Le violenze di questi giorni ci richiamano alla responsabilità personale e collettiva
di lorsamaggiore
‘Questo agosto 2023 lo ricorderemo per molto tempo, non tanto per il caldo torrido o per gli incendi dolosi, quanto per i due tremendi fatti di violenza sessuale perpetrati da branchi di giovanissimi ai danni di altrettante giovanissime, una ragazza di diciannove anni a Palermo e due ragazzine tredicenni nel Parco Verde di Caivano, a nord di Napoli.
Due abusi sessuali di gruppo. Impensabile, assurdo. Si potrebbe continuare all’infinito con gli aggettivi, ma serve a poco indignarsi e dare una connotazione agli eventi, se lo sforzo non è quello di porsi qualche (gigantesco) quesito: cosa sta succedendo?
Le due orribili vicende sono maturare in contesti similari, non uguali – del Parco Verde se ne conosce più approfonditamente la storia di degrado socio-economico-culturale (al netto delle persone perbene che vivono in quell’inferno) – e hanno in comune la giovane età dei violentatori, la necessità di spettacolarizzazione della violenza, e il vanto delle ‘gesta’ – attraverso l’utilizzo dei social – con il suo logico correlato di assenza pressocché totale di attribuzione di responsabilità e di riconoscimento del danno arrecato. Giovanissimi narcotizzati, indifferenti al dolore, anzi, infervorati dallo sfinimento delle loro prede.
Proviamo a tirare fuori qualche riflessione con la consapevolezza che sia del tutto parziale, quindi, non esaustiva per comprendere quanto è successo, e quanto potrà ancora succedere. I modelli. Quali sono i modelli culturali e familiari a cui fanno riferimento i giovanissimi violentatori? Gli uomini forti, prevaricatori, spacconi, esibizionisti. Bisogna mostrare i muscoli in un mondo in cui le fragilità non sono più ammesse, non è concesso invecchiare né cooperare ma competere. E le donne? Continuano a essere considerate oggetto, di un gioco, e a rimanere intrappolate in una società oppressiva, seppur con forme di oppressione più moderne. Tutto si mostra sui social perché non c‘è un confine tra il pubblico e il privato, tutto è liquido, tutto scorre senza interrogare le emozioni. E allora è normale, lecito, anche diffondere le immagini di uno stupro. Anzi è figo. Anzi è colpa delle vittime se hanno alzato il gomito o si sono fatte portare in uno stabile abbandonato. Questo ‘retropensiero’ si annusa pesantemente nelle teste dei violentatori e, probabilmente, in quelle dei loro genitori.
Ma soffermiamoci sulle vittime di cui si parla sempre poco e male. Le due cuginette di Caivano, minorenni, sono state messe in protezione. Don Patriciello da tempo afferma che il Parco Verde, dove si è consumato il sacrificio di Fortuna, oltre ad essere la più grande piazza di spaccio d’Europa, è un luogo dove l’infanzia è fortemente a rischio. E non si può buttare la croce solo sull’ente locale che, da solo, e atavicamente privo di risorse, non può combattere e prevenire la povertà educativa e materiale. Ci vogliono investimenti massicci, infrastrutture sociali, relazionali, e di prossimità, come lo può essere Legami Nutrienti, per intercettare precocemente il disagio di genitori vulnerabili da un lato, e prendersi cura delle vittime dall’altro, essere i loro ‘testimoni soccorrevoli’ come dice Alice Miller. Le vittime sono le due cuginette, la giovanissima di Palermo, e tutti i bambini e gli adolescenti che vivono, senza averlo scelto, in luoghi dove si consuma la violenza come l’abbiamo vista in questi giorni, stupratori compresi. E sono tanti, questi luoghi.
Soprattutto occorre una presa di responsabilità, di ciascuno per la propria parte. Occorre sentirsi responsabili come soggetti singoli e come collettività, e rimboccarsi le maniche per costruire paradigmi culturali diversi. Sui fatti di questi giorni, c’è chi pretende pene esemplari, chi invoca la castrazione chimica. E fino a quando si approccerà alla violenza solo nell’ottica della (giusta) punizione senza scavare le radici della sua genesi, senza guardarci dentro e negli occhi, saremo ancora parecchio lontani dall’aver costruito quel nuovo, urgente, paradigma.’
A cura di Ornella Esposito, assistente sociale e giornalista, responsabile comunicazione progetto Legami Nutrienti.
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