetto di povertà educativa viene molto spesso banalizzato dal senso comune. Il Rapporto “La Lampada di Aladino” redatto da Save the Children nel 2014 definisce la povertà educativa come la “privazione, per i bambini e gli adolescenti, dell’opportunità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni”. Salta subito all’occhio l’assenza di accenni alla povertà economica, che nonostante venga comunemente ritenuta la causa primaria di povertà educativa si rivela in concreto insufficiente a spiegarne le dinamiche. Altro termine mancante in questa definizione è evidentemente “l’abbandono degli studi”, che può sì essere un effetto collaterale della povertà educativa ma che non la ingloba e non la spiega nella sua totalità (viceversa, non è detto che l’abbandono degli studi configuri una realtà di povertà educativa). Difatti il concetto di povertà educativa è complesso e soprattutto multidimensionale.


Nell’anno della pandemia, il 13,5% del totale dei bambini e ragazzi presenti in Italia è in povertà assoluta. Più di un bambino su dieci si trova in questa condizione e vive quindi in famiglie che faticano a mettere insieme il pranzo con la cena.

La pandemia in Italia ha quindi contribuito a peggiorare ulteriormente la condizione infantile e questo non solo dal punto di vista materiale: nell’ultimo anno e mezzo bambini e ragazzi hanno sperimentato una condizione di deprivazione educativa e culturale senza precedenti. Così negli ultimi due anni bambini e ragazzi hanno sperimentato (anche) una condizione di deprivazione educativa senza precedenti. Quali strategie si possono mettere in campo per sostenerli?

Pandemia e conciliazione

Bisognerebbe sostenere l’occupazione femminile attraverso l’erogazione di servizi educativi, ricreativi e culturali rivolti a bambini e ragazzi. In sostanza, un serio investimento sulle cosiddette “politiche di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro” permetterebbe di aumentare il reddito di molte famiglie e sarebbe strategico per ridurre la povertà materiale ed educativa di bambini e ragazzi.

Sul fronte della povertà materiale è infatti noto che le politiche di conciliazione promuovono la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e questo chiaramente contribuisce a ridurre la povertà materiale dei minori dato che le famiglie monoreddito hanno un rischio di povertà notevolmente superiore rispetto a quelle in cui i redditi sono due.

Si tratta di un aspetto particolarmente importante in questo momento storico. Inoltre, l’iniqua distribuzione del lavoro di cura all’interno delle famiglie è stata esasperata dalla sospensione delle attività educative/scolastiche e dal ricorso alla didattica a distanza.

Puntare sulla conciliazione avrebbe un effetto significativo anche sulla povertà educativa. Infatti, se la conciliazione si sostanzia in servizi educativi, ricreativi e culturali il beneficio per bambini e ragazzi è evidente. Un esempio lampante in questo senso è quello dei nidi di infanzia. L’accesso a servizi educativi di qualità nei primi anni di vita può promuovere la rottura del legame negativo fra povertà educativa e materiale. Nella primissima infanzia, infatti, lo sviluppo delle reti neurali che costituiscono l’architettura cerebrale e le basi delle competenze avviene a una velocità elevatissima, che non si riprodurrà mai più nel corso della vita. Tale processo andrebbe quindi sostenuto da opportunità educative precoci rivolte soprattutto ai bambini più vulnerabili.

In conclusione, è ampiamente riconosciuto che le politiche di conciliazione giocano un ruolo di primo piano nel promuovere l’occupazione femminile e, di conseguenza, lo sviluppo economico. Ma, nella fase attuale, è utile focalizzare l’attenzione anche sul ruolo che queste politiche possono giocare nel promuovere un miglioramento della condizione infantile.

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