L’intervista ad Antonella Inverno di Save The Children

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Tornano a grande richiesta le interviste del progetto #LiberailFuturo. Abbiamo avuto il piacere e l’onore, negli ultimi mesi del 2021, di intervistare Antonella Inverno di Save The Children, con la quale abbiamo affrontato alcune tematiche complesse e stimolanti: su tutte la problematica della povertà educativa.

Chi è Antonella Inverno?
Antonella Inverno è una giurista italiana, specializzata in tutela internazionale dei diritti umani e dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. È responsabile delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza Italia-Eu di Save the Children Italia.

Clicca qui e scopri l’intervista video.


L’intervista scritta

ANTONELLA INVERNO: Grazie per questa possibilità che mi avete dato.

  • Cosa si intende con povertà educativa? Come si manifesta?

ANTONELLA INVERNO: Save the Children, attraverso uno studio che tiene in considerazione tutta l’area delle capabilities delle persone, in questo caso di minorenni, ha definito la povertà educativa nel 2014 come la possibilità di apprendere non solo finalizzato all’apprendimento in se ma anche per essere. Questo è declinato in varie aree di competenze che riguardano sia lo stare bene con se stessi e sia nello stare bene nel mondo che ci circonda e quello più vicino a noi; le relazioni con gli altri sia nel mondo in generale e dunque tutto ciò che ha a che fare con il mondo globale, l’informazione e la cittadinanza attiva. In due parole è avere quelle opportunità che permettono alle persone di liberare pienamente il loro potenziale per diventare il meglio di quello che possono essere.

  • Per i bambini stranieri integrarsi nel Paese in cui si sono trasferiti non è facile. Sappiamo infatti che è molto alto il tasso di abbandono della scuola dei bambini stranieri rispetto a quelli nativi. Vorremmo approfondire questo argomento.

ANTONELLA INVERNO: Il tasso di abbandono è molto alto in particolare quando parliamo di figli di migranti che hanno vissuto la migrazione in prima persona e sono arrivati in Italia molo piccoli, e per i quali l’italiano non è la loro prima lingua. Questo ci dice già tanto sotto due punti di vista: da un lato perché andrebbero potenziate le opportunità, le possibilità per questi bambini/e di apprendere la nostro lingua; dall’altro l’esistenza della segregazione formativa. Sappiamo che i percorsi scolastici in Italia sono caratterizzati da forti pregiudizi e non solo rispetto alla nazionalità ma anche per esempio rispetto al genere. Ci sono situazioni in cui figli di migranti rischiano di essere segregati in scuole di “serie b”. Abbiamo visto tutti le cronache che ci riportato i fatti di alcune scuole di quartieri, anche privilegiati in alcune città come Roma o Milano, in cui i genitori non volevano figli di stranieri nelle classi dei loro figli o che i presidi scoraggiavano l’iscrizione di queste persone. Tutto ciò porta anche a delle carriere scolastiche già segnate, e questo lo abbiamo detto spesso anche per quanto riguarda le persone nate in Italia che vengono da contesti dal punto di vista economico e sociale svantaggiati. La scuola non è più in grado, già da anni, di esercitare quella leva sociale che permette alle persone di emanciparsi da uno status di partenza e diventare qualcos’altro.

  • Dietro la povertà educativa si celano due problematiche: l’isolamento e la deprivazione, in che senso? Può spiegarci meglio questi concetti?

ANTONELLA INVERNO: L’Isolamento lo abbiamo anche trattato nel nostro Atlante per l’Infanzia e il Rischio, è molto legato alla concezione delle grandi città in Italia come anche per altri versi legato alle situazioni interne. Diciamo che la struttura urbanistica delle città non è concepita a misura di bambino/adolescente quindi non si muovono bene da un quartiere all’altro, con il rischio molto forte di rimanere segregati nelle così dette periferie educative e quindi isolati da tutta una serie di attività che in altri quartieri sono presenti come attività educative, sportive, culturali. La deprivazione un po’ è la stessa cosa. Anche da quello che abbiamo riscontrato tramite i nostri programmi che intervengono in determinati centri nelle periferie di tantissime città italiane, ed è un po’ la stessa struttura anche in città molto lontane tra loro. Ci sono quartieri che sembrano concepiti come veri e propri quartieri dormitorio dove le opportunità educative mancano totalmente. Per fare un esempio banale, a Ponte di Nona a Roma, oltre il nostro centro non c’è nulla, nemmeno una biblioteca, solo una farmacia. Questo per noi è vero esempio di deprivazione. In questi contesti in cui un bambino che non nasce con degli strumenti educativi ben strutturati rischia di rimanere totalmente deprivato di opportunità educative. Questo si lega anche ovviamente ad una deprivazione materiale. Spesso la povertà educativa viaggia insieme a quella economica, che sappiamo essere triplicata (quando parliamo di minori) nell’arco degli ultimi 10 anni e ha raggiunto il picco più alto quest’anno. La scuola e l’educazione non sono più leve neanche per emanciparsi da una situazione di deprivazione materiale. Sicuramente le politiche messe in atto non sono state efficaci, c’è una visione miope della ricchezza che potrebbe portare ad una valorizzazione dell’infanzia e dell’adolescenza. Anche dal punto di vista economico del paese, lasciare in una situazione di deprivazione bambini/e con gravi gap educativi e di istruzione porta nel corso del tempo ad un paese sempre più povero anche in termini economici.

Dottoressa Inverno, grazie ancora per la sua disponibilità, è stata molto gentile e grazie per il confronto su questa tematica che ci tocca tanto. Le porto i saluti di Annamaria Berardi e di Arciragazzi Roma che promuovono questo progetto.

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